«La malattia più grave di questo secolo è l’isolamento. Questo è determinato dall’abuso di internet che incentiva un rapporto sociale-virtuale depressivo e svilente. Ecco, il professionista pediatrico può essere la soluzione», così Giuseppe Mele, Presidente della Società Italiana Medici Pediatri, in occasione del V Congresso Nazionale
«Il pediatra deve monitorare il paziente da 0 a 18 anni, una delle sue responsabilità è fare da ‘antenna sociale’». Così Giuseppe Mele, Presidente della Società Italiana Medici Pediatri, in occasione del V Congresso Nazionale di Pediatria, descrive in poche ma significative parole il cambiamento che sta subendo il profilo professionale del pediatra che, al passo con i tempi sociali e scientifici, sta cambiando pelle. Un focus, a cui è stato dedicato ampio spazio durante i lavori congressuali, è la nuova malattia che affligge i bambini e gli adolescenti: si chiama ‘isolamento’ ed è frutto dell’uso smodato del web. In questo contesto qual è il ruolo del pediatra? Come sta cambiando la professione? Il Presidente SIMPE racconta a Sanità Informazione l’evoluzione del ruolo del medico che più di ogni altro, ha in mano il ‘futuro’ del Paese.
Quali sono le prospettive future della professione del pediatra?
«Sempre di più il pediatra dovrà essere al centro, insieme al bambino e alla famiglia, di processi nuovi, eterogenei. Progressivamente stanno diminuendo le malattie infettive, non è come un tempo. Le vaccinazioni stanno determinando – se correttamente eseguite ed applicate – una diminuzione delle malattie infettive. Tuttavia al contempo stanno aumentando le malattie croniche. Purtroppo stiamo attraversando un processo per cui, per la prima volta, i bambini che nascono in questo momento hanno un’aspettativa di vita inferiore ai loro padri e genitori. Questo perché malattie metaboliche come diabete, ipertensione, ipercolesterolemia o depressione, stanno aumentando in funzione di stili di vita e abitudini alimentari che sono scorrette».
Il pediatra è una figura fondamentale non solo per l’infanzia ma anche per l’adolescenza, tuttavia è spesso ignorato in questa fascia di età. Per quali motivi e perché è importante che i ragazzi più grandi si rivolgano al pediatra?
«Noi abbiamo lanciato uno slogan ‘0-18’ perché fino ad adesso la fascia di età affidata al pediatra è 0-16 anni. Noi pensiamo che per cultura, per tradizione, per formazione, il pediatra possa necessariamente affrontare anche la parabola di vita del soggetto fino ai 18 anni. Credo che sia fondamentale estendere la funzione del professionista pediatrico perché intercettare i nuovi bisogni dell’adolescente è di vitale importanza. Oggi i problemi più diffusi tra gli adolescenti non sono più, come un tempo, esclusivamente alcol e consumo di droghe, ma anche depressione e soprattutto ‘isolamento’. I social network e internet stanno sempre di più determinando un rapporto sociale ridotto a pura virtualità. Si tratta di rapporti che non sono reali e tutto questo può portare a nuove patologie che necessariamente devono essere intercettate. Identificarle deve essere compito del pediatra che deve rappresentare ‘un’antenna sociale’ che anche ‘sporcandosi le mani’ deve tentare di dare soluzioni efficaci».