Dall’Italia, i risultati di un studio che mostra come, in alcuni pazienti già predisposti, la normale terapia contro la malattia di Parkinson spinga a controllare meno i propri impulsi e ad adottare comportamenti più rischiosi
Neuroni ottenuti da cellule staminali embrionali umane sono stati impiantati per la prima volta al mondo nel cervello di persone con la malattia di Parkinson in Europa e negli Stati Uniti, con risultati che i coordinatori delle sperimentazioni definiscono “eccellenti”. Gli studi, partiti nel febbraio 2023 in Svezia e in Gran Bretagna e nell’ottobre 2022 negli Usa, sono stati possibili grazie ai tre consorzi europei coordinati negli ultimi 16 anni dall’Università di Milano attraverso il laboratorio diretto da Elena Cattaneo. Proprio all’Università Statale di Milano sono stati presentati i primi dati nel corso del convegno sulla “rivoluzione delle cellule staminali per le malattie neurodegenerative’.
La fase 1 della sperimentazione ha dato “risultati eccellenti sulla sicurezza in tutti e 12 i pazienti a due anni dall’intervento”, commenta Viviane Tabar, del Memorial Sloan Kettering Cancer Institute di New York che con Lorenz Studer e l’azienda BlueRocks Therapeutics conduce la sperimentazione clinica americana. Soddisfatto anche Roger Barker, dell’Università britannica di Cambridge, che conduce la sperimentazione europea su otto pazienti chiamata Stem-Pd con il gruppo di Malin Parmar dell’Università di Lund.
Dall’Italia, sono arrivati, nelle stesse ore i risultati di un studio guidato dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e pubblicato sulla rivista Annals of Clinical and Translational Neurology, al quale hanno partecipato anche l’Università di Firenze e l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi. Secondo gli scienziati, in alcuni pazienti già predisposti, la normale terapia contro la malattia di Parkinson spinge a controllare meno i propri impulsi e ad adottare comportamenti più rischiosi, come il gioco d’azzardo e lo shopping compulsivo. I risultati dello studio evidenziano l’importanza di approfondire questo fenomeno, che può causare problemi personali, familiari e sociali, in modo da mettere a punto trattamenti sempre più personalizzati che possano evitarlo.
La malattia di Parkinson è un disturbo neurodegenerativo che colpisce principalmente il controllo motorio, causando sintomi come tremore, rigidità e difficoltà nei movimenti, ma esistono anche sintomi non motori come le alterazioni dei processi decisionali, che sfociano nei cosiddetti disturbi del controllo degli impulsi. I ricercatori coordinati da Alberto Mazzoni hanno quindi esaminato gli effetti dei farmaci su questi altri aspetti grazie a un test comportamentale: i pazienti hanno partecipato a un videogioco nel quale dovevano scegliere più volte tra due opzioni, più o meno rischiose, per cercare di vincere il più possibile. “Prima della somministrazione dei farmaci, tutti i pazienti hanno adottato correttamente la strategia a basso rischio, considerata ottimale dal punto di vista economico”, commenta Fabio Taddeini, primo autore dello studio. “Solo dopo l’assunzione dei farmaci i comportamenti si sono differenziati: i pazienti senza disturbi hanno mantenuto la strategia a basso rischio – dice Taddeini – mentre i pazienti con disturbi decisionali hanno mostrato un graduale aumento delle scelte rischiose”.
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