Come risolvere le diseguaglianze di trattamento tra Regioni? «Precisa applicazione dei LEA, approvazione delle linee guida e diffusione di informazioni non ingannevoli»
La SIRU ha concluso il lavoro di redazione delle Linee guida sull’infertilità che ora sono in fase di approvazione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità. Che cosa cambia sotto il profilo giuridico per gli operatori sanitari che lavorano nel settore della procreazione medicalmente assistita? Eventi come quello accaduto in Moldavia, ossia il decesso di una donna a seguito di una procedura di PMA (dopo il prelievo ovocitario effettuato in anestesia totale), accadono in Italia? Risponde a Sanità Informazione l’avvocato Maria Paola Costantini, coordinatrice dell’Osservatorio giuridico-legale SIRU e componente del gruppo di lavoro delle Linee guida sull’infertilità.
«Innanzitutto – dice Costantini -, occorre precisare che il caso avvenuto in Moldavia non è mai avvenuto in Italia negli ultimi dieci anni e anche prima. Ciò risulta sia dai dati del Registro Nazionale della PMA sia dalla segnalazione degli eventi avversi che tutti i Centri di PMA inviano al Centro Nazionale Trapianti, autorità competente in materia di sicurezza delle procedure di procreazione assistita».
«Il caso però ci interroga su due questioni – prosegue -: la prima è quella dei costi delle procedure. In Italia, ogni regione eroga con proprie modalità le prestazioni prevedendole a carico del sistema regionale sanitario. Ancora oggi le prestazioni incluse nel 2017 nei LEA nazionali non sono state applicate con una situazione di grande discriminazione a seconda delle Regioni di appartenenza. In alcune regioni, come il Piemonte che ha alcune strutture pubbliche ma non il cosiddetto privato convenzionato, ancora oggi l’offerta sanitaria è ridotta ed esistono liste di attesa molto lunghe. Oggettivamente i costi di una fecondazione in vitro possono essere molto alti, e questo spinge le coppie ad andare all’estero dove spesso sono offerti “pacchetti” che sembrano convenienti economicamente. La signora era moldava e quindi per lei era un punto di riferimento. Ma sono tante le coppie che tuttora partono o rinunciano per problemi economici. E la pandemia ha aggravato questa situazione», precisa l’avvocato.
«La seconda questione è che ad oggi non esistono percorsi veri e propri per le coppie, con la condivisione dell’approccio terapeutico anche con altri professionisti sul territorio. La coppia si sente in qualche modo abbandonata e cerca e trova scorciatoie. Ma questa situazione è generata dall’assenza delle Linee guida che indichino gli approcci terapeutici, dando omogeneità e prevedendo una effettiva presa in carico dal primo momento in cui la coppia affronta il proprio progetto di genitorialità» dice Costantini.
«Le linee guida sono anche un ottimo strumento per i sanitari per operare con appropriatezza, insieme alle normative che da tempo prevedono requisiti e verifiche da parte delle autorità nazionali e regionali. Spesso, tuttavia, vengono considerate come un ostacolo all’autonomia del medico. Ma non è così. Le linee guida sono strumenti di indirizzo e lasciano autonomia nella decisione. Ricordiamo sempre che occorre il consenso informato e che il medico è tenuto sulla base della corretta diagnosi sul caso concreto a informare e decidere con la coppia il percorso migliore. Questo è quanto anche le recenti sentenze della Corte di Cassazione hanno stabilito facendo riferimento alla Legge Gelli. Il medico deve seguire le raccomandazioni e può discostarsi dopo aver inquadrato per bene la situazione della coppia (dell’uomo e della donna) e motivando la scelta più appropriata».
«Nelle Linee guida in approvazione si pone attenzione anche su un punto fondamentale e che ci riporta a una terza questione: le coppie spesso sono portate a intraprendere percorsi inutili, non efficaci. Sono bombardate da informazioni ingannevoli che trovano su internet e a volte sono veicolate dagli stessi sanitari. Si pensi alla cosiddetta “Fiera del Bebè” di Parigi in cui non si parla di scienza e di medicina ma si configura come la pubblicità su procedure non appropriate e corrette. Con le Linee guida sarà più chiaro che cosa è possibile e appropriato. Sono infatti costruite sulle evidenze scientifiche e su prove rigorose».
«Il messaggio che vorrei dare è di essere attenti. I casi di responsabilità professionale nascono dalla carenza di attenzione, dall’inappropriatezza delle procedure, dalle informazioni non corrette e da un percorso non personalizzato. Occorre – conclude l’avvocato – che le persone e i sanitari promuovano su questo una grande alleanza».
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