Anche coloro che sono usciti dal tunnel della malattia oncologica sono costretti a far fronte a discriminazioni e complicazioni. E anche rinnovare la patente rischia di essere un percorso ad ostacoli. Iannelli (AIMAC e FAVO): «Al lavoro i malati oncologici rischiano di subire comportamenti discriminatori, demansionamenti silenti. Che succederà con la fine del blocco dei licenziamenti il 31 marzo?»
Rinnovare una patente scaduta può sembrare una procedura semplicissima. Così come stipulare un’assicurazione. Ma non per tutti è facile. Basta chiedere ai malati (o agli ex malati) oncologici che ogni giorno devono lottare con tutte le loro forze contro ingiustizie, complicazioni burocratiche, discriminazioni che appesantiscono ancora di più una condizione già di per sé difficile. Un marchio – quello di malato oncologico – che a volte resta anche in caso di guarigione.
Nel giorno dedicato alla Giornata Mondiale del Malato (l’11 febbraio di ogni anno) ne abbiamo parlato con l’avvocato Elisabetta Iannelli, Vice Presidente dell’Associazione italiana malati di cancro, parenti e amici (Aimac), Segretario generale della Federazione italiana delle associazioni di volontariato in Oncologia (FAVO) e membro del Comitato Scientifico dell’Osservatorio permanente sulla condizione assistenziale dei malati oncologici. Nel 2020 è stata premiata dal Capo dello Stato Sergio Mattarella con l’onorificenza di Commendatore al Merito della Repubblica italiana proprio per l’impegno profuso ad individuare e praticare azioni concrete finalizzate alla tutela dei diritti dei malati di cancro, affinché sia garantito il pieno ritorno alla vita sotto ogni aspetto: familiare, lavorativo, sociale, economico, previdenziale, assicurativo e riabilitativo.
«Sono tanti i diritti negati e le possibili discriminazioni. Penso al ramo assicurativo e alla stipula di un mutuo. Ma ci possono essere problemi anche per l’adozione di un figlio, nelle liste di attesa per i trapianti. Il problema della patente sembra essere quello più lieve, ma non è così: la patente serve per avere una vita indipendente», spiega Iannelli a Sanità Informazione.
A preoccupare però è anche la fine del blocco dei licenziamenti che, salvo deroghe, scatterà dal 31 marzo 2021. I primi a pagarne le conseguenze potrebbero essere proprio i malati oncologici. «Al lavoro i malati oncologici rischiano di subire comportamenti discriminatori, demansionamenti silenti – spiega ancora la Vice Presidente Aimac -. I malati o gli ex malati vengono percepiti come meno validi e utili. I disabili o le persone con patologie croniche sono quelli che potrebbero avere le conseguenze peggiori perché in questi mesi di pandemia per tutelare la propria salute hanno utilizzato (soprattutto coloro che per esigenze lavorative non potevano ricorrere allo smart working) tutti gli strumenti giuridici a loro disposizione per mantenere il posto senza rischiare il contagio: quindi congedi e permessi, assenze per malattia ed infine le ferie. Che succederà dopo il 31 marzo?».
L’emergenza Covid-19 ha aggravato anche la già complessa trafila burocratica che i malati e gli ex malati oncologici devono affrontare per vedersi rinnovare, magari per periodi molto brevi, la patente di guida. A volte si arriva al paradosso che, nonostante la guarigione sia conclamata, si sia comunque costretti a continuare a sottoporsi al giudizio delle Commissioni Mediche Locali, con il corollario di interminabili attese, permessi provvisori e annessa sfilza di esami ed analisi da presentare per avere un rinnovo che raramente supera i due o tre anni. Il ‘muro burocratico’ diventa ancora più spesso per le patenti speciali, come ad esempio quella nautica, dove non esiste neanche la norma che prevede il permesso provvisorio. Oltre al problema pratico, un continuo ritorno psicologico al periodo della malattia che certo non fa bene alla psiche di chi sta lottando per riavere una vita normale.
