Pagano (ematologo): «Sui pazienti con forme asintomatico-lievi il successo è totale con i soli anticorpi monoclonali. Nelle forme severe-critiche è meglio ricorrere all’associazione monoclonali-antivirali, con una riduzione della mortalità del 90% nella malattia critica»
I vaccini anti-Covid hanno ridotto la mortalità tra le persone affette da tumori del sangue dal 31% al 9%. «Per i pazienti oncoematologici, infatti, è stata già avviata la campagna per l’inoculazione della quarta dose», dice il professor Livio Pagano, direttore dell’UOC di Ematologia Geriatrica ed Emopatie Rare del Dipartimento Diagnostica per Immagini, Radioterapia Oncologica ed Ematologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e professore associato di Ematologia, Università Cattolica del Sacro Cuore campus di Roma.
La necessità di una dose booster di richiamo è solo una delle tante indicazioni emerse dallo studio internazionale EPICOVIDEHA, patrocinato dalla Società Europea di Ematologia (EHA) e coordinato dal professor Pagano. I risultati della ricerca, che ha coinvolto circa 100 centri clinici in circa 27 nazioni europee ed extra-europee, hanno permesso la stesura delle prime linee guida di trattamento sull’argomento, quelle dell’ECIL (European Conference on Infections in Leukemia and Stem Cells Transplantation), coordinate dallo stesso professor Livio Pagano, insieme al professor Simone Cesaro, dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona.
«Le linee guida – sottolinea Pagano -, in virtù della estrema variabilità del virus, saranno costantemente aggiornate. Nella prossima revisione, già fissata per il mese di settembre, saranno inserite tutte le evidenze sull’utilità dei nuovi farmaci antivirali e degli ultimi anticorpi monoclonali immessi sul mercato. Quelli che funzionano meglio – aggiunge il professore – sono gli anticorpi monoclonali (sulla variante Omicron funziona il sotrovimab) e soprattutto l’associazione anticorpi monoclonali-antivirali. Sui pazienti con forme asintomatico-lievi il successo è totale con i soli anticorpi. Nelle forme severe-critiche è meglio ricorrere all’associazione monoclonali-antivirali, che riduce la mortalità del 90% nella malattia critica, ponendosi dunque come vera e propria terapia salvavita».
I fattori aggravanti per i pazienti oncoematologici che contraggono il Covid-19 sono: una malattia ematologica non controllata, l’età avanzata, la presenza di comorbilità. Tanto che, anche la variante Omicron, in generale più contagiosa ma meno aggressiva, per questi pazienti è tutt’altro che un “raffreddore”. «L’Omicron – continua lo specialista – può dar luogo a forme gravi-critiche. Purtroppo, abbiamo visto infezioni sia dopo due dosi, che dopo la cosiddetta “terza” dose e adesso cominciamo a vedere casi di Covid-19 anche nei pazienti che hanno fatto la quarta dose. La maggior parte di questi pazienti è stata vaccinata con i vaccini a mRNA, ma non abbiamo riscontrato grandi differenze di risultato tra i diversi vaccini».
Le linee guida sono frutto di un lavoro cominciato già durante la prima ondata di Covid-19. «Lo scorso anno, in epoca pre-vaccinale 2020 – ricorda il professor Pagano – è stato pubblicato un primo studio su 3.800 casi di emopatie maligne (linfomi, leucemie, mieloma). In questo setting abbiamo registrato un tasso di mortalità del 31%. Poi, da febbraio 2021 abbiamo cominciato a vaccinare i nostri pazienti. In epoca pre-vaccinale, il più alto tasso di mortalità lo osservavamo nei soggetti con leucemia mieloide acuta (la malattia che ha colpito Sinisa Mihajlovic, ex calciatore e attuale allenatore del Bologna), meno nei linfomi e nei mielomi.
Ma dopo l’introduzione delle vaccinazioni e delle terapie anti-Covid (anticorpi monoclonali e antivirali), il quadro è cambiato radicalmente. Partendo da queste premesse, poi, – prosegue l’ematologo – abbiamo deciso di effettuare un ampio studio (EPICOVIDEHA) per valutare l’andamento del Covid-19 nei pazienti oncoematologici vaccinati (le cosiddette infezioni breakthrough). Lo scorso marzo, infine, – conclude l’ematologo – abbiamo pubblicato un report preliminare sulla rivista Blood, sui primi 119 casi raccolti, mentre lo studio definitivo, chiuso a fine febbraio 2022, ha incluso un totale di oltre 1.500 casi».
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