Salute 5 Luglio 2022 10:05

Porpora trombotica trombocitopenica: disparità regionali, diagnosi e monitoraggio a rilento

Le storie e i bisogni dei pazienti raccontati in un convegno. L’Associazione ANPTT e i clinici di riferimento chiedono che il test indispensabile alla diagnosi e al monitoraggio della patologia sia inserito nei LEA: «La richiesta è stata fatta, fiduciosi che avvenga prima della fine della legislatura». La Sen. Paola Binetti ha depositato un disegno di legge per istituire una Giornata Nazionale dedicata

Porpora trombotica trombocitopenica: disparità regionali, diagnosi e monitoraggio a rilento

La porpora trombotica trombocitopenica (TTP) non è solo una patologia dal nome difficile, ma è anche ultra-rara. L’incidenza della sua forma acquisita (aTTP), di origine autoimmune, che corrisponde al 95% dei casi totali, è di circa 1,2 – 6 casi per milione di persone per anno e nel nostro Paese si stima che si verifichino circa 200 nuovi casi ogni anno.

Ciò che è peggio è che, pur essendo potenzialmente mortale, cosa che accade in circa il 20% dei casi, e certamente invalidante, chi ne è affetto non viene ancora seguito in tutta Italia in aderenza con le recenti linee guida prodotte nel 2021.

La diagnosi può arrivare in ritardo, ma anche il follow up può essere carente e soprattutto diverso da regione a regione, con esiti impattanti sulla salute e sulla qualità della vita. Sia di chi sviluppa questa patologia sia su chi se ne prende cura – i caregiver – che spesso sono i coniugi e in alcuni casi anche i figli o addirittura i genitori anziani. L’età di insorgenza della patologia, infatti, è mediamente intorno ai 20-30 anni per le donne, che vengono colpite 3 volte più dei maschi, e ai 50-60 anni per gli uomini. L’impatto è forte su tutti i fronti, non solo sulla salute ma anche sulla vita sociale, affettiva, familiare e lavorativa. Tutto questo, inevitabilmente, va anche a generare una serie di spese e/o di diminuzione del reddito, che aggravano ulteriormente tutte le problematiche citate.

Di questi temi si è parlato questa mattina a Roma nel corso di un evento promosso dall’Associazione Nazionale Porpora Trombotica Trombocitopenica Onlus (ANPTT)  in partnership con Sanofi e in collaborazione con Osservatorio Malattie Rare.

Il convegno è stata l’occasione per richiamare l’attenzione sulla patologia e, in modo particolare, sulle due principali richieste formulate dall’associazione ANPPT, presieduta da Massimo Chiaramonte: istituire una Giornata Nazionale dedicata alla patologia e vedere finalmente inserito il Test ADAMTS13, utile alla diagnosi e al follow up, tra quelli inclusi nei LEA e quindi rimborsati dal SSN in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, anche in esecuzione delle linee guida italiane sulla patologia definite nel 2021 su incarico dell’Istituto Superiore di Sanità.

Della prima richiesta si è fatta carico in modo particolare la Senatrice Paola Binetti, Presidente dell’Intergruppo Parlamentare per le Malattie Rare, che proprio nei giorni scorsi ha depositato un disegno di legge che contiene l’istituzione della Giornata Nazionale. “La sensibilità sulle malattie rare è certamene cresciuta negli ultimi anni – ha detto la Sen. Paola Binetti – ma siamo ancora ben lontani dall’attenzione riservata a patologie più note e più diffuse. Per questo ho chiesto che venisse istituita una Giornata Nazionale dedicata alla porpora trombotica trombocitopenica. Apparentemente si tratta solo di un fatto simbolico, e in parte lo è, ma i simboli hanno il loro valore, ci ricordano che non dobbiamo dimenticare, che dobbiamo parlarne e che le istituzioni tutte, a ogni livello, hanno il dovere di fare ogni cosa possibile per soddisfare gli altri bisogni non ancora soddisfatti di chi ne è affetto, anche se sono pochi, perché tutti i cittadini hanno pari diritti e da nessuna parte è scritto che i diritti siano vincolati alla numerosità”.

“Vivere con questa patologia per molti pazienti significa convivere con la paura – ha spiegato il Presidente dell’associazione ANPTT Onlus, Massimo Chiaramonte – della morte, perché il 20% è davvero un tasso di mortalità ancora molto alto, e che potrebbe essere ridotto con una corretta gestione, ma anche paura delle disabilità che si accumulano, sgomento che la perdita di memoria causata dagli eventi trombotici peggiori, ci precluda il lavoro, che pesi sempre più sui nostri familiari. E mentre perdi terreno sul lavoro le spese aumentano, e si aggiunge il panico di non farcela a vivere, a curarsi, a fare i viaggi verso i centri di riferimento: perché purtroppo a noi pazienti a causa del federalismo sanitario è chiesto di spostarci molto, perché solo in alcune regioni è possibile avere il Test ADAMTS13 gratuitamente e in tempi adeguati. Non tutti però hanno le stesse disponibilità economiche e c’è chi è costretto a rinunciare al proprio diritto alla salute”.

