Salute 13 Luglio 2021 15:19

Piano europeo contro il cancro, Costa: «Paesi siano coordinati e usino budget comune»

Il co-fondatore di Onda e già segretario della scuola europea di Oncologia di Veronesi sarà special adviser della commissaria alla salute per l’attuazione del piano Beating Cancer a cui sono stati destinati 4 miliardi di euro di finanziamento

di Federica Bosco
Piano europeo contro il cancro, Costa: «Paesi siano coordinati e usino budget comune»

Una Europa unita nella ricerca contro il cancro e campagne di prevenzione mirate: sono queste le principali battaglie che Alberto Costa, segretario generale della Scuola Europea di Oncologia fondata nel 1982 da Umberto Veronesi, vicepresidente di Fondazione Onda riconosciuto a livello internazionale per le sue idee innovative nella comunicazione scientifica, porterà avanti a Bruxelles nel ruolo di consigliere della commissaria alla Salute Stella Kyriakides.

Il piano Eu Beating Cancer a cui la Commissione Europea ha destinato quattro miliardi di euro prevede infatti un programma concreto e multidisciplinare volto ad affrontare il tumore da ogni punto di vista: prevenzione, miglioramento della qualità della vita, passando dalla diagnosi precoce fino al trattamento. In procinto di volare in Belgio per l’investitura ufficiale, Costa ha spiegato a Sanità Informazione perché, a distanza di anni, ha deciso di tornare ad occuparsi di battaglie contro il cancro in Europa.

Cosa serve oggi per vincere la sfida contro il cancro?

«Innanzitutto, è necessario un budget comune e una direzione generale europea per la ricerca, che ancora manca. Oggi in Europa i paesi si muovono in autonomia e questo comporta spreco di denaro e di risorse, mentre invece negli Stati Uniti la ricerca contro il cancro viene gestita a livello federale. È necessario pensare ad un piano di investimento in due direzioni: ricerca e sanità. Da sempre esiste il dilemma se investire nella ricerca o nelle infrastrutture e nei farmaci, occorre trovare i giusti equilibri».

Per la prevenzione, dall’alto della sua esperienza, cosa porterà a Bruxelles?

«Quando ero assistente di Veronesi la nostra prima azione europea concordata nella lotta contro il cancro in tutti i paesi dell’Unione fu la pubblicazione della scritta “il fumo uccide” sul pacchetto di sigarette. A seguire fu la volta dell’approvazione dello screening mammografico gratuito per tutte le donne sopra i 50 anni. Un’intuizione che facendo i calcoli negli anni 2000 evidenziò una diminuzione della mortalità nell’ordine del 12-13 percento. Dopo il pap-test che ha quasi abolito il tumore all’utero e la mammografia che ha ridotto la morte per il tumore al seno, oggi si può allargare gli screening ad altri tumori».

Ad esempio?

«Credo sia importante riprendere la campagna contro il melanoma che è un tumore mortale che spesso viene sottovalutato. Inoltre, per quanto riguarda il cancro al polmone credo che la campagna di sensibilizzazione fatta sui pacchetti di sigarette, così come l’aumento dei prezzi, non siano deterrenti efficaci. Allora è importante agire con campagne di screening seguendo la formula che chiamiamo del 20 per 20».

Di cosa si tratta?

«Una persona che ha fumato per venti anni altrettante sigarette al giorno è ad alto rischio, pertanto può essere inserito in un gruppo da sottoporre a tac spirale che permette di riconoscere una lesione cancerosa già di tre o quattro millimetri, altrimenti non percettibile. Il problema del tumore al polmone, infatti, è che cresce all’interno della cassa toracica senza dare alcun segnale finché si manifesta ad uno stadio ormai troppo avanzato. Lo stesso dicasi del tumore al colon che, nella maggior parte dei casi, arriva dai polipi riconoscibili con una colonscopia. Se tutti facessero dopo i cinquant’anni questo esame ogni cinque anni, i rischi di contrarre il tumore al colon si ridurrebbero».

 

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