«Non bisogna attendere segni o campanelli di allarme: la visita va fatta obbligatoriamente. A quattro o cinque anni potrebbe essere già tardi» così il professor Bifani a margine dell’incontro al MAXXI di Roma
La tutela della vista dei bambini inizia sin da piccoli. Individuare, infatti, precocemente un eventuale problema oculare è fondamentale per risolverlo. È questo il messaggio forte e chiaro che arriva dall’iniziativa Incontriamo l’oculista, promossa dalla Fondazione Salmoiraghi e Viganò, con il patrocinio dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità – IAPB Italia onlus. Il confronto tra autorevoli medici oculisti sui temi della prevenzione oftalmologica pediatrica si è svolto di recente a Roma in occasione della Giornata Internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
In un’ottica di salvaguardia e informazione, per guidare le mamme e aiutare i bambini a vedere bene, gli esperti hanno parlato dei più noti disturbi che possono ridurre gravemente la capacità visiva di uno o di entrambi gli occhi del bambino: lo strabismo (i cosiddetti occhi storti), l’ambliopia (il cosiddetto occhio pigro) e i vizi di rifrazione (la miopia, l’ipermetropia e l’astigmatismo) invitando genitori, pediatri e insegnanti a sottoporli a visita oculistica già in tenera età.
Le tre figure chiave a supporto del bambino devono essere: il medico oculista, che si occupa del percorso diagnostico e terapeutico; l’ortottista, assistente in oftalmologia, che coadiuva il medico nella strategia terapeutica e l’ottico, che deve preparare un occhiale rispettando rigorosamente le diottrie e la tipologia di montatura prescritta.
Abbiamo affrontato l’argomento con uno dei protagonisti della tavola rotonda: il professor Mario Bifani, medico chirurgo oculista presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria della Campania Luigi Vanvitelli e Dirigente del centro di trapianti corneali del Policlinico.
Professore, a che età bisogna portare il bambino dall’oculista?
«Il bambino ha uno sviluppo dell’apparato oculare che non è solo quello degli occhi ma è un complesso collegamento con il cervello. Quando arriva l’età di sei anni, avviene una specie di congelamento di certe strutture che dovrebbero essere arrivate al completo sviluppo. Se questo non è avvenuto, purtroppo, i rimedi dopo i sei anni sono ben difficili da attuare. Quindi, se nella famiglia di provenienza di questo piccolo non ci sono particolari problemi visivi legati a difetti della refrazione, o peggio, presenza di malattie che interessano l’apparato oculare, va visitato tra i due e i quattro anni. Come si può riuscire a visitare un bimbo cosi piccolino? Se preso bene, collabora molto più di quanto si possa pensare: anche nel caso in cui il primo incontro dia poche informazioni – ma comunque alcune ne dà e quindi c’è o meno il sospetto di un problema – questo farà sì che il piccolino si renda contro che è una visita sopportabile in cui non c’è dolore, né manovre che lo possano spaventare. Di conseguenza, al secondo, terzo controllo si sottoporrà molto tranquillamente a tanti più passaggi di quanti non si possa pensare».
Quali sono campanelli di allarme di un problema alla vista?
«Non bisogna attendere campanelli di allarme: la visita va fatta obbligatoriamente. Il bambino, infatti, potrebbe non accorgersi di un problema a uno dei due occhi, perché si basa sulla visione dell’occhio che vede bene. Per questo, la visita va effettuata senza che ci siano segni premonitori. Sicuramente però, alcuni sintomi da non sottovalutare ci sono: un occhio che si arrossa facilmente, l’occhio rosso, è un sintomo che può dipendere da tante cose ma è un campanello d’allarme. I controlli sono importanti: a volte, a scuola, alcuni bambini assumono posizioni strane per disegnare e scrivere. Ruotano il capo e si avvicinano al quaderno. Questo viene considerato un segno: il bambino viene visitato e spesso non ha nulla. Il bambino con un deficit, al contrario, potrebbe stare seduto composto e quindi sembrare che assolutamente che non abbia difficoltà. Quindi, ribadisco la grande necessità di dover effettuare una visita senza attendere i segni anche perché quando va all’asilo comincia ad avere quattro o cinque anni e potrebbe essere quasi tardi».
Quale è il calendario delle visite e dei controlli da seguire e qual è lo specialista a cui rivolgersi?
«Se ci sono problemi conosciuti in famiglia, o del padre o della madre o di entrambi, il bimbo può essere visitato anche sotto il primo anno di età; se ci sono problemi presenti di lieve entità, ma ci sono, a due anni. Un bimbo senza sintomi o segni di particolare allarme va visitato tra i tre e i quattro anni in modo obbligatorio. Meglio tre perché se de dovessimo incontrare l’ambliopia, ossia l’occhio pigro – un occhio che anatomicamente non ha alterazioni visibili ma anche soltanto un difetto di rifrazione molto differente tra un occhio e l’altro per cui il cervello segue la strada dell’occhio con la rifrazione minore o neutro – dobbiamo costringere il bimbo a coprire l’occhio che funziona bene. Questo percorso è lungo, non è facile: soprattutto all’inizio, il bambino si ribella, si toglie il bendaggio, non accetta di applicarsi. Bisogna interessare il bambino a fare attività, disegnare o sfogliare il fumetto e piano piano potrà recuperare. Questo è un cammino che può essere lungo, si può interrompere, si può tornare indietro e ricominciare quanto prima abbiamo possibilità di successo. Quando ci avviciniamo a quell’età in cui c’è una specie di stop dello sviluppo, intorno ai sei anni, è già tardi per lavorarci».