L’intelligenza artificiale sempre più evoluta anche per l’applicazione nella fecondazione assistita, ma serviranno altri studi per andare verso l’utilizzo clinico di routine
Dare la corretta priorità agli embrioni prodotti attraverso un ciclo di Procreazione medicalmente assistita (PMA) e destinati al trasferimento nell’utero materno significa contribuire a ridurre il tempo necessario per ottenere la nascita di un bambino. Sono gli embriologi che se ne occupano all’interno dei laboratori dei centri specializzati in riproduzione umana: ma gli strumenti di intelligenza artificiale (AI), conferma uno studio del gruppo Genera presentato al 40° Congresso della Società europea di Medicina della riproduzione ed embriologia (ESHRE) in corso ad Amsterdam, sono oggi in grado di eguagliare occhio ed esperienza degli operatori umani. “La morfologia e il ritmo di sviluppo dell’embrione – afferma Danilo Cimadomo, responsabile Ricerca del gruppo Genera – sono associati alla competenza cromosomica e riproduttiva, ma la loro valutazione rimane soggettiva e poco riproducibile. L’introduzione di incubatori che consentono di filmare gli embrioni in vitro (tecnologia Time-Lapse) ha fornito preziose informazioni sul loro sviluppo preimpianto, ma non ha migliorato la riproducibilità del giudizio dell’occhio umano, quello degli esperti embriologi che nei laboratori studiano e classificano gli embrioni a seconda della loro morfologia. A oggi, infatti, il test genetico pre-impianto (PGT) è ancora l’indicatore più attendibile e validato per predire la capacità dell’embrione di dare luogo a una gravidanza”.
I nuovi modelli di intelligenza artificiale integrati con time-lapse fanno però ipotizzare che sia concreta la possibilità di arrivare ad automatizzare e standardizzare le valutazioni. Per il nuovo studio è stata eseguita un’analisi retrospettiva in cieco di 786 cicli di PGT e 2.184 blastocisti. Sono stati confrontati un approccio di valutazione standard, un approccio di valutazione con time-lapse e un approccio di valutazione mediante intelligenza artificiale. Ebbene l’intelligenza artificiale e le classificazioni tradizionali hanno dato la priorità agli embrioni euploidi con prestazioni comparabili. “Attualmente gli strumenti di intelligenza artificiale – prosegue Cimadomo – sono oggetto di studio per valutare se possano prevedere in modo non invasivo l’euploidia (lo stato di salute a livello cromosomico) degli embrioni, ma prima di poterli utilizzare in clinica a tal fine avremo bisogno di ulteriori analisi. Soprattutto, se un centro applica quotidianamente il test genetico pre-impianto, che è il miglior indicatore di competenza embrionale, non credo sia così prossimo il momento in cui esso possa essere sostituito da uno strumento di AI. Vedo più probabile, a breve termine, una cooperazione delle due tecnologie nella predizione dell’impianto embrionale”.
Un ulteriore studio del gruppo Genera in collaborazione con due banche di ovociti (Ginefiv e Ginemed), ha inoltre validato in maniera preliminare un test basato sull’intelligenza artificiale per valutare la qualità morfologica di ovociti freschi ottenuti da donatrici e predirne lo sviluppo a blastocisti, cioè la loro capacità, dopo fecondazione, di dar luogo a un embrione all’ultimo stadio di sviluppo possibile prima del trasferimento in utero. Ad oggi, infatti, per massimizzare il successo nei trattamenti di fecondazione assistita con donazione di ovociti ci si basa esclusivamente sul loro numero. Il tool oggetto di studio da parte del gruppo Genera potrebbe fornire informazioni importanti anche sulla loro qualità.
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