Il Presidente dell’Ordine TSRM e PSTRP commenta i decreti attuativi della legge 3 del 2018: «Prima partiamo e meglio è, perché in questo modo riusciamo finalmente a dare a tutte le 19 professioni la piena e diretta partecipazione alla vita istituzionale». E lancia l’idea del ‘contratto unico’ in sanità: «Contribuirebbe alla creazione di un unicum all’interno del quale le differenze sono riconosciute e coordinate»
L’Ordine dei Tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione corre veloce verso il suo assetto definitivo. Sono stati pubblicati sul sito del Ministero della Salute e sulla Gazzetta Ufficiale gli ultimi decreti attuativi della legge 3 del 2018 che ha istituito il maxi Ordine delle professioni sanitarie. Si tratta di un passaggio importante perché permetterà la costituzione degli albi professionali (l’Ordine infatti ingloba 19 professioni sanitarie diverse): le commissioni saranno costituite da cinque componenti del medesimo albo se gli iscritti all’albo stesso non superano i millecinquecento, da sette componenti se gli iscritti superano i millecinquecento ma sono inferiori a tremila e da nove componenti se gli iscritti superano i tremila. «A breve scadono i RAMR che stanno vicariando la prima delle funzioni che la legge 3/2018 attribuisce alle commissioni di albo -proporre al Consiglio direttivo l’iscrizione all’albo del professionista- quindi credo si procederà il prima possibile alle elezioni», sottolinea a Sanità Informazione il Presidente dell’Ordine TSRM e PSTRP Alessandro Beux. A poco più di un anno dall’apertura delle iscrizioni all’Ordine i numeri continuano a crescere: al primo agosto i registrati al portale sono 155.777, una cifra che rispetto agli stimati da censire è in difetto di 36.223 unità. Gli iscritti con delibera sono invece 112.599. Secondo il maxi Ordine, che si avvia in ottobre a celebrare il primo Congresso nazionale a Rimini, una spiegazione della differenza tra gli stimati e i censiti è che una parte significativa di essa (almeno il 50%) sia dovuta a quei professionisti che non si sono palesati perché possiedono un titolo che non consente l’iscrizione all’albo. «Ma in realtà – sottolineano dall’Ordine – per il singolo registrarsi al portale, chiedere l’iscrizione all’albo e vedersela negare per inadeguatezza del titolo posseduto è più protettivo che rimanere nell’ombra». Restano sullo sfondo altri due temi di scottante attualità: quello dell’equivalenza dei titoli, che coinvolge soprattutto gli Educatori professionali, e quello degli elenchi speciali, il cui decreto è ancora bloccato. Beux poi rilancia l’idea di un “contratto unico” del mondo sanitario «che al suo interno tenga in debito conto le differenze professionali ma che contribuisca alla creazione di un unicum all’interno del quale le differenze sono riconosciute e coordinate».
Presidente, a ottobre si svolgerà a Rimini il primo Congresso nazionale dell’Ordine TSRM e PSTRP. Cosa vi aspettate da questo appuntamento?
«È il primo Congresso della Federazione nazionale degli Ordini, ci aspettiamo una prima occasione all’interno della quale i professionisti che appartengono alle 19 professioni che la legge 3 ha voluto ricondurre a un unico Ordine si incontrino, si confrontino e comincino a conoscersi reciprocamente dando corso a ciò che nel tempo noi abbiamo ritenuto essere il motivo principale per cui aveva senso l’operazione del maxi Ordine, quello di far sì che, conoscendosi, le professioni interagissero e creassero a monte i presupposti per quell’integrazione professionale che è necessario che si realizzi all’interno dei servizi socio-sanitari del nostro Paese. Ci saranno due caratteristiche che abbiamo pensato potessero essere utili al risultato auspicato: una è che i partecipanti saranno sempre tutti insieme, all’interno dell’aula plenaria, l’altra è che tutti i temi del congresso interessano tutte le 19 professioni che afferiscono all’Ordine».
Parlando dell’Ordine, lei ha recentemente fornito alcuni numeri sulle iscrizioni. C’è un termine?
«L’obbligatorietà dell’iscrizione all’albo decorre dal momento in cui è entrata in vigore la legge 3, cioè dal 15 febbraio 2018; la sua esigibilità dal 1 luglio 2018. Distinguo perché al momento dell’entrata in vigore della legge 3 l’obbligo non era ancora esigibile perché non erano ancora stati istituiti gli albi ai quali iscriversi. Ciò è stato fatto con il decreto del 13 marzo; gli albi, la procedura e il portale sono stati tutti contestualmente disponibili dal primo luglio 2018. Su questo aspetto, colgo l’occasione per comunicare che sin dall’autunno scorso le Autorità competenti hanno iniziato a effettuare controlli sull’iscrizione all’albo dei professionisti. Questi controlli si sono intensificati negli ultimi mesi».
Il Presidente dell’Ordine TSRM PSTRP di Roma lamentava ai nostri microfoni che non tutte le aziende sanitarie, tra pubblico e privato, fornivano risposte soddisfacenti in merito alla situazione dei propri dipendenti. Come si può risolvere questo problema?
