Studio dell’Università di Pisa sui prodotti in commercio rivela: solo tre formulazioni (Enterogermina, Yovis, VSL3) in grado di tollerare la condizione acida dell’ambiente gastrico. Ianiro (Gemelli): «Servono rigorosi controlli di qualità. Importante assenza di contaminanti e l’antibiotico resistenza»
Lactobacilli, bifidobatteri, lieviti. Quante volte abbiamo sentito, anche in televisione, l’importanza di inserire nella nostra dieta degli alimenti o integratori con probiotici, cioè quei microrganismi che si dimostrano in grado, una volta ingeriti in adeguate quantità, di esercitare funzioni benefiche per l’organismo. Del resto la parola stessa, “probiotico”, significa “a favore della vita”.
Come i probiotici esercitino i loro effetti benefici per la salute umana non è ancora del tutto chiaro e molto dipende dal tipo di microrganismo che viene adoperato. È però indispensabile che ogni prodotto, e perciò ogni ceppo probiotico, abbia evidenze scientifiche sufficienti per supportare i benefici che gli sono attribuiti.
Alcune evidenze sono state prodotte con l’utilizzo di Lactobacilli, Bifidobatteri e batteri sporigeni del genere Bacillus. Questi microrganismi, con diversi meccanismi d’azione, riescono a migliorare l’equilibrio e l’omeostasi intestinale, favorendo la protezione da patologie sistemiche e intestinali associate all’interruzione epiteliale della barriera intestinale.
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«Un probiotico per essere definito di qualità deve avere delle caratteristiche ben precise che influiscono sia sulla sua efficacia che sulla sua sicurezza – spiega il dottor Gianluca Ianiro, Gastroenterologo Fondazione Policlinico Gemelli – Sulla sicurezza fondamentalmente dobbiamo sapere quello che contiene, quindi non deve avere dei contaminanti che possono essere anche patogeni, cioè che possano far danno al nostro organismo. Per l’efficacia abbiamo diverse caratteristiche: in primis deve contenere microrganismi vivi, in secondo luogo il batterio non dev’essere suscettibile di un danno da parte di altri agenti, pensiamo agli antibiotici, avere una antibiotico resistenza è sicuramente un vantaggio».
Dunque non tutti i probiotici sono uguali. Uno studio del gruppo di ricerca guidato dalla Professoressa Emilia Ghelardi dell’Università di Pisa e presentato durante il 4° Congresso Internazionale “Probiotics, Prebiotic in Pediatrics” sul mondo dei probiotici che si tenuto a Bari, ha messo a confronto la vitalità dei ceppi probiotici commerciali più diffusi in Italia.
«La società europea di gastroenterologia e nutrizione pediatrica (ESPGHAN – European Society of Pediatric Gastroenterology And Nutrition) ha recentemente pubblicato un position paper che sottolinea la necessità stringente di rigorosi controlli di qualità sui probiotici commerciali – aggiunge Gianluca Ianiro – Il gruppo di studio ESPGHAN ha suggerito che un probiotico che possa definirsi tale deve avere le seguenti caratteristiche minime: il probiotico deve essere presente in un quantitativo sufficiente al termine della data di scadenza, deve passare indenne attraverso il tratto gastrointestinale ed in particolare resistere agli acidi biliari e ai succhi gastrici, deve essere in grado di colonizzare l’intestino, deve mantenere le funzioni benefiche per il quale è stato somministrato, nonché deve essere esente da contaminazioni. Il gruppo di lavoro, infine, ha posto una raccomandazione forte a processi di controllo di qualità più stringenti».
Lo studio dell’Università di Pisa ha rilevato una buona qualità microbiologica ma notevoli differenze nel comportamento, in presenza di acidi e bile, per le formulazioni probiotiche commercializzate in Italia. Resta però lo scoglio dei succhi gastrici: i conteggi microbici hanno mostrato una significativa riduzione del numero di organismi vitali dopo l’incubazione nel succo gastrico della maggior parte delle formulazioni considerate. Enterogermina, Yovis, VSL3 sono risultate le uniche formulazioni in grado di tollerare la condizione acida dell’ambiente gastrico.
Tra le formulazioni considerate, ben sette hanno subito una significativa riduzione del numero di organismi vitali dopo l’incubazione nel succo intestinale, mentre le spore di B. clausii contenute in Enterogermina sono state le uniche in grado non solo di sopravvivere ma di moltiplicarsi attivamente nel fluido intestinale.
Questo lavoro ha dunque ribadito che le caratteristiche qualitative di un prodotto probiotico derivano dalla sua qualità microbica, nella resistenza all’ambiente gastrico e nell’esercizio di proprietà funzionali, come le capacità antiossidanti, antimicrobiche e immunomodulatorie. Particolare attenzione bisogna prestare alla antibiotico resistenza.
«Questa è una caratteristica importante ma è a doppio taglio – conclude Ianiro – Da una parte noi sappiamo che molti pazienti prendono degli antibiotici: ad esempio quelli che seguono la terapia per l’Helycobacter pylori, una terapia antibiotica importante. Sappiamo da molteplici evidenze che se supportiamo questi pazienti con determinati tipi di probiotici questa terapia viene meglio tollerata, quindi il paziente riesce a tollerarla e ad eradicare il batterio. Quindi una antibiotico resistenza del probiotico mi permette di associarlo alla terapia antibiotica. Un’altra caratteristica però è che questa antibiotico resistenza può essere in alcuni casi trasmessa a determinati altri geni, detti patobionti, germi che colonizzano il nostro intestino e in determinate condizioni possono diventare patogeni. Se questi patogeni acquisiscono una antibiotico resistenza dal probiotico, allora possono creare un ulteriore danno. Se questa antibiotico resistenza è di tipo ‘plasmidico’, cioè viene trasmessa da un plasmide, allora l’antibiotico resistenza è detta ‘cromosomica’ perché è all’interno del genoma del probiotico e non può essere trasmessa ad altri. È proprio questa caratteristica che noi dobbiamo andare a cercare in un probiotico di qualità».