Salute 5 Gennaio 2024 11:21

Primo intervento al Policlinico Gemelli per ridurre il grado di insufficienza mitralica su un giovane con distrofia di Duchenne

Una ‘molletta’ sulla valvola mitralica: la procedura si effettua in anestesia generale, con approccio mini-invasivo e consiste nell’introdurre un catetere vascolare, pungendo la vena femorale all’inguine

di I.F.
Primo intervento al Policlinico Gemelli per ridurre il grado di insufficienza mitralica su un giovane con distrofia di Duchenne

Roberto ha poco più di vent’anni, è un ragazzo solare che studia chitarra al conservatorio di Matera, ha tanti amici e ‘non si annoia mai’, come dice lui stesso in un video su YouTube. Affetto dalla distrofia muscolare di Duchenne si è sottoposto ad un particolare intervento per ridurre il grado di insufficienza mitralica, causata dalla malattia. È il primo intervento di questo genere effettuato nel mondo occidentale su un paziente con distrofia muscolare di Duchenne (l’unico altro precedente pubblicato in letteratura è stato effettuato a Tokio lo scorso anno) e consiste nel ridurre il grado di insufficienza mitralica con una procedura mininvasiva endovascolare (MitraClip). L’aspettativa di vita dei pazienti con Duchenne si è sensibilmente allungata negli ultimi anni e questo intervento può migliorare la qualità di vita dei ragazzi con insufficienza mitralica grave

La storia di Roberto

Una delle più grandi passioni di Roberto è il cinema, soprattutto quello americano. E poi, lui adora il mare. Per questo Roberto, che ha la distrofia muscolare di Duchenne, si è tanto battuto per realizzare il primo lido inclusivo, accessibile e sostenibile del metapontino. Si chiama ‘Il sogno del capitano’ ed è stato inaugurato la scorsa estate dal comune di Bernalda, dove abita il ragazzo. Ma lui ha ancora tanti altri sogni nel cassetto da realizzare.  “Roberto ha 23 anni – racconta la professoressa Marika Pane, direttore clinico dell’UOC Nemo Pediatrico di Fondazione Policlinico Gemelli e Associato di neuropsichiatria infantile all’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma – e noi lo seguiamo da 7-8 anni. La sua è una malattia importante, a prognosi purtroppo infausta perché ad oggi la distrofia di Duchenne non ha una cura e l’età media di sopravvivenza è di 27 anni”.

Il progresso scientifico migliora l’aspettativa di vita

“Ma la storia naturale di questa malattia sta cambiando e nell’arco delle due ultime decadi siamo riusciti a regalare a questi ragazzi in media più di 10 anni di vita e di buona qualità – aggiunge la professoressa Pane -. Per Roberto, che ha intorno una famiglia meravigliosa, il problema cardiologico era diventato importante. Negli ultimi tempi aveva avuto una serie di riacutizzazioni di scompenso cardiaco gravi e ripetute. Con la nostra consulente cardiologa, la dottoressa Priscilla Lamendola, abbiamo iniziato prima un trattamento con un farmaco anti-scompenso di uso pionieristico nei pazienti con Duchenne. E lui aveva risposto abbastanza bene. Poi però nel tempo questa terapia è diventata sempre meno efficace. Ed essendoci questo problema alla valvola mitrale, la dottoressa Lamendola aveva suggerito questo intervento di correzione. Discusso il caso con il professor Trani, si è deciso che ci fossero i presupposti per procedere; questo probabilmente non impatterà sulla durata di vita di Roberto, ma di certo ne migliorerà la qualità”.

La decisione di intervenire chirurgicamente

“Il ragazzo è arrivato alla nostra attenzione dopo l’ennesimo episodio di scompenso acuto che lo aveva portato in pronto soccorso. La sua diagnosi – ricorda il professor Carlo Trani, professore associato di Cardiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma e Direttore della UOC Interventistica Cardiologica e Diagnostica Invasiva di Fondazione Policlinico Gemelli – è di cardiomiopatia dilatativa, con una frazione d’eiezione molto ridotta. Questo suo cuore molto dilatato lo aveva portato ad un’insufficienza mitralica severa”. Se la valvola mitrale, che separa l’atrio dal ventricolo sinistro, non ‘chiude’ bene, durante la sistole il sangue anziché andare solo dal ventricolo sinistro verso l’aorta, refluisce in atrio sinistro e questo si ripercuote sulla circolazione polmonare, facilitando la comparsa di edema polmonare acuto. “Abbiamo dunque deciso di correggere questo problema – ricorda il professor Trani – con una procedura endovascolare  perché il rischio dell’intervento chirurgico tradizionale era davvero troppo alto”.

L’intervento che riduce il grado di insufficienza mitralica

La procedura si effettua in anestesia generale, con approccio mini-invasivo e consiste nell’introdurre un catetere vascolare, pungendo la vena femorale all’inguine. In questo modo si risale fino all’atrio destro, si punge il setto interatriale per raggiungere l’atrio sinistro e la valvola mitrale. Qui il cardiologo interventista fa avanzare all’interno del catetere una sorta di ‘molletta’ (clip) che sotto guida ecografica trans-esofagea va a catturare la porzione centrale dei due lembi della valvola mitrale, riducendo il grado di insufficienza. “L’intervento di Roberto è durato due ore – aggiunge il professor Trani – e il controllo ecografico ad un mese ha mostrato una riduzione importante della sua insufficienza mitralica, che è passata da severa e lieve-moderata”.

Il primato del policlinico Gemelli

“Il nostro è il primo centro ad aver introdotto, ormai da anni, le moderne terapie anti-scompenso cardiaco nel trattamento delle persone con distrofia di Duchenne – ricorda la dottoressa Priscilla Lamendola, cardiologa ecocardiografista presso la UOSD di Diagnostica cardiologica non invasiva, diretta dal Professor Gaetano Antonio Lanza -. Questi ragazzi hanno un’aspettativa di vita limitata, ma è giusto offrire loro tutte le possibilità terapeutiche ad oggi disponibili perché mostrano un profondo attaccamento alla vita. E dunque riserviamo loro tutte le nostre attenzioni, una medicina personalizzata, ‘cucita’ su misura di ogni singolo paziente, che si adatta passo passo alle necessità e ai sintomi del paziente, monitorato costantemente anche a distanza (Roberto ad esempio vive in Basilicata). Al peggiorare delle sue condizioni cardiache – prosegue la dottoressa Lamendola – abbiamo deciso insieme a Roberto e alla sua famiglia di affrontare questo intervento di correzione della valvola mitrale, che forse non sarebbe stato proposto se non avessimo creduto che la vita di questo paziente fosse così preziosa da dovergli offrire ogni chance per viverla fino in fondo. Dopo l’intervento, la mamma mi ha mandato un messaggio per ringraziarmi: ‘Tutte le mattine, quando vedo mio figlio suonare la chitarra o quando lo aiuto a prepararsi per uscire con gli amici, mi rendo conto che gli avete ridato la vita’.  E queste parole valgono tutti i nostri studi, tutto il nostro lavoro e il tempo che dedichiamo ai nostri pazienti. Il nostro è un lavoro in team e io voglio ringraziare la professoressa Pane e il professor Trani per aver avuto fiducia in me, accogliendo la mia proposta di sottoporre Roberto a questo intervento. Un vero salto nel blu”.

 

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