Il problema dell’assicurazione sulla vita è tra quelli più spinosi. Perché per un ex malato oncologico non sempre è un’impresa così facile. Eppure si tratta di un passaggio a volte obbligato: anche se in Italia l’assicurazione sul mutuo non è obbligatoria, è tuttavia a discrezione di ogni banca vincolare l’erogazione del mutuo alla stipula di un contratto assicurativo sulla vita.
È noto che alla richiesta di stipula di una polizza assicurativa viene valutato lo stato di salute dell’assicurando, tenendo conto delle pregresse patologie di cui lo stesso abbia sofferto in passato per stabilire se sia assicurabile, a quali condizioni e con quali premi. Pertanto è fondamentale, ai fini dell’emissione della polizza, che il richiedente precisi il tipo di cancro, lo stadio e l’eventuale trattamento terapeutico antitumorale cui è stato sottoposto.
«Se la persona che ha avuto un tumore si vede negata la polizza senza una motivazione chiara e dettagliata – spiega Iannelli – deve insistere affinché il proprio caso venga esaminato nello specifico dall’assicuratore e dalla società di riassicurazione che, sulla base di un database estremamente dettagliato e aggiornato alle più recenti evidenze scientifiche, potrà formulare un’offerta assicurativa personalizzata. No, dunque, a dinieghi standard. La popolazione degli ex malati di tumore va valutata caso per caso».
FAVO da anni ha sollevato il problema degli ex malati di cancro che troppo spesso incontrano difficoltà nel sottoscrivere o mantenere sia una copertura assicurativa per le malattie, sia una polizza vita per il caso morte, spesso richiesta come garanzia accessoria per accedere a mutui o finanziamenti. Oggi il quadro sta mutando e l’accesso ai prodotti assicurativi da parte dei richiedenti avviene all’esito di un esame sul singolo caso, che consente, grazie a un’analisi individualizzata, una più ampia assicurabilità: attraverso una valutazione accurata della documentazione medico-clinica disponibile (quale, ad esempio, la cartella clinica qualora l’assicurando sia stato ricoverato, il referto istologico e la relazione clinica dell’oncologo), le compagnie di assicurazione sono in grado di offrire una protezione assicurativa anche a coloro che, pur avendo una diagnosi pregressa di tumore, si sono perfettamente ristabiliti. Tuttavia, non tutte le compagnie si comportano allo stesso modo e dunque non sempre questo diritto viene garantito.
Una diagnosi di cancro complica inevitabilmente la vita lavorativa e le aspirazioni di carriera dei malati, con gradazioni diverse tra libero professionisti e lavoratori dipendenti a tempo indeterminato.
Come evidenziato dall’ultimo Rapporto FAVO sulla condizione del malato oncologico, il nostro sistema di welfare risulta inadeguato a rispondere alle esigenze dei malati di cancro, che peraltro rappresentano oggi una popolazione in crescita. Da un’indagine commissionata dalla FAVO emerge che per il 30% dei malati la malattia ha influito negativamente sulla carriera (o sull’istruzione), in termini di mancato avanzamento di carriera, riduzione dell’orario di lavoro da full-time a part-time, ricollocazione in altro ambito lavorativo più consono alla disabilità sopraggiunta, e nei casi più drammatici perdita del lavoro. Dai dati emerge la difficoltà di mantenere il lavoro durante la fase di malattia, e ciò al netto delle uscite dal mondo del lavoro per raggiungimento dell’età pensionistica, che pure possono aver subito una accelerazione a seguito della diagnosi e dell’impatto delle cure.
La situazione rischia di esplodere con la fine del blocco dei licenziamenti prevista per il 31 marzo, a meno di ulteriori dilazioni: i primi a pagarne le spese potrebbero essere proprio i lavoratori più fragili.
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