La professione è entrata nel maxi Ordine TSRM e PSTRP. «Noi ci occupiamo di tutto quello che è la parte diagnostica e assistenziale cardiologica. I pacemaker, i defibrillatori, l’ecocardiografia, l’emodinamica. L’altra parte della professione è la parte della perfusione», sottolinea il Presidente dell’Associazione Italiana Tecnici della Fisiopatologia cardiocircolatoria e Perfusione cardiovascolare
Il nome, “Tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare”, è lungo e difficile da ricordare. Eppure si tratta di un professionista della sanità che, come scritto sul sito di A.I.Te.Fep., l’associazione maggiormente rappresentativa, è un tecnico che ha “a cuore” la salute dei cittadini nel senso letterale del termine: si occupa della delicata attività della circolazione extracorporea e della diagnostica di cardiologia, emodinamica e di elettrofisiologia. Ora la professione è entrata nella grande famiglia del maxi Ordine TSRM e PSTRP presieduto da Alessandro Beux che ha celebrato a Rimini il primo Congresso nazionale. «Tutta l’area cardiologica in molte parti del nostro territorio è scoperta da queste figure professionali specialistiche e oggi più che mai deve diventare una risorsa nella gestione dello shock cardiogeno e dell’arresto cardiaco» sottolinea a Sanità Informazione il Presidente A.I.Te.Fep Davide Ghitti. Proprio in Italia quest’anno si è svolto il 18esimo Congresso europeo European Congress on Extracorporeal Circulation Technology sulla circolazione extracorporea.
Presidente, con che spirito vi siete approcciati al Congresso?
«Con uno spirito aperto alla multidisciplinarietà. Questo desiderio si è concretizzato ed è stato un traguardo raggiunto. Inoltre, come il presidente Beux ha detto, non solo Ordine, ma siamo già a step avanzati come il Codice etico e la responsabilità che sono degli strumenti fondamentali per la giusta e corretta presenza delle professioni sanitarie all’interno del Servizio sanitario nazionale».
Avete delle rivendicazioni come categoria da sottoporre ai politici?
«Non parlerei di rivendicazioni. I politici devono iniziare a comprendere che la nostra figura professionale, che non è molto nota, già banalmente per la difficoltà nel pronunciare il nome, “Tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare”. Vorrei che i politici comprendessero che questa congiunzione ‘e’ ha unito due competenze specialistiche, la parte del tecnico di cardiologia con la parte della perfusione. Nel comprendere questo potranno capire che tutta l’area cardiologica che in molte parti del nostro territorio è scoperta da queste figure professionali specialistiche oggi più che mai deve diventare una risorsa nella gestione dello shock cardiogeno e dell’arresto cardiaco e solo grazie alla presenza di questi professionisti soprattutto nelle strutture dove non c’è la cardiochirurgia potrà fare la differenza».
Perché il vostro ruolo è così decisivo. Cosa fate nel concreto?
«Facciamo tanto. Nel senso che nella prima parte della dicitura della nostra professione, la fisiopatologia cardiocircolatoria, noi ci occupiamo di tutto quello che è la parte diagnostica e assistenziale cardiologica. I pacemaker, i defibrillatori, l’ecocardiografia, l’emodinamica. Queste sono delle unità operative strategiche all’interno delle aziende sanitarie e sul territorio nazionale. L’altra parte della professione, ma il professionista è uno e unico abilitato all’esercizio della professione, è la parte della perfusione. Fino a qualche tempo fa era limitata al by-pass cardiopolmonare e agli interventi di cardiochirurgia e nei trapianti, oggi invece con il nuovo scenario dell’utilizzo dell’assistenza extracorporea gestisce l’arresto cardiaco e lo strumento diventa fondamentale quale ponte in attesa del trapianto».