Il Report della Fondazione Gimbe ha analizzato i dati nazionali, Cartabellotta: “L’allarme sulla carenza dei pediatri di famiglia oggi è sollevato da genitori di tutte le Regioni, da Nord a Sud”
La carenza pediatri di famiglia è allarmante. Lo rileva un Report della Fondazione Gimbe che ha analizzato i dati nazionali. “Al primo gennaio 2023, si stima una carenza di 827 pediatri di libera scelta, con notevoli differenze regionali. Infatti il 62% delle carenze si concentra in sole tre grandi Regioni del Nord: Lombardia (244), Piemonte (136), Veneto (134). Mentre in quattro Regioni (Lazio, Molise, Puglia e Umbria) non si rileva alcuna carenza visto che la media di assistiti per pediatri è inferiore a 800”. Ad ogni bambino, sin dalla nascita, deve essere assegnato un pediatra di libera scelta per accedere a servizi e prestazioni inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza garantiti dal Servizio sanitario nazionale (Ssn). La spada di Damocle su questo sistema sono i pensionamenti. Secondo i dati forniti dalla Federazione italiana dei Medici pediatri (Fimp), tra il 2023 e il 2026 sono “1.738 i pediatri di libera scelta che hanno compiuto/compiranno 70 anni, raggiungendo così l’età massima per la pensione, deroghe a parte: dai 236 professionisti del Lazio a in Valle d’Aosta”.
“L’allarme sulla carenza dei pediatri di famiglia – spiega Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – oggi è sollevato da genitori di tutte le Regioni, da Nord a Sud. Le loro testimonianze evidenziano problemi burocratici, mancanza di risposte da parte delle Asl, pediatri con un numero eccessivo di assistiti e impossibilità di iscrivere i propri figli al pediatra di famiglia, mettendo potenzialmente a rischio la salute, soprattutto dei più piccoli e dei più vulnerabili”. Per comprendere meglio le cause e le dimensioni del fenomeno, la Fondazione Gimbe ha analizzato dinamiche e criticità che regolano l’inserimento dei pediatri di libera scelta nel Ssn e stimato l’entità della carenza di PLS nelle Regioni italiane. “Due aspetti fondamentali – spiega Cartabellotta – devono essere precisati: innanzitutto, le stime sulle carenze sono state effettuate a livello regionale, perché la loro reale necessità viene definita dalle Aziende sanitarie locali (ASL) in relazione agli ambiti territoriali carenti; in secondo luogo, le stime sul ricambio generazionale sono ostacolate dall’impossibilità di sapere quanti nuovi specialisti in pediatria scelgono la carriera dei pediatri di famiglia”.
Fino al compimento del sesto anno di età i bambini devono essere assistiti per legge da un pediatra di libera scelta, mentre dai sei ai 13 anni inclusi i genitori possono scegliere tra pediatra e il medico di medicina generale (Mmg). Al compimento dei 14 anni la revoca del pediatra è automatica, tranne per pazienti con documentate patologie croniche o disabilità per i quali può essere richiesta una proroga fino al compimento del 16esimo anno. “Queste regole – spiega Cartabellotta – se da un lato contrastano con la definizione di pediatra di libera scelta come medico preposto alla tutela della salute di bambini e ragazzi sino al compimento dei 14 anni, dall’altro rappresentano un ostacolo rilevante per un’accurata programmazione del fabbisogno di pediatri di famiglia”. Infatti, secondo i dati Istat al primo gennaio 2023 la fascia 0-5 anni (iscrizione obbligatoria al pediatra) include più di 2,5 milioni di bambini e quella 6-13 oltre 4,2 milioni, che potrebbero essere iscritti al pediatra o al medico di famiglia in base alle preferenze dei genitori. Secondo quanto previsto dall’Accordo Collettivo Nazionale (Acn), il numero massimo di assistiti di un pediatra di famiglia è fissato a 880, con deroga nazionale di ulteriori 120 scelte temporanee (residenti in ambiti limitrofi, non residenti, extracomunitari). Tuttavia, esistono inoltre deroghe regionali e locali che portano a superare i 1.000 iscritti: indisponibilità di altri pediatri del territorio, fratelli di bambini già in carico ad un pediatra. “In realtà – commenta il presidente della Fondazione Gimbe – il numero di mille assistiti non potrebbe essere superato in quanto la determinazione del massimale di scelte è stabilita dall’Accordo collettivo nazionale (Acn), come previsto dalla legge 502 del 1992, e non è derogabile dalle Regioni o dalle singole Asl”.
Conoscendo il numero dei pensionamenti attesi e il numero di borse di studio disponibili per la scuola di specializzazione in pediatria si potrebbe stimare la carenza di pediatri di famiglia al 2026, anno in cui dovrebbe ‘decollare’ la riforma dell’assistenza territoriale prevista dal Pnrr. “Tuttavia – commenta Cartabellotta – considerato che non è noto quanti specialisti pediatri intraprenderanno la carriera di pediatri di famiglia, è impossibile stimare se per i 1.738 professionisti che tra il 2023 e il 2026 hanno compiuto/compiranno 70 anni ci sarà un adeguato ricambio generazionale e se questo sarà omogeneo nelle varie Regioni. La carenza di pediatri di libera scelta oggi riguarda in particolare alcune grandi Regioni del Nord e deriva da errori di programmazione del fabbisogno, in particolare la mancata sincronia per bilanciare pensionamenti attesi e borse di studio per la scuola di specializzazione. E, comunque, la distribuzione capillare sul territorio rimane sempre condizionata da variabili e scelte locali non sempre prevedibili. In tal senso, serve innanzitutto un’adeguata programmazione del fabbisogno che richiede tre elementi: ridefinire la fascia di età di esclusiva competenza dei pediatri, disporre di stime accurate sul numero di pediatri che intraprendono la carriera e, nel medio e lungo periodo, considerare il fenomeno della denatalità. Servono inoltre l’adozione di modelli organizzativi che promuovano il lavoro in team, l’effettiva realizzazione della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal Pnrr (Case di comunità, ospedali di comunità, assistenza domiciliare, telemedicina), accordi sindacali in linea con il ricambio generazionale e la distribuzione capillare dei pediatri, come indicato negli stessi atti di indirizzo. Perché guardando ai pensionamenti attesi, non è affatto certo che nei prossimi anni i nuovi pediatri di base saranno sufficienti a garantire il ricambio generazionale, con – conclude Cartabellotta – l’inevitabile acuirsi della carenza in alcune Regioni”.
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