Salute 15 Marzo 2024 12:21

Protesi al seno: anche la geometria influenza l’impatto sul sistema immunitario

La forma della superficie di una protesi è in grado di interagire in modi inaspettati con il sistema immunitario: micro avvallamenti o conche utilizzati per rendere la protesi più ruvida e stabile possono intrappolare le cellule del sistema immunitario, generando uno stato infiammatorio. La scoperta è stata possibile grazie a uno studio dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas e del Politecnico di Milano, pubblicato sulla rivista Life Science Alliance

di V.A.
Protesi al seno: anche la geometria influenza l’impatto sul sistema immunitario

La forma della superficie di una protesi è in grado di interagire in modi inaspettati con il sistema immunitario: micro avvallamenti o conche utilizzati per rendere la protesi più ruvida e stabile possono intrappolare le cellule del sistema immunitario, generando uno stato infiammatorio. La scoperta è stata possibile grazie a un approccio multidisciplinare che ha coinvolto chirurghi, ingegneri, biofisici ed immunologi dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas e del Politecnico di Milano. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Life Science Alliance. I dati emersi nello studio aggiungono un elemento inedito – quello della geometria microscopica – alla comprensione dei meccanismi infiammatori legati alle protesi.

Le protesi sono corpi estranei che possono stimolare una risposta infiammatoria

Fino a oggi l’ipotesi degli scienziati era che l’infiammazione dipendesse dai materiali utilizzati, dalla presenza di infezioni batteriche o dalla frizione meccanica tra il corpo estraneo e i tessuti circostanti. Lo studio si è concentrato sulle protesi per il seno ma le sue conclusioni sono rilevanti per tutti i dispositivi medici sottopelle. Le protesi mediche sono strumenti di cura fondamentali: ci tengono in vita, come nel caso dei peacemaker, ci permettono di ricominciare a camminare e muoverci dopo traumi o malattie articolari, e ci aiutano a riappropriarci della nostra identità, come spesso accade nel caso delle protesi estetiche e ricostruttive del seno, cui molte donne fanno ricorso dopo la chirurgia oncologica. Ma le protesi sono anche corpi estranei che devono essere accolti all’interno di un organismo abituato a rispondere alle possibili minacce che provengono dall’esterno. Ecco perché possono generare localmente una risposta infiammatoria. Quando questa risposta è eccessiva, può aumentare il rischio di sviluppare malattie infiammatorie, autoimmuni, o anche tumori, come ad esempio, il Linfoma anaplastico a grandi cellule.

Un sistema per testare la sicurezza delle protesi

“L’obiettivo della nostra ricerca – commenta Valeriano Vinci, ricercatore di Humanitas University e chirurgo presso l’Unità di Chirurgia Plastica dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas -non è tanto capire il meccanismo alla base del maggior rischio presentato dalla protesi macro-testurizzate, ormai non più in commercio, ma soprattutto mettere a punto un sistema per testare la sicurezza delle altre protesi al seno in uso, come quelle lisce e soprattutto le micro-testurizzate, e potenzialmente di altre tipologie di protesi o dispositivi medici, anche molto diversi da una protesi al seno. Indipendentemente da forma e funzione infatti, tutti i dispositivi medici hanno una superfice esterna a contatto con i tessuti dell’organismo e, come la nostra ricerca dimostra, il modo in cui è fatta questa superficie ha un ruolo importante”.

I ricercatori hanno analizzato il profilo di attivazione immunitaria

Lo studio ha coinvolto 43 pazienti che avevano necessità di sostituire la propria protesi al seno, una procedura comune a distanza di tanti anni dal primo inserimento e nel caso di protesi temporanee, a espansione, il cui ruolo è proprio quello di preparare il tessuto a ospitare la protesi permanente. Oltre il 60% delle donne aveva una storia di tumore al seno e a seguito dei trattamenti aveva fatto ricorso alla chirurgia ricostruttiva. I ricercatori hanno raccolto il liquido peri-protesico delle pazienti e l’hanno analizzato con tecniche di analisi genomica e cellulare avanzate. L’obiettivo era duplice: identificare la presenza di infezioni batteriche e analizzare il profilo di attivazione immunitaria, ovvero quali cellule del sistema immunitario e quali citochine infiammatorie erano presenti”.

Le protesi lisce e quelle micro-testurizzate hanno bassi tassi di infiammazione

“Abbiamo scoperto che l’elemento chiave nel determinare la risposta infiammatoria, sia cellulare che molecolare, non era la presenza o meno di infezioni batteriche, quanto piuttosto la struttura geometrica superficiale delle diverse protesi”, afferma Roberto Rusconi, professore associato di fisica applicata presso Humanitas University e responsabile del laboratorio di biofisica e microfluidica di Humanitas. “Nel caso delle protesi macro-testurizzate, che presentano cioè superfici con avvallamenti particolarmente pronunciati e spigolosi, come dei veri e propri pozzetti micrometrici, l’infiammazione è maggiore. Mentre le protesi lisce e quelle micro-testurizzate, ovvero solo lievemente “ruvide” – una proprietà importate per mantenerle stabili e ridurre il rischio di altre complicanze – hanno tassi bassi di infiammazione e si confermano sicure”.

Le protesi macro-testurizzate intrappolano le cellule immunitarie

Per comprendere meglio il motivo di questa reazione infiammatoria, i ricercatori hanno riprodotto fedelmente la superficie delle protesi in laboratorio e hanno studiato come le cellule immunitarie reagiscono in un contesto controllato. L’esperimento è stato possibile grazie alla collaborazione con il gruppo di Gerardus Janszen e di Luca di Landro del Politecnico di Milano, che hanno utilizzato un microscopio elettronico in grado di fotografare la superfice delle protesi a livello nanometrico, per poi riprodurle fedelmente utilizzando un materiale polimerico, il PDMS, simile a quello impiegato per le protesi al seno. “Gli studi condotti in laboratorio hanno confermato quanto osservato nei campioni clinici”, spiegano Rusconi e Vinci. “Non solo, ma ci hanno permesso di vedere cosa stava realmente accadendo: le cellule immunitarie, ed in particolare i linfociti T, vengono intrappolate all’interno dei pozzetti presenti sulla superficie delle protesi macro-testurizzate. In questa condizione di confinamento, rilasciano segnali di comunicazione fra le cellule del sistema immunitario, le citochine appunto, caratteristici di uno stato di infiammazione cronica”, aggiungono.

Messa a punto piattaforma tecnologica per testare le superfici dei dispositivi medici

“Lo studio dà un messaggio positivo sulla sicurezza delle protesi micro-testurizzate e ha un alto valore traslazionale: grazie a questo lavoro abbiamo messo a punto una vera e propria piattaforma tecnologica per testare le superfici di altre tipologie di protesi e dispositivi medici”, sottolineano Rusconi e Vinci. “È molto importante che, come accade in Humanitas, un ospedale collegato a un centro di ricerca faccia anche questi studi, fondamentali per dare risposte concrete alle richieste di qualità e sicurezza delle pazienti. Ricerca e pratica clinica in rapporto stretto, per il continuo miglioramento della cura“, conclude Marco Klinger, responsabile dell’Unità di Chirurgia Plastica dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas.

 

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