Lazzari (CNOP): «La sentenza difende il principio della multiprofessionalità già ribadito nei nuovi Lea». Tuttavia, l’emergenza è un’altra: «l’Italia investe troppo poco per la cura della salute mentale e la presenza di psicologi all’interno di queste strutture è inadeguata»
«Non è una guerra tra professioni. Permettere che anche gli psicologi possano accedere alla direzione di struttura operativa complessa di salute mentale, in cui vengono effettuati sia servizi medici che psicologici, difende il principio della multiprofessionalità». È così che David Lazzari, responsabile del servizio di psicologia dell’azienda ospedaliera di Terni, membro dell’esecutivo del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli psicologi(CNOP), commenta la sentenza emanata dal Consiglio di Stato nei giorni scorsi. Posizione che ha ribaltato la precedente posizione del Tar. Il Tribunale amministrativo regionale, infatti, aveva sentenziato la legittimità dell’esclusione degli psicologi dal bando, riservato solo ai camici bianchi, per l’accesso alla dirigenza di strutture di salute mentale in cui i servizi erogati sono sia di natura medica, che psicologica.
Il Consiglio di Stato con il suo verdetto ha sancito l’illegittimità delle “discriminazioni tra dirigenti medici e dirigenti psicologi, in quanto entrambi appartenenti al ruolo del personale sanitario del SSN”. Una decisione che per Lazzari «difende il principio della multi professionalità ribadito, due anni fa, dai nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza), ovvero l’insieme di quelle prestazioni che il Sistema Sanitario Nazionale si impegna ad erogare ai cittadini. Nel campo della salute mentale, sia per adulti che per minori – continua il membro dell’esecutivo del CNOP – i nuovi Lea prevedono un approccio multiprofessionale, sia nella fase della valutazione del paziente che dell’intervento. Questo può essere di tipo farmacologico, psicologico o psicoterapico, a seconda dei casi, in molti dei quali integrato. Tutti interventi che i nuovi Livelli essenziali di assistenza hanno posto su uno stesso piano».
Questa sentenza, dunque, non farebbe altro che adeguare anche la scelta dei dirigenti di struttura operativa complessa di salute mentale al lavoro multidisciplinare già previsto in questi luoghi. «Dal momento in cui lo psicologo è una figura dirigenziale alla stessa stregua di quello dello psichiatra – sottolinea Lazzari – è ovvio che deve poter accedere anche ai posti di dirigenza di secondo livello di strutture complesse, così come concesso ai medici».
E dopo tutto non sarebbe neanche una novità. «In altri servizi – aggiunge l’esperto – la dirigenza è accessibile alle varie figure professionali che vi lavorano, psicologi compresi. Le competenze dello psicologo, infatti, non si limitano alla sfera della salute mentale: si occupano di quella materno-infantile, lavorano nei consultori, in centri per la dipendenza, si dedicano alla prevenzione del disagio psicologico, alla cura di malati cronici. Di conseguenza, in quei servizi dove è prevista la collaborazione di più figure professionali, come ad esempio un consultorio familiare, il responsabile potrà essere un ginecologo, come anche uno psicologo, o un professionista di altro tipo».
Ma la sentenza del Consiglio di Stato, pur rappresentano una vittoria, per l’Ordine professionale non è un traguardo, piuttosto un nuovo punto di partenza. «In questi stessi servizi dove ora gli psicologi possono aspirare ad una dirigenza di secondo livello – dice Lazzari – c’è un altro problema da affrontare: la carenza drammatica in organico di queste figure professionali. Esistono servizi di salute mentale dove non c’è neanche uno psicologo. Complessivamente, l’Italia investe troppo poco per la cura della salute mentale. Ed è questa la vera emergenza da affrontare, magari – conclude – proprio puntando su quel principio, già affermato nei nuovi Lea, di collaborazione multiprofessionale».