L’Accademia del Paziente Esperto Eupati chiede a Speranza l’inserimento dei rappresentanti dei pazienti all’interno dei comitati etici. «La sua visione è differente perché ha vissuto la malattia – spiega la presidente AdPEE a Sanità Informazione – e il suo parere è fondamentale»
Chi è il paziente esperto certificato Eupati? Si tratta di una nuova figura professionale nel mondo della salute che si è da poco affermata anche in Italia.
Con il corso di alta formazione “Patient Engagement in Ricerca e Sviluppo delle Terapie Innovative” l’Accademia del Paziente Esperto EUPATI (AdPEE) si prefigge tre obiettivi. In primo luogo, fornire a pazienti e caregiver – gratuitamente – conoscenze approfondite del processo di sviluppo e ricerca dei farmaci. Poi, permettere al paziente di dialogare e collaborare attivamente con le Istituzioni, gli enti di ricerca e le aziende farmaceutiche. Il fine è mettere a punto protocolli di ricerca volti ad ottenere nuove ed efficaci terapie. Infine, diventare un interlocutore competente ed autorevole per fornire consulenze alle aziende farmaceutiche, alle autorità e nei comitati etici, per una proficua partnership tra tutti i soggetti coinvolti.
Un progetto multistakeholders, patrocinato da ISS e Farmindustria e supportato concretamente da Aifa. Una task force di esperti ricercatori, infatti, si occupa costantemente della revisione e l’aggiornamento del materiale educazionale del corso. Il paziente esperto è un soggetto preparato e consapevole, una figura da valorizzare a vantaggio dell’intera comunità.
In Italia è in corso una revisione dell’organizzazione dei comitati etici e dell’assetto regolatorio della sperimentazione clinica. Il ruolo dei rappresentanti dei pazienti è stato finora marginale tanto da spingere l’Accademia del paziente esperto Eupati (AdPEE) a scrivere al Ministro della Salute Roberto Speranza. Perché è importante la presenza di un paziente esperto al loro interno e nell’ambito delle Sperimentazioni Cliniche? A rispondere è il Presidente AdPEE Dominique Van Doorne nell’intervista esclusiva a Sanità Informazione.
«Ad oggi – spiega la Van Doorne – non è stato necessario che fosse proprio un paziente a sedere in un comitato etico ma un rappresentante del volontariato. Il progetto Eupati prevede, invece, la presenza di un paziente formato in ricerca e sviluppo del farmaco». Le motivazioni sono tante: «La ricerca oggi è un processo lunghissimo e complesso, prevede moltissime fasi precliniche. Bisogna conoscere e saper leggere le tappe precedenti per poter essere di aiuto nella valutazione nel comitato etico di un farmaco» prosegue. La visione del paziente è sempre differente da quella degli altri membri, anche degli stessi medici. Conosce i problemi pratici perché ha un vissuto la fase esperienziale della malattia: per questo, secondo la presidente AdPEE, il suo parere è fondamentale.
«Il paziente ha una visione particolare, diversa da quella del medico e degli altri componenti del comitato etico su una possibile sperimentazione clinica – continua -. Ad esempio, può intervenire nelle modalità di comunicazione del consenso informato in modo che sia semplice e alla portata del paziente che dovrà firmarlo. Inoltre, valuta la fattibilità della sperimentazione clinica in relazione al rapporto rischio-beneficio. Al contrario di quello che possiamo pensare, il paziente può essere pronto a correre maggiori rischi secondo la gravità della sua malattia e secondo il beneficio che si prospetta da una terapia. Il bilancio rischio – beneficio valutato da un medico, da un’agenzia regolatoria oppure da un esperto di etica è diverso da quello del paziente E devono valutarlo tutti insieme». È per questo motivo che l’Accademia del paziente esperto Eupati chiede «che sieda all’interno del comitato etico un paziente e in particolare un paziente esperto e formato sulla ricerca e lo sviluppo del farmaco».
Attualmente due comitati etici – quello del San Raffaele di Milano e quello del Gemelli di Roma – hanno scelto un paziente esperto Eupati come loro membro interno. «Hanno lavorato con loro e visto il grande vantaggio di avere un paziente formato. Ma non essendoci una legge, neanche nella riforma attuale dei comitati etici, questa richiesta dipenderà solamente dalla sensibilità di chi chiamerà i membri interni dei propri comitati etici. Speriamo che tutti ne capiscano il valore aggiunto».
«La formazione Eupati – sottolinea la presidente – è una formazione sulla ricerca e lo sviluppo del farmaco dalla A alla Z. Le finalità sono diverse: informare tutti i cittadini su come si fa oggi la ricerca e lo sviluppo del farmaco. Abbiamo sempre più accesso a terapie innovative e saremo chiamati anche ad entrare in studi clinici. Non sapere nulla su uno studio clinico può gettare nello sconforto un paziente al quale viene proposto. Se questo paziente ha a disposizione informazioni semplici da capire lo aiuterà tantissimo ad accettare di entrare in un protocollo di una sperimentazione clinica. È fondamentale che esistano pazienti altamente formati: il nostro corso Eupati dura un anno e diventano grandi esperti. Ne sanno di più, sulla ricerca e lo sviluppo del farmaco, dei medici stessi» conclude.
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