Solo un paziente oncologico su dieci, con indicazione di impianto di una protesi peniena, può accedere alla prestazione che, secondo la SIA, deve essere inserita nei LEA. Tra i temi discussi nella giornata nazionale dell’andrologia anche la prevenzione e la necessità di estese attività formative e informative rivolte ai giovani
Le patologie andrologiche sono molto eterogenee e diffuse tra i soggetti di tutte le età, spaziando da patologie congenite (si pensi alle malformazioni dell’uretra o alla fimosi) ai sempre più frequenti casi di infertilità o ipo-fertilità da fattore maschile, fino al complesso universo delle disfunzioni sessuali.
Sono patologie ancora oggi poco conosciute dalla popolazione e purtroppo, laddove sarebbe indispensabile una cultura diffusa, ancora oggi molti uomini di tutte le età provano vergogna a parlare con il medico dei problemi dell’apparato genitale, non conoscono lo specialista di riferimento e cercano informazioni nel web, dove sono presenti numerose fonti di scarsa qualità e dubbia provenienza.
Per far fronte alle esigenze informative in campo andrologico la Società Italiana di Andrologia ha attivato e presentato alla Camera dei Deputati (il 21 novembre scorso, Giornata nazionale dell’Andrologia) il servizio di pubblica utilità INFOPOINT@ANDROLOGIAITALIANA.IT per ricevere informazioni gratuite sul benessere maschile.
La Società Italiana di Andrologia – ha sottolineato il Presidente della SIA Alessandro Palmieri – da oltre 23 anni porta avanti campagne di prevenzione verso i giovani, prima con visite gratuite (circa 30mila fino al 2013) e poi con progetti d’informazione ed educazione. Ma al centro della nostra azione informativa e di prevenzione ci sono tutte le età, dai giovani adolescenti, agli adulti in età fertile, sino ai più anziani o a chi ha patologie croniche o comorbidità anche di carattere oncologico. In questo senso – ha quindi ricordato Palmieri – va la nostra reiterata richiesta alle istituzioni (rinnovata anche ai Deputati che abbiamo incontrato il 21 novembre) di inserire nei Lea l’implantologia delle protesi peniene per chi ha la necessità (non certo voluttuaria) e l’indicazione di ricorrere all’implantologia protesica”.
Nella cornice istituzionale della Camera dei Deputati, “abbiamo trattato tutti questi argomenti che per noi sono al centro sia della vita scientifica sia della vita politica dell’Associazione – ha quindi ricordato Ilaria Ortensi del Comitato Esecutivo della SIA – e che possiamo racchiudere in due concetti di fondo: lotta alla denatalità e prevenzione. Strategie di azione propedeutica a favore di tutte quelle coppie che sono in cerca di un figlio ma anche per giovani e meno giovani alle prese con patologie prevenibili da un lato e precocemente o appropriatamente trattabili dall’altro”.
“L’Andrologo – ha quindi concluso Chiara Polito, Delegata alla Formazione Medico Scientifica della SIA – ha un ruolo fondamentale nella prevenzione, nell’educazione e nel trattamento dei giovani ma altrettanto fondamentale è il ruolo nella riabilitazione sessuale andrologica. Dopo tutti gli interventi che comportano inevitabilmente una disfunzione erettile più o meno transitoria, come per esempio l’asportazione completa della prostata per tumore prostatico, l’andrologo prende in carico il paziente facendosi carico anche di tutte quelle che sono le conseguenze funzionali dell’intervento chirurgico che incidono profondamente nella qualità di vita. Oggi abbiamo grandi possibilità in termini di diagnosi precoce del tumore prostatico e quindi grandi possibilità di avere una vita lunga libera da malattia. Laddove, però, la riabilitazione andrologica effettuata con farmaci non ha più efficacia, spesso l’unica soluzione rimane quella dell’intervento di protesi peniena. Ma, in Italia, questo risulta essere ancora una grossa problematica. Non tutti i centri in Italia erogano questa prestazione. Le liste d’attesa sono molto lunghe, anche addirittura due anni, e la Società italiana di andrologia si è spesa più volte in passato per cercare di porre l’attenzione e risvegliare l’attenzione su questa problematica. Se oggi la protesi mammaria fa parte integrante della terapia per il tumore del seno e la donna riesce ad avere una qualità di vita eccellente con il ripristino della sua immagine corporea, purtroppo non accade la stessa cosa per l’uomo che con enorme fatica riesce a riconquistare la sua identità simbolica maschile”.
Ogni anno in Italia sono circa 20mila gli uomini che sono sottoposti a prostatectomia radicale. Di questi circa la metà va incontro a disfunzione erettile e ogni anno 3mila di loro ricevono l’indicazione al posizionamento di una protesi peniena. Ma – sottolinea ancora Polito – ogni anno sono solo 400 le protesi che vengono impiantate e non in maniera omogenea sul territorio nazionale”. Il 75% dei centri che impianta protesi si trova nel Nord, il 25% e nel Sud ci sono alcune regioni dove questa prestazione non viene assolutamente erogata. Il risultato è che solo un uomo su dieci, parliamo di un uomo con patologia oncologica, può accedere con il sistema sanitario nazionale a strutture convenzionate per il posizionamento di una protesi peniena.