Il punto della situazione su Lombardia e Veneto. Uneba: «Attenzione dalle istituzioni, ma la campagna va a rilento». IRPEA: «Si procede a macchia di leopardo, soffriamo mancanza di coordinamento regionale»
La campagna vaccinale anti-Covid sta andando avanti, nonostante le numerose battute d’arresto nella fornitura delle dosi, secondo criteri ben precisi che identificano come destinatari prioritari del vaccino i soggetti esposti a maggiori rischi di contagio e di ospedalizzazione. Oltre agli operatori sanitari, tra le categorie prioritarie ci sono i grandi anziani, gli over 80, soprattutto quelli ricoverati nelle Rsa, per i quali i rischi determinati dall’età e dalle comorbidità si sommano a quelli derivanti dal vivere a stretto contatto con molti altri soggetti, esponendoli maggiormente al contagio.
Le RSA sono state, fin dallo scoppio dalla pandemia, “osservate speciali”, eppure non sono le uniche strutture residenziali assistenziali ad essere a rischio. In Italia ci sono circa 3000 RSD (Residenze sanitarie per persone affette da disabilità al di sotto dei 65 anni), strutture che ospitano pazienti, sebbene non anziani, comunque ad alto rischio di contagio, sia per le caratteristiche aggregative delle residenze, sia per le eventuali patologie pregresse e fragilità di cui sono spesso portatori i pazienti.
Ma c’è da fare ancora un’ulteriore distinzione: per quanto riguarda la fascia dei servizi assistenziali rivolti ai portatori di disabilità, non ci sono solo le RSD, ma anche i centri diurni, che sebbene non residenziali, sono comunque strutture ad alto indice di aggregazione. A che punto è la discussione sull’opportunità di inserire queste categorie tra le destinatarie prioritarie del vaccino?
Per quanto riguarda la Regione Lombardia, ci risponde Francesco Chiodaroli, referente Disabilità per Uneba (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale) Lombardia: «A metà dicembre il governatore Fontana inviò una lettera al Commissario Arcuri chiedendo la possibilità di ricevere un sufficiente numero di dosi vaccinali per coprire prioritariamente questa fascia di popolazione. Le indicazioni nazionali, come è noto, prevedevano una fase 1 per coprire gli operatori sanitari e una fase 2 dedicata ad anziani ed Rsa».
«In Regione – spiega Chiodaroli – si è lavorato per prevedere una fase 1 bis, per coprire la fascia socio-sanitaria in cui avrebbero trovato spazio non solo le RSD, ma anche altre realtà dedicate a questo tipo di utenza, come le CSS (Comunità socio-sanitarie), piccole residenze che ospitano al massimo dieci persone portatrici di disabilità, contesti in cui predomina lo spirito sociale più che di assistenza sanitaria, e in cui, in caso di focolaio, l’utenza si troverebbe sprovvista di personale in grado di gestire l’emergenza: motivo in più per metterle in sicurezza».
«La discussione con gli organi regionali si è poi allargata ulteriormente – afferma Chiodaroli -. Abbiamo fatto presente anche la necessità di inserire nelle fasce prioritarie le persone portatrici di disabilità che non frequentano i servizi, in tutti quei casi in cui il rispetto delle norme sul distanziamento e sull’uso dei Dpi potesse risultare più difficile da raggiungere. Le nostre istanze sono state sicuramente ascoltate, ma nella pratica c’è ancora molto da fare, e certamente i continui ritardi nella fornitura delle dosi non stanno giovando alla causa, così come le indicazioni sulla somministrazione dei singoli vaccini: c’è stata, in sostanza, una sovrapposizione tra la fase 1 e 2 e, di conseguenza, poco margine per far entrare a regime la fase 1 bis, utile a coprire interamente la fascia della disabilità».
«Il siero Pfizer è raccomandato sia per gli anziani sia per i pazienti fragili indipendentemente dall’età, ma essendo già ampiamente cominciata la fase 2, e quindi la copertura per gli anziani con Pfizer, le dosi per la fascia dei pazienti fragili scarseggiano. Ad oggi – osserva il referente Uneba – possiamo dire che in Lombardia la campagna sugli operatori socio-sanitari sta procedendo abbastanza speditamente, ma non è terminata, mentre per l’utenza portatrice di disabilità è sì iniziata, ma a macchia di leopardo».
«Pur consapevoli delle difficoltà di questa campagna vaccinale, aggravata dalla presenza ormai diffusa delle varianti, ci rendiamo anche conto che il criterio per stabilire le fasce prioritarie cui destinare il vaccino non può essere meramente anagrafico». E, per quanto riguarda le cifre, si parla di «circa 36mila vaccini da somministrare in Lombardia per quanto riguarda gli utenti delle strutture residenziali – conclude Chiodaroli – mentre arriviamo a 100mila se consideriamo anche i centri diurni».
E si procede a macchia di leopardo anche in un’altra Regione del Nord, il Veneto, come descrive il direttore generale della Fondazione Irpea (Istituti Riuniti Padovani di Educazione e Assistenza) e componente di Uneba Veneto Stefano Rizzo: «La Regione, con la prima stesura del piano vaccinale, aveva stabilito che le singole USL procedessero con la copertura vaccinale di tutti i portatori di disabilità sopra i 18 anni – spiega Rizzo – indipendentemente dai servizi di cui fossero beneficiari, come categoria parificata agli operatori sanitari e agli anziani in ordine di priorità».
«Ad oggi, la Usl di Padova ha completato le vaccinazioni (prima e seconda dose) per quanto riguarda la fascia della disabilità, sia sulle strutture residenziali che sulle comunità alloggio e centri diurni. Nella Usl di Verona, invece – continua Rizzo – si è cominciato a vaccinare i portatori di disabilità solo la settimana scorsa, ci vorrà quindi ancora del tempo. La situazione varia molto a seconda delle singole province: sicuramente a mancare – conclude il dg Irpea – è un coordinamento regionale, oltre che nazionale, sulla questione».
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