Esposito (Sipps): “Il concetto di appropriatezza ha sempre avuto un ruolo fondamentale nel nostro Servizio sanitario nazionale e con il Covid è diventato un qualcosa di molto problematico, soprattutto per determinate sottospecialità pediatriche”
“Il concetto di appropriatezza ha sempre avuto un ruolo fondamentale nel nostro Servizio sanitario nazionale e con il Covid, a seguito dei ritardi nelle visite e delle lunghe liste d’attesa che si sono create, la situazione relativa al tempo richiesto dai pazienti per approfondire eventuali dubbi diagnostici all’interno delle strutture ospedaliere, dunque a seguito dell’invio da parte dei pediatri di famiglia e di chi lavora sul territorio, è diventato un qualcosa di molto problematico, soprattutto per determinate sottospecialità pediatriche”. Susanna Esposito, professore ordinario di pediatria dell’Università di Parma, Direttrice della Clinica Pediatrica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria e Presidentessa della Sipps- sezione Emilia-Romagna, commenta così uno dei temi al centro – Consensus sull’appropriatezza prescrittiva diagnostica in pediatria specialistica -, del XXXV Congresso Nazionale della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps), di cui è coordinatrice. L’evento, dal titolo ‘Pediatria 5P – Predittiva, Preventiva, Personalizzata, Partecipata, Proattiva‘, si chiude domani a Bologna ed ha visto la partecipazione di 400 pediatri, provenienti da tutta Italia.
“Per questo motivo – prosegue – come Sipps Emilia Romagna, e sotto il mio coordinamento, in più di 100 tra pediatri e altri specialisti che si occupano della salute dei bambini, tra cui chirurghi, ginecologi e psicologi, abbiamo voluto sviluppare un documento che sarà presentato a Bologna per la prima volta e che serve ai pediatri stessi per ridurre le liste d’attesa garantendo un accesso equo alle cure e rivedendo le indicazioni validate dalla letteratura sulla necessità di un approfondimento diagnostico, sull’invio in ospedale e sul numero di visite di controllo per persone e pazienti pediatrici che presentano determinati sintomi. Chiaramente- sottolinea Susanna Esposito – l’obiettivo è quello di fare in modo che si identifichino criteri condivisi per le dieci patologie più comuni per singola sottospecialità, con la finalità di tutelare i pazienti, in quanto un esame diagnostico o un ricovero non appropriato non solo possono avere determinati rischi e nessun beneficio, ma possono anche determinare un uso cattivo delle risorse. Senza dimenticare, è il caso della pediatria, che possono impattare in maniera importante sulla sofferenza psicologica dei bambini e delle loro famiglie”.
“Per questo motivo – evidenzia la Direttrice della Clinica Pediatrica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma e Presidentessa della Sipps 1- sezione Emilia-Romagna- abbiamo puntato sulla comunicazione e sulla condivisione tra ospedale e territorio, che parte dall’esperienza dei professionisti che si occupano di bambini all’interno dell’Emilia Romagna seguendo un metodo che, naturalmente, può essere traslato in qualsiasi altra realtà d’Italia, in quanto diamo enfasi non tanto ai processi di tipo organizzativo, quanto agli esami raccomandati a fronte di determinati sintomi, diamo indicazioni sull’invio in ospedale e con quale urgenza questo debba avvenire, indichiamo la frequenza delle visite di follow up e sottolineiamo le principali esigenze formative, perchè spesso ai convegni si parla in modo ripetuto di alcune tematiche mentre altre vengono trascurate. Il nostro- dichiara inoltre la professoressa Esposito- è stato una sorta di tentativo di sfida proponendo un approccio diagnostico che fosse basato sulle evidenze scientifiche più recenti, con l’ottica di limitare i rischi per i pazienti, contenere l’ansia delle famiglie e risparmiare risorse”.
Numerosi gli argomenti che trovano spazio all’interno della Consensus, un documento formato da ben 164 pagine. “Noi- afferma l’esperta- abbiamo esteso l’analisi a tutte le sottospecialità pediatriche e per singola sottospecialità abbiamo posto tre domande: quando sono indicati esami di laboratorio o radiologici e quali sono quelli indicati a fronte di uno specifico sospetto diagnostico; quando è indicato l’invio in ospedale per visita specialistica e con quale priorità l’invio è indicato (es. U, urgente con invio in PS; B, breve; D, differibile; P, programmabile); quali sono le principali esigenze dal punto di vista formativo”. In totale sono 26 gli ambiti specialistici considerati: dall’allergologia alla cardiologia, dalla chirurgia alla dermatologia, dall’ematologia ed oncologia all’emergenza-urgenza, dalla ginecologia alla neonatologia, dalla neurologia alla nutrizione, dall’odontoiatria all’ortopedia, dalla pneumologia alla psicologia clinica, solo per citarne alcune. “Abbiamo riportato due tabelle per ognuna di queste singole specialità- ricorda Susanna Esposito- con i principali dieci quesiti diagnostici che arrivano all’attenzione dello specialista e le manifestazioni cliniche per cui ha senso procedere con approfondimenti specialistici. Ad esempio, se un bambino ha un attacco di asma non deve necessariamente fare sempre una visita specialistica e nel documento abbiamo riportato quando questa è raccomandata”.
Nella Consensus, la cui stesura ha preso il via nella scorsa primavera, vengono riportati gli esami da eseguire. “In alcuni casi – precisa – questi esami possono essere effettuati già a livello territoriale, prima che il bambino venga inviato all’ospedale. Se restiamo sull’esempio del bambino con sospetto asma bronchiale, gli approfondimenti diagnostici vanno previsti in caso di episodi di broncospasmo recidivanti o con necessità di steroide sistemico e/o ossigeno e/o con accesso ospedaliero e/o con sintomi con lo sforzo o nel sonno. Diamo inoltre indicazioni anche sull’eventuale urgenza, ad esempio nel caso dell’asma bronchiale da considerarsi in presenza di insufficienza respiratoria non responsiva ai farmaci e sul follow up. In più- conclude la professoressa Esposito- abbiamo identificato le tre esigenze formative più importanti, su cui è necessario fare approfondimenti perché ci siamo resi conto che nell’integrazione del lavoro tra specialisti ospedalieri e specialisti del territorio vi sono alcune lacune su argomenti che sono evoluti di recente e che vengono trattati in misura minore nei tradizionali Convegni medici”.
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