L’esperto: «Il 30% di chi ha contratto il virus, a distanza di tre mesi, soffre di alopecia. Anche lo stress da pandemia può causare una perdita consistente di capelli. Necessario affrontare il problema prima che si trasformi in un forte disagio psicologico»
Paura di ammalarsi, isolamento, perdita del lavoro, crisi economica, malattia o morte di persone care. Sono tutte condizioni di stress che hanno caratterizzato questi mesi di pandemia e che possono incidere negativamente sul benessere di capelli e cuoio capelluto. Fino a causare l’alopecia.
«Il fenomeno – spiega Stefano Ospitali, ad del laboratorio tricologico Cr Lab – è dovuto sia alla contrazione del Covid-19, che alle ripercussioni emotive legate al periodo di emergenza vissuto. Da un recente sondaggio svolto dall’Indiana University School of Medicine su un gruppo di sopravvissuti al virus, è emerso, infatti, che più di un quarto delle persone, a distanza di tre mesi dalla contrazione del Covid-19, ha riportato un’insolita perdita di capelli a ciocche, fino a chiazze completamente glabre».
Coloro che hanno subito gli effetti collaterali del Covid rappresentano una percentuale importante che va ad aggiungersi a quella di chi già soffriva di alopecia prima che la pandemia facesse la sua comparsa. «Il 70% degli uomini – continua l’esperto – trascorsi i venticinque anni comincia ad avere problemi di alopecia o di diradamento dei capelli. Tra le donne il disagio è maggiormente presente dopo la menopausa, con un’incidenza del 50%. Nel periodo pre-menopausa l’alopecia riguarda il 35% delle signore. Percentuale che scende al 18% tra le adolescenti».
A qualunque età si presenti e qualunque sia la sua forma, dalla meno acuta alla più grave, è necessario intervenire prima che sia troppo tardi. «Bisogna prendersi cura dei propri capelli sempre, senza attendere che si diradino o che cadano a ciocche – suggerisce Ospitali -. Ai primi segnali di perdita è necessario sottoporsi immediatamente ad un check-up, attraverso il quale, grazie all’aiuto degli specialisti, si potrà trovare la soluzione più idonea: dai prodotti cosmetici, ai farmaci, fino al trapianto dei capelli nelle situazioni irreversibili».
Oltre allo stress e alla malattia, così come accaduto a coloro che hanno cominciato a soffrire di alopecia durante la pandemia, le cause possono essere svariate. «Aspetti genetici, ormonali, problemi nutrizionali, esposizione ad inquinanti sono tutti fattori che possono concorrere alla perdita di capelli, – sottolinea l’esperto -. L’importante è trovare una soluzione che possa limitare il disturbo al minimo per non essere costretti a dover affrontare un altro problema nel problema. Vedere la propria immagine allo specchio modificata dalla perdita di capelli, infatti, può scatenare un forte disagio psicologico».
A dimostralo anche alcuni studi condotti sulle donne che hanno dovuto sottoporsi ad uno o più cicli di chemioterapia. «Un progetto di ricerca, durato tre anni, che ha coinvolto i nostri laboratori e l’Istituto nazionale dei tumori – sottolinea Ospitali -, ha dimostrato che il 65% delle donne che si sottopone a trattamenti chemioterapici perde i capelli. E che l’8% di queste arriverebbe addirittura a rifiutare la chemio pur di non ritrovarsi completamente glabre. Ma il dato più interessante è che il 47%, a distanza di molti mesi dal trattamento chemioterapico, ricorda la perdita di capelli come l’aspetto più traumatico di tutto il percorso di cura».
«Per queste donne – continua – è stata messa a punto una protesi che permette di donare un aspetto di normalità in un periodo della vita che di normale non ha proprio nulla. Per lo stesso motivo, anche per chi ha cominciato a soffrire di alopecia durante la pandemia il consiglio è di prendersi cura della salute dei propri capelli. Prima – conclude l’esperto – che un cambiamento evidente del proprio aspetto possa peggiorare ulteriormente lo stato d’animo».
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