Il Decreto che ha avuto il via libera dalla Regioni definisce sia il contributo per l’accesso alle prestazioni di cura e diagnosi dell’infertilità sia la ripartizione del Fondo di 5 milioni per il sostegno alle tecniche di PMA. Per la SIRU è ancora troppo poco: «Il punto fondamentale rimane l’applicazione dei LEA che sono già nel nomenclatore dal 2017»
Una piccola, buona notizia giunge dalla Conferenza delle Regioni per le coppie che vogliono ricorrere alle tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita: i rappresentanti delle Regioni hanno dato parere favorevole allo schema di Decreto ministeriale che, in attuazione a quanto previsto dalla Legge di Bilancio 2021, definisce sia il contributo per l’accesso alle prestazioni di cura e diagnosi dell’infertilità sia la ripartizione del Fondo di 5 milioni per il sostegno alle tecniche di PMA (fondi che saranno a disposizione anche nel 2022 e nel 2023).
Un aiuto per le coppie con problemi di fertilità, soprattutto per quelle residenti in Regioni dove tali prestazioni non sono ancora inserite nei LEA e che oggi sono spesso costrette a lunghi viaggia per coronare il sogno di maternità. Troppo pochi per la SIRU (Società Italiana della Riproduzione Umana) presieduta da Antonino Guglielmino: «È sicuramente un segnale di attenzione al problema che stanno vivendo tante coppie – spiega Guglielmino a Sanità Informazione – ma il punto fondamentale rimane l’applicazione dei LEA che sono già nel nomenclatore dal 2017. Il riconoscimento deve essere permanente e completo. Per fare un esempio, con questo fondo il finanziamento che toccherà alla Sicilia è davvero troppo poco: su circa 4mila cicli all’anno, quelli che possono essere coperti sono circa 190».
Il Fondo era stato implementato in Legge di Bilancio grazie agli emendamenti di Stefania Mammì, deputata del Movimento Cinque Stelle da sempre attiva sul tema, tanto da fondare un intergruppo parlamentare sulla PMA che ha visto l’adesione di una ventina di parlamentari di tutte le forze politiche. Non è sufficiente ma è comunque qualcosa – spiega Mammì a Sanità Informazione -. Cinque milioni di euro all’anno sono pochi e non coprono tutte le esigenze. Però è anche vero che intanto il Fondo esiste e speriamo di poterlo presto incrementare. In questa situazione di crisi, con l’emergenza Covid, era difficile ottenere di più. Da settembre riprenderemo le attività dell’intergruppo parlamentare, ci incontreremo con più frequenza e convocheremo per delle audizioni tutti i professionisti che si occupano del tema».
Sulla PMA è attivo anche il Tavolo tecnico per la ricerca e formazione nella prevenzione e cura dell’infertilità, voluto dal sottosegretario Pierpaolo Sileri. Il Tavolo riunisce esperti clinici e accademici, rappresentanti istituzionali e delle società scientifiche, per garantire un approccio multidisciplinare e specifico sulle diverse tematiche che ruotano intorno all’infertilità, nonché alla procreazione medicalmente assistita.
«Purtroppo, è urgente intervenire sul tema perché oggi la situazione è un po’ da far west – conclude Mammì -. Ad esempio, c’è il tema del limite di età: in Lombardia il è 49 anni, in Toscana 45 anni, ecc. Ogni regione si fa le regole per conto suo. È assurdo che non ci sia una linea comune su un trattamento che comunque è medico. Parliamo di un problema che ormai riguarda tantissime coppie. Ho fatto un giro all’ospedale Niguarda di Milano su iniziativa della SIRU e abbiamo trovato tante coppie anche di 22 anni che avevano bisogno di questi trattamenti. Il problema è molto più sentito di quanto non si possa pensare».
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