La ricerca si basa sul monitoraggio per un anno e mezzo di campioni di saliva di oltre 400 pazienti: coloro che hanno avuto un peggioramento della parodontite hanno mostrato livelli sostanzialmente più elevati di nove proteine di segnalazione dell’infiammazione nella saliva rispetto a quelli che non l’hanno avuta
Diagnosticare la parodontite e seguire la sua evoluzione misurando i livelli di alcune sostanze-chiave presenti nella saliva. È questo l’obiettivo a cui puntano i ricercatori della Penn Dental Medicine in Pennsylvania. Secondo il team di scienziati, infatti, grazie ad una sorta di ‘firma molecolare’ della parodontite, costituita da nove molecole di natura infiammatoria, si potrebbe mettere a punto un test della saliva in grado non solo di diagnosticare la malattia, ma anche di accertarne la gravità. Tutti i dettagli dello studio sono stati illustrati in un articolo pubblicato sul Journal of Clinical Periodontology.
Per condurre la ricerca, gli scienziati hanno monitorato i campioni di saliva di oltre 400 pazienti per un anno e mezzo. In media, i pazienti che hanno avuto un peggioramento della parodontite hanno mostrato livelli sostanzialmente più elevati di nove proteine di segnalazione dell’infiammazione nella saliva rispetto a quelli che non l’hanno avuta. “Si può immaginare un kit di test salivare, basato su questi risultati, che i dentisti potrebbero usare, ma anche un kit da usare a casa in caso di parodontite – spiega l’autrice principale dello studio, Flavia Teles del Center for Innovation and Precision Dentistry (CiPD), University of Pennsylvania, Philadelphia, Pennsylvania -. Potrebbe essere uno strumento di odontoiatria personalizzata molto utile per valutare il rischio e personalizzare l’erogazione delle cure”, sottolinea.
In particolare nello studio i ricercatori hanno arruolato 302 persone che presentavano segni di parodontite da iniziale a moderata/severa e 113 persone senza segni di parodontite. Ogni soggetto ha ricevuto un check-up dettagliato con valutazioni standard dello stato e della progressione della parodontite ogni due mesi per un anno. I soggetti sono stati inoltre sottoposti a un prelievo di saliva e di sangue ad ogni visita di controllo. I ricercatori hanno analizzato i campioni di saliva per verificare i livelli di 10 diverse proteine legate all’infiammazione e i campioni di sangue per cinque diverse proteine infiammatorie. Al termine dell’anno di osservazione, i ricercatori hanno somministrato ai pazienti con parodontite una terapia parodontale standard non chirurgica e li hanno controllati nuovamente tre e sei mesi dopo.
I risultati hanno mostrato che i pazienti con parodontite che avevano avuto un peggioramento della malattia durante l’anno – definita come tre o più siti con perdita di attacco dentale – avevano livelli significativamente più alti di diverse proteine di segnalazione legate all’infiammazione nei loro campioni di saliva. Dopo il trattamento parodontale, però, questi livelli si sono ridotti. Per quanto riguarda invece i campioni di sangue, i livelli di tali proteine nel sangue non differivano in modo significativo in base al grado di progressione della malattia, anche se diverse molecole infiammatorie diminuivano in modo significativo dopo il trattamento parodontale. I risultati dello studio, dunque, suggeriscono che le variazioni nel tempo dei livelli di proteine legate all’infiammazione nella saliva possono aiutare i pazienti e i medici a valutare il rischio di progressione della parodontite e l’efficacia del trattamento, e che anche i livelli ematici possono essere utili in quest’ultimo caso, concludono gli autori.
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornati