Secondo il vicepresidente della Società italiana di medicina diagnostica e terapeutica, Manuel Monti, per far fronte alla carenza di personale nei Pronto soccorso servirebbe anche «la trasformazione, a costo zero, dei contratti dal tempo determinato all’indeterminato per i medici dell’emergenza territoriale con almeno 32 mesi di servizio»
«Svolgere parte della formazione quinquennale anche in medicina d’urgenza, per un periodo non inferiore ai sei mesi ad integrazione della turnazione del personale del DEA». Questa una delle proposte della Simedet, Società italiana di medicina Diagnostica e Terapeutica, per i dirigenti medici di prima nomina in medicina interna.
«La condivisione delle procedure tra i medici internisti e dell’emergenza costituirebbe il nucleo del progetto di formazione di una clinical competence comune e permetterebbe di aumentare il numero di medici internisti in servizio, andando a pescare dalle graduatorie attualmente in vigore», spiega Manuel Monti, responsabile medicina a ciclo breve della Usl Umbria 1 e vicepresidente della Società italiana di medicina diagnostica e terapeutica. «Il problema del reperimento dei nuovi medici – aggiunge Monti – nasce da una non adeguata programmazione a livello nazionale sia del numero di studenti iscritti alle Facoltà di Medicina e Chirurgia che del numero di borse disponibili per le scuole di specializzazione. Inoltre per i servizi di emergenza, a differenza di quanto accade per gli altri, pesa una maggior resistenza da parte dei giovani specialisti ad accettare un lavoro scarsamente remunerativo, sempre più gravato da rischi, non solo medico-legali, che impattano negativamente sulla qualità di vita. Questo ha portato ad un grave depauperamento delle risorse umane delle strutture dell’emergenza, costringendo molti Pronto Soccorso, in deroga alle normative, ad utilizzare una moltitudine di precari che subiscono l’imbuto formativo specialistico di cui tanto si parla».
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La proposta nasce dalla constatazione che i settori della medicina d’urgenza e della medicina interna sono contigui poiché gestiscono malati acuti polipatologici complessi in tutti i loro aspetti, dall’ingresso in ospedale alla dimissione, e le connessioni tra le due specialità sono ritenute una leva strategica per il buon funzionamento dell’ospedale. Altro tema delicato riguarda la varietà dei contratti del personale medico: vecchi e nuovi specialisti con contratti a dipendenti; non specialisti che con sanatorie degli anni passati hanno potuto accedere alla dipendenza; medici di emergenza territoriale convenzionati a tempo indeterminato e determinato; contratti co-co-co o addirittura medici in libera professione in appalto con cooperative esterne.
«Per risolvere almeno in parte queste problematiche proponiamo la trasformazione, a costo zero, dei contratti dal tempo determinato all’indeterminato per i medici dell’emergenza territoriale con almeno 32 mesi di servizio e l’apertura di contratti formativi di specializzazione dedicati non solo ai dipendenti SSN ma anche ai medici in convenzione che lavorano nel sistema di emergenza urgenza, permettendo allo stesso tempo la formazione e l’attività lavorativa» spiega Monti che aggiunge: «La nostra proposta che permetterebbe ai medici dell’emergenza territoriale di continuare a lavorare in Pronto Soccorso e nel tempo libero seguire un percorso formativo all’interno delle scuole di specializzazione della medicina d’urgenza o, in alternativa, seguendo un percorso creato ad hoc dalle principali società scientifiche che possa essere equiparato al percorso universitario».