Colacurci (Sigo): «Non abbiamo attualmente sufficienti elementi a disposizione per valutare se tutte le Regioni offriranno un accesso equo alla PMA in convenzione con il SSN. Come Società scientifica ci impegneremo a vigilare sulla corretta applicazione dei Lea e a giugno 2024 potremmo trarre un primo, speriamo positivo, bilancio»
A partire da gennaio 2024 ogni donna in qualunque Regione risieda potrà ricorrere alla procreazione medicalmente assistita (PMA) dietro il pagamento di un ticket. Il sogno di diventare genitori per molte coppie italiane, che finora non hanno potuto accedere alla PMA perché impossibilitati a sostenere la spesa di tasca propria, potrebbe diventare realtà. La svolta è arrivata con l’approvazione, qualche mese fa, del “Decreto Tariffe” Lea (Livelli essenziali di assistenza) che rende di fatto operativi i livelli essenziali di assistenza rinnovati nel 2017.
Ma se tutte le Regioni saranno effettivamente pronte a garantire il servizio è presto per dirlo: «L’approvazione del “Decreto Tariffe” è stato per noi un grande successo – dice Nicola Colacurci, presidente della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo), in un’intervista a Sanità Informazione -. La Sigo, infatti ha partecipato attivamente ai tavoli istituzionali per la definizione delle tariffe. Tuttavia, non abbiamo attualmente sufficienti elementi a disposizione per valutare se tutte le Regioni permetteranno l’acceso alla PMA in convenzione con il SSN senza che emergano diversità territoriali. Ovviamente, come Società scientifica ci impegneremo a vigilare sulla corretta applicazione dei Lea e a giugno 2024 potremmo trarre un primo, speriamo positivo, bilancio»
Anche il ministro della Salute, Orazio Schillaci, nei giorni scorsi aveva sottolineato l’importanza dell’approvazione di questo decreto: «Dopo sei anni di attesa – spiega Schillaci – abbiamo messo fine ad un’iniquità che non era più tollerabile». Stando agli ultimi dati disponibili, nel 2021, dopo la battuta d’arresto registrata durante la pandemia, c’è stata una ripresa dell’applicazione di tutte le tecniche di PMA. In particolare, i cicli di PMA nell’anno 2021 hanno registrato un aumento del 36% rispetto al 2020, le gravidanze del 50% e i bambini nati vivi del 49%.
Come sottolineato dal presidente Sigo «mentre la fecondazione nel pubblico è ostacolata da lunghe liste d’attesa, moltissime coppie si rivolgono al privato spendendo ad oggi, dai 3.500 a 6-7mila euro per una fecondazione omologa e dai 5 ai 9mila euro per una eterologa (ad influenzare il prezzo, in questo caso, la provenienza degli ovociti, che sono quasi sempre importati)». Cifre che evidenziano quanto sia stato determinante l’approvazione del decreto tariffe. Da gennaio, fa sapere il ministero della Salute, «le donne non pagheranno nulla per l’omologa. Per l’eterologa, invece, il costo del ticket sarà deciso dalle singole regioni e potrà essere indicativamente intorno ai 1.500 euro (anche in questo caso il prezzo dipende dall’importazione di gameti)».
«Allo stesso tempo – aggiunge il ministro – è necessario un ulteriore impegno affinché sia garantita a tutte le coppie la possibilità di accedere a strutture e servizi preposti alla tutela della salute riproduttiva. Ciò significa anche garantire una diffusa presenza di strutture consultoriali che nella sanità del Terzo millennio devono essere messe in rete con i Medici di Medicina Generale, le Asl e le strutture ospedaliere. I consultori, che fin dalla loro istituzione hanno assicurato una preziosa presa in carico prima, durante e dopo la gravidanza, rappresentano un presidio indispensabile di salute e un tassello fondamentale nella strategia di sostegno alla natalità». Tutte misure contro quello che lo stesso Schillaci ha definito «inverno demografico», culminato, stando ai più recenti dati Istat, nel 2022, quando per la prima volta dall’Unità d’Italia i nati sono stati meno di 400mila.
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