La porpora trombotica trombocitopenica è causata da un’anomala attivazione del sistema immunitario, che a un certo punto rivolge impropriamente i suoi attacchi contro un enzima preposto alla regolazione della coagulazione. Di conseguenza, le piastrine finiscono per riunirsi in aggregati che, soprattutto all’interno dei vasi sanguigni di ridotte dimensioni, formano dei micro-trombi i quali, a loro volta, ostacolano il flusso dei globuli rossi, provocandone l’emolisi (ossia, in pratica, la distruzione). Questi micro-trombi possono colpire ovunque, anche il sistema nervoso centrale, il cuore, i reni, danneggiandoli anche gravemente. I sintomi del danno in corso possono andare da una lieve cefalea al dolore agli arti e alle articolazioni, da astenia e debolezza fino a manifestazioni che possono crescere d’intensità portando a paresi parziali, dolori addominali, nausee e crisi comiziali, per arrivare a quadri severi con rischio di scompenso cardiaco, insufficienza renale e coma.

Nel momento in cui si verifica il primo evento acuto il sospetto diagnostico dovrebbe essere posto dai medici di urgenza o dall’ematologo, ma per la conferma diagnostica occorre eseguire uno specifico test, il dosaggio dell’attività dell’enzima ADAMTS13, che ancora oggi in Italia viene eseguito in pochissimi centri e che non è incluso nei LEA.

Porpora trombotica trombocitopenica acquisita, il test salvavita non è ancora stato inserito nei LEA

Presentati i dati raccolti da un’indagine realizzata da IQVIA per Sanofi

“La porpora trombotica trombocitopenica è una malattia molto rara e al tempo stesso molto grave. Se fino a qualche anno fa era davvero difficile una gestione efficace, e come uniche armi avevamo plasmaferesi e immunosoppressori, inefficaci nel 10-20% dei pazienti, oggi abbiamo nuove terapie mirate, più efficaci. Il primo passo però è una diagnosi certa, con il Test ADAMTS13, e a volte ci perdiamo già qui. Oggi che abbiamo queste opportunità e che questi percorsi sono anche stati cristallizzati nelle linee guida nazionali prodotte nel 2021, una mortalità del 20% non è assolutamente più accettabile così come non lo è la perdita di memoria a cui vanno incontro questi pazienti e tutti gli altri danni d’organo”, ha affermato la Professoressa Flora Peyvandi, Direttore UOC Ematologia non Tumorale e Coagulopatie, Fondazione Irccs Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.

“Nella porpora trombotica trombocitopenica i trombi si formano soprattutto nella piccola circolazione, ad esempio nel cervello, provocando talora sintomi lievi aspecifici come cefalea o a volte sintomi più importanti come alterazione dello stato di coscienza, perdita delle funzioni sensoriali e di movimento, fino alle convulsioni e al coma – ha dichiarato la Professoressa Luana Fianchi, U.O.C. Ematologia Geriatrica ed Emopatie Rare, Policlinico Agostino Gemelli di Roma, al convegno sulla patologia promosso questa mattina a Roma dall’Associazione Nazionale Porpora Trombotica Trombocitopenica Onlus (ANPTT) in partnership con Sanofi e in collaborazione con Osservatorio Malattie Rare – Quanti lavorano in pronto soccorso o in medicina di urgenza, che sono i luoghi dove più spesso arriva il paziente che non ha una diagnosi, dovrebbero conoscere la patologia così da farsi venire il sospetto e quindi suggerire gli esami di accertamento che permettano al paziente di ricevere quanto prima una diagnosi. Le linee guida della SIE-Società Italia di Ematologia indicano chiaramente quali sono gli esami di laboratorio da effettuare in caso di sospetto, e laddove ci sia anemia, riduzione delle piastrine e il riscontro di schistociti bisognerebbe procedere con la conferma diagnostica attraverso il dosaggio dell’attività dell’enzima ADAMTS13, ridotta al di sotto del 10% in caso di malattia, e il riscontro degli anticorpi anti-ADAMTS13. Purtroppo, la possibilità di eseguire il test è limitata a pochissimi centri in Italia e ciò rappresenta un problema da superare”. Il principale motivo della carenza di centri che effettuano questo test è da individuarsi nel fatto che questo non è ancora nell’elenco delle prestazioni coperte dai LEA.

