«Bisogna migliorare la comunicazione tra camice bianco e paziente. L’unico modo per difendersi è dare spazio all’informazione, quella affidabile, coerente e fondata». La parola allo psicologo Armando de Vincentiis
Radiato dall’Ordine un cardiologo italiano per le sue posizioni antivacciniste. È la prima volta che in Italia si ricorre ad una misura disciplinare così estrema per combattere la pericolosa tendenza anti-vax. In passato accadde a Andrew Wakefield, il medico britannico che sostenne la relazione tra vaccini e autismo, considerato uno dei ‘fautori’ del sentimento ostile nei confronti delle coperture vaccinali; oggi succede anche nel nostro Paese. Eppure, nonostante i provvedimenti disciplinari, nonostante le continue campagne pro-vaccini, le lotte del mondo medico-scientifico, l’aumento di casi di morbillo nell’ultimo anno generati da una diminuzione della percentuale di coperture, l’argomento suscita ancora polemiche e scetticismo. Perché i genitori hanno paura di vaccinare i propri figli? Perché talvolta decidono di affidarsi al web anziché alla voce autorevole degli esperti? Tutte queste domande le abbiamo poste ad Armando de Vincentiis, psicologo e psicoterapeuta membro del CICAP, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale in occasione del recente Convegno ‘Medicina e pseudoscienza’ organizzato all’Ergife di Roma.
Psicosi vaccini: ci sono stati dei casi di morbillo effettivamente importanti in questo ultimo anno. Quanto questi dati sono connessi alla disinformazione?
«Sicuramente c’è una connessione tra la disinformazione e tutto quello che sta accadendo. Si sono create delle correnti ideologiche anti-vacciniste e questo ovviamente determina un reale pericolo per la salute. Ma questa disinformazione va anche ad attecchire su un bisogno emotivo di famiglie che hanno la necessità di attribuire un capro espiatorio al mondo esterno. Facciamo riferimento ad esempio alla correlazione tra vaccini e autismo: poiché l’autismo non ha una causa ben definita e non si comprende come questa malattia possa svilupparsi, anche se oggi abbiamo ovviamente delle informazioni in più rispetto a un tempo, la gente comunque ha la necessità di avere un controllo, e questo controllo lo attribuisce negando ad esempio il vaccino e il pericolo infondato che il vaccino possa determinare l’autismo. E quindi di conseguenza le persone si allontanano da questa prevenzione con l’illusione di avere un controllo sulle malattie e paradossalmente non fa altro che aprire l’ingresso verso malattie ancora più gravi».
Questo è il motivo per cui nonostante siano stati smentiti i dati dello studio Wakefield, che affermava un collegamento tra autismo e vaccini, tuttora vengono considerati? La questione più grave è che quelle teorie, non solo vengono considerate dai pazienti ma anche dagli operatori sanitari…
«Tra le varie correnti ideologiche che si sono formate esiste anche quella del complottismo, e ci sono molti medici che sono immersi all’interno di questa struttura che si potrebbe definire un tantino ‘paranoica’, nel senso che ci sono un serie di informazioni, quelle ovviamente fondate, che sono subito contraddette da informazioni infondate, come lo studio di Wakefield. Allora cosa succede, qual è la percezione delle persone? Che attraverso informazioni contrastanti suscitano un sentimento di tipo paranoico, e questo ovviamente fa aderire a immaginari del tipo: interessi di case farmaceutiche, ci nascondono qualcosa, ci sono le cure ma non lo vogliono fare etc… E questo è un paragone che faccio anche all’interno di una dinamica relazionale in cui ci sono genitori che danno delle informazioni contrastanti e il bambino sviluppa una reazione di tipo paranoico a questo tipo di messaggi. Possiamo considerare lo Stato, la televisione, i media, come dei genitori che danno informazioni e il pubblico un bambino che, di fronte a informazioni contrastanti, sviluppa una modalità paranoica di percepire il mondo, e quindi di aderire anche a ideologie infondate come quelle di natura complottistica».
Come difendersi da tutto questo?
«Innanzitutto con l’informazione. L’informazione ci dà quel qualcosa in più, ma un bombardamento di informazione corretta che dà qualcosa agli indecisi, dà qualcosa a chi ancora non si è collocato all’interno di un sistema logico. Sarebbe il caso di prendere uno ad uno le persone da un punto di vista clinico, da un punto di vista medico-paziente, e quindi cercare di allargare questo sistema di informazione corretta per cercare di fare, in senso positivo, quanti più proseliti possibili».
Cosa consiglia ai medici? Come approcciarsi ai pazienti per cercare di fargli capire l’importanza dell’informazione corretta?
«Il medico deve migliorare il proprio rapporto comunicativo con il paziente. Il medico non deve essere soltanto colui che osserva la malattia del paziente, ma deve osservare il paziente nella sua globalità anche da un punto di vista relazionale: maggiore la fiducia con il medico, maggiore sarà l’adesione alle cure da parte del suo paziente».