Il professor Robert Bohm (Università di Aquisgrana): «Presto l’OMS lo utilizzerà per comprendere i diversi tassi di vaccinazione nel mondo. In Italia vince la disinformazione. Per combatterla bisogna ridurre l’influenza dei no vax sul resto della popolazione»
I no vax non sono tutti uguali. Oltre agli scettici e ai malinformati, ci sono i pigri, gli egoisti e gli smemorati. E per poter intervenire in modo efficace e far loro cambiare idea, è necessario capire a quale gruppo appartengano. Perlomeno ne è convinto Robert Bohm, professore di analisi decisionale presso l’università di Aquisgrana, che al Festival della Scienza Medica di Bologna ha raccontato dei suoi esperimenti di psicologia cognitiva con cui tenta di comprendere i meccanismi che influenzano la ricezione dell’informazione scientifica, temi vaccinali inclusi.
«Abbiamo elaborato un modello teorico che riassume le cinque principali ragioni per cui le persone non si vaccinano – spiega Bohm ai nostri microfoni -. Nel primo gruppo rientrano coloro che non credono alla sicurezza dei vaccini perché si fidano di coloro che dicono di non vaccinarsi; nel secondo ci sono i no vax che non ritengono pericolose le malattie contro cui ci si vaccina; poi c’è chi, banalmente, si dimentica di vaccinarsi o ritiene troppo impegnativo farlo; la quarta ragione è la mancata conoscenza dei benefici sociali che i vaccini portano a tutta la collettività e, infine, c’è chi, giustamente, vuole informarsi per prendere una decisione consapevole ma si affida a fonti non scientifiche».
Per individuare la predominanza di un gruppo o l’altro in un determinato Paese, Bohm ha redatto un questionario utilizzato per studiare la composizione dei no vax in Germania e negli Stati Uniti. La versione breve consiste in sole cinque domande, è stato già tradotto in più di 20 lingue e l’Organizzazione Mondiale della Sanità potrebbe, in un prossimo futuro, utilizzarlo per comprendere perché i tassi di vaccinazione, in alcune parti del mondo, sono così bassi. «Solo conoscendo le ragioni dei no vax – aggiunge il professore tedesco – è possibile stabilire la modalità più adatta con cui intervenire e intraprendere politiche vaccinali efficaci. Altrimenti, spesso sono una perdita di tempo e di soldi».
«Le grandi differenze tra i Paesi possono essere spiegati in diversi modi – ribadisce Bohm -. Ad esempio, in alcune aree le credenze religiose o ideologiche possono coprire un ruolo molto importante, ma in Germania giocano una parte molto minoritaria».
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E in Italia? Quale gruppo predomina? «C’è stata molta disinformazione – risponde Robert Bohm – e la paura nei confronti dei vaccini è stata cavalcata da alcuni no vax particolarmente attivi». Per poterli contrastare, allora, secondo Bohm è necessario «ridurre l’impatto che hanno sul resto della popolazione». E parte della colpa ricade anche sul mondo della comunicazione: «Spesso i giornalisti costruiscono il dibattito cercando un equilibrio tra favorevoli e contrari. Ma quando si parla di scienza, questo equilibrio non ha senso. Dovrebbero essere interpellate molte più persone a favore dei vaccini e meno contro. Non dico di censurarli, ma bisogna spiegare chiaramente alla popolazione da quale parte stanno le prove scientifiche. In questo modo si aiuta il lettore o lo spettatore a pesare in modo diverso le informazioni che riceve, e l’influenza dei no vax sarà sicuramente inferiore».