Le linee guida

E a proposito delle linee guida della SIE-Società Italiana di Ematologia – comprese nel  Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG), unico punto di accesso di linee guida per operatori del SSN e realizzate con standard metodologici rigorosi e approvati, caratterizzate da valore medico legale secondo la legge Bianco-Gelli – approvate nel marzo 2021, al convegno è intervenuto il Professore Emanuele Angelucci, Vice Presidente della SIE e Direttore U.O. Ematologia e Terapie Cellulari, I.R.C.C.S. Ospedale Policlinico San Martino di Genova che ha spiegato come l’approvazione della prima terapia specifica per le forme acquisite ha reso necessario un aggiornamento delle raccomandazioni diagnostico-terapeutiche: “Per tantissimo tempo è stato possibile trattare queste persone in urgenza solo con plasmaferesi in associazione alla terapia immunosoppressiva utilizzata con la legge 648/1996. Con l’arrivo due anni fa di una terapia mirata per la porpora trombotica trombocitopenica acquisita, un anticorpo che inibisce il legame tra le piastrine e il fattore di Von Willebrand, è stato necessario definire le linee guida, aggiungendo anche la possibilità di questa terapia, che però è vincolata al fatto di riuscire ad avere i risultati del dosaggio di ADAMTS13 entro 72 ore, cosa che purtroppo è possibile per ora solo in pochi centri: scaduto questo tempo senza che arrivi conferma della diagnosi il farmaco deve essere sospeso. Se invece c’è la conferma, questo anticorpo sarà somministrato giornalmente per tutta la durata della plasmaferesi e anche nei 30 giorni successivi, e questo consente di ridurre il rischio di danno d’organo”.

Il dosaggio di ADAMTS13

“Il dosaggio di ADAMTS13 è fondamentale per la diagnosi e per cominciare il trattamento d’urgenza secondo le nuove opportunità terapeutiche, ma continua poi ad essere un passaggio fondamentale anche nella fase di follow up dove dobbiamo assicurarci che la malattia sia sotto controllo per ridurre al massimo il rischio di nuovi eventi trombotici – ha affermato la Professoressa Elvira Grandone, Responsabile U.O.S.D. “Emostasi e Trombosi”, I.R.C.C.S. “Casa Sollievo della Sofferenza”, San Giovanni Rotondo e Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi di Foggia – I pazienti con aTTP già in terapia devono infatti essere monitorati nel tempo con dosaggi periodici, e questo sarebbe un loro diritto, che però non è garantito in modo omogeneo in tutto il paese perché dipende molto dall’avere o meno vicino un centro che lo esegua”.

Il test insomma è fondamentale, lo dicono gli esperti ed è scritto nelle linee guida del 2021, e i pazienti lo sperimentano sulla propria salute. Eppure, la diffusione di questo test in Italia è a macchia di leopardo e costringe le persone e i loro caregiver a una mobilità sanitaria di cui farebbero volentieri a meno, che grava sulle loro tasche oltre che sulla qualità di vita. Per conoscere bene la situazione e avere una fotografia esatta delle differenti situazioni regionali, IQVIA ha realizzato una indagine a cui hanno partecipato 74 persone con aTTP che hanno una storia di episodi acuti distribuiti in tutta Italia, i cui risultati sono stati presentati nel corso dell’evento odierno. “Il 49% delle persone intervistate ha avuto più episodi acuti nel corso della vita, il 70% ha avuto una ricaduta entro due anni (31% entro i primi 12 mesi) dal primo episodio – ha detto Isabella Cecchini, Senior Principal Head of Primary Market Research, IQVIA Italia – Il 20% di queste persone è seguito da un centro fuori regione ed è costretto a spostarsi ogni 4 o 6 mesi percorrendo mediamente 700 km per recarsi alle visite di controllo (la metà di loro anche più di 1.000 km). Il 91% ha effettuato il Test ADAMTS13 almeno una volta, ma il 20% lo ha eseguito solo in occasione di episodi acuti e non come strumento per il monitoraggio. Lunghi i tempi di attesa del referto del test: mediamente 26 giorni, fino a 41 giorni se fatto fuori regione. Inoltre, alcuni pazienti riportano di aver sostenuto non solo il costo del test ma anche quelli relativi alla spedizione dei campioni (spendendo fino a 250 euro). La maggior parte dei pazienti (78%) riferisce che la paura delle ricadute li accompagna costantemente e la preoccupazione è ancora maggiore in chi non viene monitorato regolarmente con il Test ADAMTS13”.

Necessario inserire Test ADAMTS13 nei LEA

Il perché di questa diversa possibilità di accesso al test è da ricercare nel fatto che questa prestazione non è stata ancora inserita nei LEA. “All’inizio dell’anno – ha raccontato il Presidente dell’associazione ANPTT Onlus, Massimo Chiaramonte – abbiamo presentato la richiesta ufficiale di inserimento del Test ADAMTS13 nei LEA. Non è dato sapere quale sia l’esito dell’esame svolto dalla Commissione LEA. Ci auguriamo che il parere intanto sia stato favorevole, ma siamo anche consapevoli che per ora l’aggiornamento, e la stessa entrata in vigore dei LEA del 2017, è bloccata a causa di un mancato accordo tra Governo e Regioni. Questo vuol dire che, anche a fronte di un auspicabile parere favorevole che viste le evidenze portate speriamo di avere, le persone con aTTP dovranno aspettare ancora chissà quanto per veder riconosciuto il diritto a fare un test salvavita alle stesse condizioni in tutte le regioni. Dovremo continuare a viaggiare, a trasferirci addirittura, o a rinunciare alle cure se questo non è sostenibile. E ciò non è accettabile, per questo auspichiamo che le istituzioni possano aiutarci a trovare il prima possibile una soluzione che ci garantisce di raggiungere il livello ottimale delle cure e quindi migliorare la nostra qualità di vita, liberandoci almeno in parte dalla paura costante che ci accompagna”.

 

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