«Le aziende sono tenute a verificare che i loro dipendenti siano iscritti ai relativi albi. Non parliamo dei neolaureati, che entrano nel mondo del lavoro sia col titolo abilitante che con l’iscrizione all’albo. Parliamo di coloro che lavorano da decenni. Le aziende devono verificare al proprio interno che i dipendenti che avevano già in organico si siano ora anche iscritti al relativo albo. L’Ordine può formalmente invitare l’azienda a verificare che, ai sensi della legge 3, i suoi dipendenti siano iscritti. Se l’azienda non lo fa o si limita a inviare una nota con la quale chiede ai dipendenti di autocertificare l’avvenuta iscrizione senza poi verificare se il dipendente risponde o, nel caso in cui lo faccia, la bontà della risposta, compie una grave omissione perché quel soggetto è un suo dipendente. Le strutture private convenzionate hanno sviluppato tanta attenzione nei confronti di questo aspetto, perché sanno che se si avvalessero di professionisti sanitari che hanno il titolo abilitante ma non anche l’iscrizione all’Ordine, perderebbero la convenzione con il Servizio Sanitario.
Decreti attuativi della legge 3 del 2018 e problema dell’equivalenza, a che punto siamo?
«L’altro ieri al Ministero della salute c’è stata una riunione sul tema. Gli Educatori professionali sono l’unica professione che non ha ancora avuto i bandi per l’equivalenza. Sono quelli che hanno il maggior numero di professionisti che non si possono iscrivere al relativo albo perché, non avendo potuto presentare nel 2012 la domanda per il riconoscimento dell’equivalenza non se la sono vista riconoscere, pertanto in sua assenza non possono iscriversi all’albo. ANEP, con il supporto della Federazione nazionale, si è rivolta ai Tribunali amministrativi. Il Consiglio di Stato ha ribadito il pronunciamento del TAR e ora tutte le Istituzioni interessate, nazionali e regionali, stanno collaborando a favore dei bandi per l’equivalenza. In coda alla riunione ci è stato comunicato che i decreti sulla composizione delle commissioni d’albo e del Consiglio direttivo erano appena stati pubblicati sul sito del Ministero e sulla Gazzetta ufficiale».
Dunque ora saranno costituite le commissioni d’albo. Quando pensa si procederà all’elezione?
«Appena possibile si andrà all’elezione delle commissioni d’albo e sin dalle prossime scadenze d’autunno al rinnovo dei Consigli direttivi ai sensi di quanto previsto dal decreto. I Consigli direttivi dunque non saranno più rinnovati ai sensi del comma 14, secondo cui tutti gli iscritti possono eleggere ma sono eleggibili sono i Tecnici sanitari di radiologia medica. Tornando alle commissioni d’albo, prima partiamo e meglio è, perché in questo modo riusciamo finalmente a dare a tutte le 19 professioni la piena e diretta partecipazione alla vita istituzionale».
Resta da sciogliere ancora il nodo dell’elenco speciale…
«La bozza di questo decreto era pronta a fine gennaio. Il decreto ci sarebbe potuto essere nella seconda metà di febbraio, quindi la maggior parte dei professionisti interessati – quelli che hanno iniziato a esercitare regolarmente, ma che oggi non hanno un titolo valido per iscriversi all’albo – si sarebbe già da mesi potuta iscrivere all’elenco speciale a esaurimento della professione sanitaria di riferimento. Ma il decreto non è stato ancora licenziato perché tutti sono, di fatto, ostaggio della questione dei Massofisioterapisti. Nonostante la disponibilità di tutte le parti interessate a favore di una soluzione equa, c’è chi continua a pretendere una formulazione del decreto inammissibile, sia da un punto di vista normativo che giurisprudenziale. Tale questione sta bloccando tutti gli altri, che in modo responsabile stanno aspettando che si risolva la questione, con una scadenza preoccupante che si avvicina sempre più: 31 dicembre 2019».
Parliamo del contratto dei medici. Da un lato c’è chi si aspettava una maggiore integrazione tra dirigenza medica, dirigenza sanitaria e dirigenza delle professioni sanitarie, ma dall’altro lato ci sono sindacati che si sono lamentati della costituzione di fondi unici verticali per le categorie della dirigenza sanitaria…
«Per mancanza di competenza specifica, non voglio entrare nel merito del contratto dei medici ma faccio una considerazione di carattere generale: uno dei modi per zavorrare il sistema socio-sanitario per come noi lo vorremmo e per come dovrebbe essere è gestirlo in modo separato dal punto di vista contrattuale. Se quello socio-sanitario è un contesto all’interno del quale tutto si deve tenere insieme, capisce bene che avere tavoli e percorsi contrattuali e contratti diversi non favorisce questa integrazione. Sarebbe meglio avere un contratto unico che al suo interno tenga in debito conto le differenze professionali e i diversi profili di responsabilità ma che contribuisca alla creazione di un unicum all’interno del quale le differenze sono riconosciute e coordinate. Mi preoccupa molto che, invece, ci sia chi legittimamente pensa a un’ulteriore parcellizzazione della dimensione contrattuale. Mi preoccupa perché quando si va a contrattare ognuno lo fa pro domo sua e, dato che le risorse disponibili non sono infinite, se a un tavolo qualcuno ci guadagna, necessariamente c’è qualcuno che a un altro tavolo ci perde o non ottiene quel che merita, e questo approccio poco si concilia coi principi più alti alla base del nostro servizio socio-sanitario».