Il Presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure primarie spiega perché è sbagliato vietare ai medici di base la prescrizione di alcuni farmaci: «Quando accade di fatto si sta ponendo una limitazione non al tipo di farmaci che si possono prescrivere bensì all’ampiezza di questa presa in carico»
Diabete, Broncopatia cronica ostruttiva, trombosi. Sono solo alcuni ambiti in cui i medici di famiglia hanno ‘le mani legate’: spetta infatti allo specialista, attraverso il piano terapeutico, prescrivere i farmaci del caso. Una situazione che è definita ‘kafkiana’ dal presidente della SIMG, Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure primarie, Claudio Cricelli, perché si tratta di malattie molto diffuse nel quale il medico di medicina generale ha spesso un ruolo di primo piano nella presa in carico del paziente: «Ogni medico con 1500 pazienti ha almeno 100 pazienti diabetici. Una patologia frequente. Di questi 100 pazienti, almeno un quarto o un quinto possono beneficiare di trattamenti innovativi, ma solo lo specialista può prescriverli. È una contraddizione: i farmaci o servono o non servono». Cricelli dà voce alla frustrazione di tanti medici che non possono curare i loro pazienti come vorrebbero, situazione che si ripropone anche con la BPCO: «Il 100% dei pazienti è in carico al medico di medicina generale che può prescrivere tutti i singoli farmaci necessari per trattare la BPCO. Quando però i farmaci sono in associazione allora non si può: è incomprensibile». Infine, c’è il tema, non trascurabile, degli eventi avversi causati da questi farmaci: «Questi medicinali, sottoposti al piano terapeutico, tecnicamente non possono essere presentati ai medici di famiglia e le aziende non informano i medici di famiglia – continua Cricelli -. Se un paziente che prende questi farmaci prescritti dallo specialista si sente male e si rivolge al medico di famiglia che non conosce i farmaci, secondo lei il medico di famiglia può dire ‘non li conosco, non me li hanno presentati, non mi voglio occupare di te’? Non può dirlo, lo ha affermato il buon senso e la Corte di Cassazione».
Presidente, il tema dei piani terapeutici continua a tenere banco. Nonostante i numerosi incontri in Aifa, non si riesce a trovare una soluzione…
«Tutte le patologie, tutte le condizioni che sono in carico direttamente al medico di famiglia necessariamente devono prevedere che questo medico possa con grande ampiezza di strumenti poter realmente occuparsi dei pazienti. Quando si pongono delle limitazioni alla possibilità anche di prescrivere, di fatto si sta ponendo una limitazione non al tipo di farmaci che si possono prescrivere bensì all’ampiezza di questa presa in carico. Faccio un esempio: il paziente diabetico è ormai diventato un paziente comune, stiamo arrivando ormai a una prevalenza del 7,4%, quindi abbiamo superato i 4 milioni di pazienti diabetici: almeno un quinto, più di 800mila persone, gioverebbero della somministrazione di alcuni farmaci cosiddetti innovativi. Sono medicinali di uso comune, che non hanno alcuna difficoltà di somministrazione anche perché a somministrare i farmaci si impara, imparano i medici di famiglia e gli specialisti. Tenga conto che ogni medico con 1500 pazienti ha almeno 100 pazienti diabetici. Una patologia frequente. Di questi 100 pazienti almeno un quarto, un quinto possono beneficiare di questo trattamento: non si capisce per quale motivo questi pazienti debbano andare per forza dallo specialista. Sono farmaci di estrema semplicità d’uso come è testimoniato dal fatto che in tutto il mondo li possono prescrivere tutti i medici. Quando cominciò la storia dei piani terapeutici questa scelta serviva sotto le false spoglie del dover sorvegliare questi farmaci, del dover verificare i profili di efficacia, gli eventi avversi, gli effetti collaterali, serviva in realtà a nascondere il fatto che essendo i farmaci costosi si mettevano nelle mani degli specialisti. Anche questa è una contraddizione: i farmaci o servono o non servono. Se sono utili, se sono efficaci e il loro costo viene deciso dall’Aifa chiunque rispetti le regole di prescrizione, i famosi criteri, deve poterli prescrivere, altrimenti questa bugia ha il naso troppo lungo».
Ci sono altre patologie in cui può intervenire il medico di medicina generale?
«Certo. Nel caso del diabete mellito di tipo 2 il 100% dei pazienti è in carico alla medicina generale. Poi una parte di questi pazienti, una parte non maggioritaria, meno del 50%, per ragioni di complessità, vanno anche al centro diabetologico, ma non vuol dire che il centro per il diabete si appropri di questi pazienti. Sono pazienti che continuano a stare a casa propria, i farmaci li prescrive il medico, gli effetti collaterali li vede il medico, dell’alimentazione se ne occupa il medico di famiglia, di come si comporta l’ambiente familiare se ne occupa il medico di famiglia. Poi c’è la Broncopatia cronica ostruttiva, BPCO, frequentissima, in crescita, è una di quelle patologie croniche che sta crescendo più di tutte le altre. Anche qui: il 100% in carico al medico di medicina generale, qualche volta può essere necessario mandarlo dallo pneumologo, ma il medico di famiglia prescrive tutti i singoli farmaci necessari per trattare la BPCO. Quando i farmaci sono in associazione allora non si può ed è una cosa incomprensibile. Infatti la maggior parte dei nostri pazienti vengono trattati dalle singole molecole. Quando c’è un’associazione con due molecole l’associazione costa meno delle due molecole somministrate individualmente. Se io somministro il farmaco A e il farmaco B, cosa che posso fare, costa di più dello stesso farmaco nella stessa bomboletta. Paradossalmente la bomboletta in associazione la può prescrivere soltanto lo specialista».
È anche un aggravio di costi…
«Stiamo sbagliando qualcosa? I medici hanno a disposizione tutte le linee guida necessarie, gli strumenti per sapere come si prescrive. Poi c’è il capitolo della somministrazione degli anticoagulanti orali. Sono ormai una decina d’anni che sono usciti questi farmaci. Sono molto efficaci, diffusi in tutto il mondo, ci sono decine di milioni di persone che li prendono, facili da maneggiare, sostituiscono con grande efficacia i vecchi farmaci anticoagulanti orali. Soltanto gli specialisti li possono prescrivere. Non si capisce il perché».
Bisogna convincere Aifa…
«Aifa non si può convincere. Questi argomenti li conosce perfettamente. Questo dialogo tra sordi è un dialogo da commedia dell’arte. Ma lo sappiamo tutti come funziona il meccanismo. C’è un famoso scienziato inglese che ha ammonito: ‘Bisogna somministrare prima possibile i farmaci più efficaci ai pazienti altrimenti quei pazienti si ammaleranno di più e ci ritroveremo con dei pazienti malati e più gravi che ci faranno spendere un sacco di soldi in più’. L’idea di risparmiare dilazionando la somministrazione di farmaci innovativi ed efficaci è una idea da pazzi dal punto di vista clinico e del buon senso sanitario. Ci troviamo di fronte a una situazione kafkiana. Lei capisce che questo gioco ci sta stancando. Bisogna affidarsi alle buone pratiche cliniche: noi non vogliamo prescrivere farmaci oncologici o biologici, noi vogliamo prescrivere i farmaci che spettano ai pazienti che noi abbiamo in carico ogni giorno».