La denuncia di ANED (Ass. Nazionale Emodializzati): «In Campania centri pubblici ridotti all’osso e scarsa diffusione della dialisi a domicilio. Trapianti? Al Nord molte più chance»
Burocrazia farraginosa, trasporti faticosi, liste d’attesa infinite per il trapianto. Oltre naturalmente alla condanna, materiale e psicologica, in cui si trasforma la vita quotidiana del paziente nefrologico dializzato. Sono queste le principali difficoltà denunciate dall’ANED Onlus, Associazione Nazionale Emodializzati che, tramite i suoi distaccamenti delle varie regioni d’Italia, da oltre cinquant’anni accompagna il malato cronico renale dai percorsi di prevenzione, di dialisi e di trapianto, oltre a sensibilizzare sulle questioni relative alla donazione.
E con l’arrivo del periodo estivo, tutto si complica: per il paziente dializzato programmare una vacanza diventa un’odissea. Santà Informazione ha raccolto la testimonianza di Luisanna Annunziata, segretario regionale ANED Campania, una regione in cui le criticità in ambito nefrologico insistono più che altrove.
«Le patologie renali sono aumentate negli ultimi anni – esordisce – anche a causa della loro lunga latenza. Si arriva spesso tardi a capire la reale problematica del paziente, e la dialisi diventa quindi inevitabile. Le problematiche che riscontriamo in Campania sono le stesse che interessano i pazienti emodializzati di tutto il territorio nazionale ma, probabilmente, amplificate dal fatto che la sanità non è uguale in tutte le regioni».
«In Campania c’è una enorme carenza di centri pubblici per la dialisi – afferma Annunziata – che, ricordiamo, è una procedura salvavita. L’80% dei centri dialisi è infatti privato. La dialisi è un momento molto invalidante per il paziente: vivere legato ad un macchinario per almeno tre volte a settimana per quattro ore al giorno lascia facilmente immaginare cosa significhi per un paziente, ma anche per i suoi familiari, affrontare questa situazione. Ci sono persone che vivono in zone remote, e questo crea anche problemi logistici per il trasporto, che la Regione finanzia con cifre irrisorie. Nel nostro manifesto sociale abbiamo infatti richiesto che anche il trasporto entri a pieno titolo a far parte del percorso del dializzato. Un altro problema – prosegue – riguarda la rete nefrologica, nelle sue azioni diagnostico-terapeutiche, organizzative e informative, che spesso funziona a singhiozzo. Il paziente dializzato necessita di una serie di supporti all’interno dei centri, ma le strutture non sempre rispondono a queste esigenze, ed andrebbero riorganizzate».
«C’è poi un’altra questione molto importante. Il paziente – spiega Annunziata – può scegliere se fare la dialisi presso il centro oppure al domicilio, con la dialisi peritoneale. La dialisi peritoneale, nonostante costi la metà rispetto all’emodialisi che si effettua nei centri, è un’opzione che in Campania non viene adeguatamente portata a conoscenza dei pazienti, non è ben attrezzata e trova quindi poca diffusione. Al contrario nelle regioni del Nord la dialisi peritoneale viene molto più praticata rispetto all’emodialisi. Sicuramente la dialisi al domicilio richiede una serie di procedure specifiche riguardo all’igiene oltre ad un piccolo intervento per inserire un catetere all’altezza del peritoneo. Ma è una procedura molto meno invasiva – sottolinea – dura otto ore e può essere fatta durante la notte così da impattare il meno possibile sulle attività quotidiane».
«Le vacanze per i pazienti dializzati sono spesso un miraggio – osserva la segretaria regionale ANED – e, di conseguenza, anche per i familiari. Il dializzato che vuole in vacanza deve scegliere una località in cui è presente un centro dialisi, innanzitutto, e poi sperare che abbia posto, per un numero di sedute di dialisi che non può mai essere superiore a 15. La faccenda si complica ulteriormente qualora il paziente voglia recarsi all’estero, diventa davvero una lotta con la burocrazia».
«Le liste per i dializzati in attesa di trapianto sono lunghissime – continua Annunziata – e tra questi ci sono anche tanti giovani, e bambini. Per queste persone essere finalmente chiamati significa rinascere, letteralmente, riappropriarsi della vita. Ma in Campania, sulla donazione, scontiamo un retaggio culturale importante, c’è ancora poca conoscenza sulla realtà delle donazioni e tanti falsi miti da sfatare. A volte i pazienti in attesa di trapianto vivono una sorta di scissione emotiva, nel subordinare la propria rinascita alla morte di un altro essere umano. Ma se la morte è stata inevitabile, non può che essere un sollievo sapere che almeno salverà una vita, anzi, più di una, perché gli organi che possono essere donati sono tanti. Nel Nord Italia c’è sicuramente un altro tipo di cultura rispetto alle donazioni, che sono infatti molto maggiori rispetto al Sud. Fortunatamente il dializzato, quando si mette in lista d’attesa per l’organo può inserire due province dove effettuare il trapianto: una è necessariamente quella di appartenenza, l’altra a scelta. Ed è così – conclude – che tantissimi pazienti del Sud scelgono anche una provincia del Nord, che è quella in cui, nella maggior parte dei casi, sarà effettivamente trapiantato».
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