Gli effetti dannosi di un’esposizione prematura all’eccesso di ossigeno, definita iperossia, nei neonati pretermine possono essere neutralizzati con una stimolazione farmacologica del recettore β3-adrenergico, visto il suo ruolo indispensabile durante la vita intrauterina. Il recettore β3-adrenergico all’interno dell’utero, infatti, permette al feto di vascolarizzarsi, adattarsi e sopravvivere in ambiente fortemente scarso di ossigeno (ipossia). A svelarne le sue potenzialità sono stati gli studiosi di un gruppo multidisciplinare di ricerca dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana (Aoup) e l’università di Pisa (Unipi), insieme all’Università di Firenze e l’Irccs Meyer, pubblicato sulla rivista di farmacologia Medicinal Research Review. “Nel lavoro – spiegano i ricercatori dell’Ateneo pisano – viene illustrata non solo una nuova interpretazione dei meccanismi che portano i neonati pretermine a sviluppare alcune caratteristiche malattie, ma anche una specifica strategia terapeutica che potrebbe indurre in loro un virtuale riavvicinamento all’utero materno e, dunque, ricreare le condizioni favorevoli a uno sviluppo fisiologico anche dopo un parto prematuro”.
Oggi, in Italia la percentuale dei bambini nati pretermine varia tra il 7 e il 10% del totale dei neonati. Ogni anno nel nostro Paese nascono prima del termine tra i 25 e i 30mila piccoli, circa un bambino su 10, la maggior parte non gravemente prematuri (i cosiddetti ‘“late preterm’), mentre sono circa lo 0.9-1% i nati ‘molto’ o ‘estremamente’ pretermine. “La prematurità – spiega la Prof.ssa Elisa Fazzi, Presidente SINPIA e Direttore della U.O. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ASST Spedali Civili e Università di Brescia – è una condizione che può comportare un aumento del rischio di sviluppare oltre alla Paralisi cerebrale infantile spesso associata a deficit sensoriali, in particolare visivi e cognitivi di varia entità, disturbi del neurosviluppo, tra cui disturbi dell’apprendimento, del linguaggio e del comportamento, fino ai quadri di disturbo dello spettro autistico o di deficit di attenzione e/o iperattività spesso in comorbidità. L’intervento precoce, che si fonda su strategie di intervento centrate sulla famiglia e sull’arricchimento ambientale, può essere iniziato già nelle prime settimane di vita e può includere interventi di tipo riabilitativo, ma anche di sostegno alla genitorialità con interventi educativi, psicologici e sociali”.
Il benessere fetale “è strettamente legato all’ambiente dinamicamente ipossico. La nascita prematura comporta l’esposizione precoce del feto immaturo a un ambiente più ricco di ossigeno rispetto all’utero. Di conseguenza, i neonati prematuri affrontano una condizione di relativa iperossia, che altera lo sviluppo postnatale degli organi e contribuisce alle malattie legate alla prematurità”. Fino a qualche tempo fa era poco chiaro il meccanismo molecolare attraverso cui l’elevata tensione di ossigeno alterasse la normale differenziazione fetale”. Il nuovo studio, continuano i ricercatori “oltre a dimostrare che l’esposizione precoce ad un ambiente relativamente iperossico possa compromettere i nati pretermine a causa della ridotta espressione del β3-adrenorecettore, suggerisce l’ipotesi che i disturbi conseguenti alla nascita prematura possano essere contrastati o persino prevenuti proprio attraverso la stimolazione farmacologica dei rimanenti β3-adrenorecettori, creando – concludono – una sorta di placenta artificiale farmacologica”.
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