Il direttore della Cardiologia all’Ospedale Manzoni di Lecco traccia il quadro delle attività di prevenzione su ipertensione, ipercolesterolemia, diabete e malattie del cuore: «Sull’ipertensione arteriosa è importante andare avanti nella terapia con degli obiettivi pressori che non sono molto diversi da quelli del soggetto più giovane»
La prevenzione non è utile solo per i pazienti giovani ma può essere decisiva anche per i pazienti anziani. E, nel caso delle malattie cardiovascolari come la fibrillazione atriale, svolgere una attività fisica anche moderata ma regolare può fare la differenza. Questo è uno dei temi affrontati nel convegno “Presa in carico assistenziale e terapeutica del paziente anziano”, organizzato da Onda – Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere e Daiichi Sankyo Italia. «Pensare che l’anziano debba stare seduto in poltrona a vedere la televisione o fare una vita a riposo spesso non serve a molto. Bisogna lasciare che il paziente anziano faccia quello che la sua capacità residua gli permette di fare» afferma Stefano Savonitto, Direttore della Cardiologia dell’Ospedale Manzoni di Lecco. Savonitto poi sottolinea l’importanza di svolgere l’attività fisica: «In presenza di malattia coronarica che progredisce, l’attività fisica ha due benefici: in primis aumenta la circolazione collaterale, che è molto importante e poi pre-condiziona il miocardio a una migliore risposta all’eventuale insulto ischemico». Ma sull’attività fisica come cura per l’ipertensione sottolinea: «Forse fa calare un po’ la pressione ma i farmaci devono comunque essere presi».
Dottore, si parla spesso di prevenzione per i giovani ma in realtà la prevenzione può giocare un ruolo importante nell’anziano con diabete, ipertensione e altre patologie. Fino a che punto ci si può spingere nella prevenzione nel paziente anziano?
«Sicuramente per quanto riguarda l’ipertensione arteriosa è importante andare avanti nella terapia con degli obiettivi pressori che non sono molto diversi da quelli del soggetto più giovane, avendo cura di scegliere dei farmaci che non diano alcuni tipi di reazioni, tipo ipotensione ortostatica che aumenta rischio di cadute. Comunque ci sono dati controllati che fanno vedere che anche mirare a uno stretto controllo della pressione nell’anziano riduce gli eventi nel breve, medio termine. Per quanto riguarda l’ipercolesterolemia, bisogna distinguere tra prevenzione primaria e prevenzione secondaria. Nel senso che non ci sono dati conclusivi sul valore di ottenere uno stretto controllo dei livelli di colesterolo nell’anziano in prevenzione primaria; mentre in prevenzione secondaria ci sono dati anche recenti che hanno chiaramente dimostrato che mirare ad avere dei target di colesterolo bassi o, anche al di sotto dei 70 mg per decilitro in pazienti anziani sopra i 75 anni in prevenzione secondaria, quindi dopo un infarto, riduce il rischio di recidive e anche la mortalità, a una distanza di cinque-sei anni. Tali dati sono addirittura più forti in questi soggetti, rispetto a quelli più giovani, in cui l’effetto si vede più a lungo termine. Per quanto riguarda il diabete, non ha molto senso mirare ad ottenere dei livelli glicemici particolarmente bassi negli anziani, conviene restare verosimilmente tra 7 e 8 di emoglobina glicata come target glicemico, ma sicuramente anche nel paziente anziano la cura delle co-patologie e degli altri fattori di rischio associato al diabete è molto importante, tenendo presente il più possibile che la cura del diabete deve prevedere una quota di dieta e esercizio fisico che nell’anziano non è sempre ottenibile come abitudine, a causa delle limitazioni motorie che possono sopraggiungere con l’ avanzamento dell’età … In realtà bisogna lasciare che il paziente anziano faccia quello che la sua capacità residua gli permette di fare, non ha senso pretendere l’esercizio costante né il riposo totale »
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A proposito di attività fisica, il paziente con problemi cardiovascolari può fare attività fisica? È utile per stare meglio?
«Il paziente cardiovascolare ‘deve’ fare attività fisica, per tanti motivi. Bisogna sì considerare che nessuno ha mai dimostrato che l’attività fisica previene la progressione della malattia cardiovascolare o l’infarto, ma tutti gli studi concordano nel dimostrare che l’attività fisica è associata, e forse previene, la mortalità attraverso meccanismi di vario genere. In presenza di malattia coronarica che progredisce , l’attività fisica ha due benefici: in primis aumenta la circolazione collaterale, che è molto importante e poi precondiziona il miocardio a una migliore risposta all’eventuale insulto ischemico. In questa eventualità l’arteria colpita si chiuderà indipendentemente dall’attività fisica ( l’attacco cardiaco si può prevenire con le statine, con la cura della pressione), ma se l’arteria si chiude e si è allenati fisicamente, il circolo collaterale sarà più sviluppato e il muscolo cardiaco sarà abituato a lavorare in ischemia, quindi si avrà un’area infartuale minore nel caso dell’infarto, e verosimilmente anche una minore incidenza di aritmie. Tutte queste cose non sono dimostrate come meccanismi ma sono dimostrate come effetto. Sicuramente l’attività fisica riduce la mortalità nel follow up».
Anche sul colesterolo l’attività fisica ha un impatto positivo?
«L’attività fisica non serve per abbassare il colesterolo. Sicuramente serve per avere un migliore controllo glicemico, forse serve per abbassare la pressione anche se non di molto, quindi i farmaci antiipertensivi devono comunque essere presi, sicuramente. Per contenere il peso corporeo, l’esercizio deve essere associato alla dieta, perché serve ma da solo non basta, e poi bisogna ricordare che non è necessario fare il maratoneta o 150 km in bicicletta ma basta svolgere un’ attività fisica regolare durante tutta la settimana, cioè cogliere ogni occasione che la vita ti dà per muoverti. Vuol dire che quando vai in aeroporto non prendi la scala mobile ma prendi le scale, se devi fare un km di strada lo fai a piedi e non in taxi, e così via».