Il Meyer di Firenze segnala l’impennata: “Da febbraio 50 infezioni, negli ultimi quattro anni erano stati casi molto rari. Ricovero necessario in metà delle polmoniti da micoplasma”
Le polmoniti causate dal batterio Mycoplasma pneumoniae sono in aumento. Il sistema di sorveglianza attivato dal Laboratorio di Immunologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria Meyer Irccs di Firenze ha rilevato un’impennata di questa malattia. Da febbraio a oggi sono state riscontrate 50 infezioni: una a gennaio, 4 a febbraio, 6 a marzo, 9 ad aprile, 12 a maggio e 19 ad oggi nel mese di giugno. Negli ultimi quattro anni i casi erano stati molto rari: per trovarne un numero cospicuo, è necessario andare a ritroso fino al 2019. Al momento il trend è ancora in crescita. E tra i pazienti colpiti, circa il 50% necessita di un ricovero.
“Il micoplasma – spiegano dal Meyer – può colpire a qualunque età, ma è più evidente nei bambini e negli adolescenti. Provoca per lo più polmonite, che si manifesta con febbre e tosse secca persistente. Normalmente la polmonite da Mycoplasma pneumoniae è meno grave di quella provocata da germi conosciuti per essere più invasivi, come lo pneumococco. Talvolta, però, anche il micoplasma può causare complicanze gravi come anemia emolitica, o infiammazioni del cuore e del cervello. È importante una diagnosi corretta e rapida, perché la malattia deve essere curata con antibiotici specifici; non tutti gli antibiotici, infatti, sono efficaci contro questo germe. La diagnosi si può fare rapidamente con metodiche molecolari specifiche su tampone faringeo. E quello che fa il Meyer per i suoi piccoli pazienti, ricercando la presenza di Mycoplasma pneumoniae e molti altri patogeni respiratori”. Da tempo l’ospedale pediatrico fiorentino dispone di un sistema di sorveglianza attiva che cerca con attenzione la causa di tutte le malattie infettive circolanti, non solo quelle note per circolare comunemente, ma anche quelle più rare, quelle che non ci aspetteremmo. I risultati sono utilizzati immediatamente per fare le scelte più corrette: sia quelle cliniche, indirizzate al singolo paziente, sia quelle di sanità pubblica, rivolte a tutta la popolazione.
“Individuare prontamente i casi è fondamentale – afferma Chiara Azzari, responsabile del Laboratorio di Immunologia del Meyer -. Immaginiamo ad esempio quanto sia importante sapere che un bambino ha la pertosse: non è soltanto per dare al piccolo la giusta terapia antibiotica, ma è anche per consigliare ai genitori di tenerlo lontano” per esempio “da una sorellina appena nata. Sappiamo bene infatti che la pertosse può essere mortale in bambini sotto l’anno di vita. È sufficiente essere piccoli per correre questo grave rischio, non importa avere patologie concomitanti. La diagnosi rapida e la sorveglianza ‘accanto al letto del paziente’ significano quindi anche casi gravi evitati, bambini salvati”. Classicamente, sottolineano gli esperti, “il concetto di sorveglianza si associa a una revisione dei dati del passato, a un conteggio del numero di casi di malattie infettive. Si pensa a dati accumulati nei registri, utili per stabilire strategie nel futuro. Questo è certamente vero e molto importante, ma è solo una delle potenzialità che la sorveglianza può offrirci. Per essere davvero efficace, la sorveglianza deve avere anche un’altra missione, deve essere capace di fotografare la situazione in tempo reale, in modo da sapere giorno per giorno quali sono i germi che ‘girano’ in quel dato territorio. Questo nuovo modo di utilizzare la sorveglianza permette di riorganizzare gli ospedali e predisporli in tempo reale al momento dell’inizio di un’epidemia dovuta a qualunque germe, per accogliere e separare immediatamente i percorsi di pazienti con quella malattia infettiva”, sottolineano gli specialisti dell’ospedale fiorentino.
“Attuando nel concreto questa precisa strategia – continua Azzari – nel nostro ospedale siamo riusciti a contrastare attivamente l’epidemia di virus respiratorio sinciziale (Rsv ) che abbiamo avuto nelle scorse stagioni. Ai primi segnali, il nostro Laboratorio di Immunologia che effettua la sorveglianza per le malattie infettive pediatriche ha allertato la direzione aziendale che si è attivata immediatamente, in tempo reale, con percorsi dedicati. Grazie all’utilizzo ‘bedside’ della sorveglianza siamo riusciti non solo a riorganizzare prontamente l’attività dell’ospedale, ma anche a prevenire un numero molto elevato di contagi intraospedalieri che inevitabilmente, nel caso fossero coinvolti bambini piccoli, si sarebbero tradotti in casi gravi. Il laboratorio in questo modo è diventato un attore fondamentale non solo nella diagnostica, ma anche nella prevenzione di nuovi casi. Un utilizzo moderno e diffuso della sorveglianza, in questa accezione e con questo approccio innovativo, può farci prendere decisioni quotidiane, oggi per oggi – conclude la specialista -, in grado di cambiare in meglio la salute dei nostri pazienti”.
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