Il Presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli usa l’arma della provocazione intervenendo sul tema delle aggressioni ai camici bianchi. E sottolinea: «Lo Stato non difende chi difendendo il diritto alla salute si prende cura del senso stesso dello Stato»
#PicchiateMe. Un hashtag che vale più di mille parole quello usato da Silvestro Scotti, Segretario nazionale della Federazione dei medici di famiglia Fimmg e Presidente dell’Ordine dei Medici di Napoli, in una lettera-provocazione sul tema delle aggressioni ai medici, tornato al centro del dibattito pubblico dopo i gravi casi dei giorni scorsi a Bari, Napoli e Roma.
«A tutti quelli che pensano che sia giusto picchiare un medico che cerca di fare il proprio dovere nei limiti di un’organizzazione che non dipende da lui, di una logistica che non dipende lui, di una condizione di malattia la cui evoluzione – nonostante il suo impegno – non potrà cambiare voglio dare un’occasione: picchiate me!!». Così inizia la missiva, una provocazione ma anche un invito alla riflessione e a ritrovare la calma, ristabilendo un corretto rapporto tra medici e pazienti.
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Scotti, che si rivolge ai pazienti, non usa mezzi termini: «A tutti quelli – prosegue la lettera – che rivolgendosi in una sede di continuità assistenziale (ex guardia medica), e trovando una donna, pensano per questo di essere ‘i più forti’ e la aggrediscono dico: picchiate me!! A tutti quelli che in un pronto soccorso, senza considerare il diritto di assistenza di tutti, penseranno di farsi giustizia da soli senza una prova, senza una possibile difesa, senza una condanna, ma solo certi delle proprie ragioni figlie solo d’ignoranza e asocialità dico: picchiate me!!».
I dati sono sempre più allarmanti. La Fiaso, la Federazione di Asl e ospedali, stima che siano oltre tremila i casi di aggressione l’anno, solo 1.200 denunciati all’Inail. Quelle raccolte dal sindacato degli infermieri Nursing dicono che i più esposti al rischio sono gli addetti al pronto soccorso, con 456 casi l’ultimo anno, seguiti da medici e infermieri che lavorano in corsia (400), mentre le aggressioni negli ambulatori sarebbero state 320. Ma a dover indossare l’elmetto sono soprattutto i medici di continuità assistenziale, le guardie mediche insomma, che sostituiscono i medici di famiglia la notte e nei festivi.
Nella lettera Scotti ricorda che i medici non sono riconosciuti come pubblici ufficiali, una scelta che potrebbe funzionare da deterrente. Poi attacca: «Tutto questo in uno Stato che non difende chi difendendo il diritto alla salute si prende cura del senso stesso dello Stato, come il dovere civile di essere sempre al fianco dei più fragili, gli ammalati. Picchiate me! Così in un atto solo potete dare un messaggio forte a tutti quelli che domani penseranno di affrontare un percorso di studi tra i più lunghi e i più complessi, armati solo dall’idea di poter fare la professione più bella del mondo, per poi scoprire che questa cosa la pensano solo loro e non la società civile per cui si adoperano». Poi l’amara conclusione: «Picchiate me! Anche se forse non sarò l’ultimo, mentre mi starete picchiando, pensate che nel prossimo futuro ce ne saranno sempre di meno a farsi picchiare. Fino al punto di non trovarne nessuno. Allora sì che avrete fatto giustizia, ma di un’unica cosa, del vostro diritto di essere assistiti e curati. E in fondo solo allora capirete che se picchiate me, picchiate voi stessi».