«Le malattie della pelle non hanno implicazioni solo di tipo estetico: possono essere la spia di altre problematiche ed impattano notevolmente sulla qualità di vita di chi ne soffre». L’intervista alla professoressa Clara De Simone
«Le malattie dermatologiche rischiano di essere considerate importanti solo dal punto di vista estetico e non come problematiche di salute in senso più ampio. Niente di più sbagliato: non solo possono associarsi ad altre patologie – artrite psoriasica, arteriosclerosi – ma condizionano fortemente la qualità di vita dei pazienti, dal punto di vista fisico, relazionale e lavorativo». Così la professoressa Clara De Simone – Dirigente UOC Dermatologia al Policlinico “A. Gemelli” di Roma – descrive la psoriasi, malattia della pelle complessa e invalidante e ci indica i nuovi percorsi clinici che accompagnano oggi i pazienti, dalla diagnosi alla terapia.
Dottoressa, la psoriasi è solo un problema estetico o la spia di altre patologie?
«La psoriasi è una malattia che alcuni decenni fa veniva definita “la malattia dei sani” perché ci si limitava a considerarla una malattia con un problema sostanzialmente estetico. Questo non è vero, perché la psoriasi si può associare a numerose comorbidità, prima tra tutte l’artrite psoriasica, un’infiammazione a livello delle articolazioni e dei tendini che colpisce, fortunatamente, il 30% dei pazienti con psoriasi. Di solito, fa seguito ad una psoriasi, però qualche volta può precedere la comparsa della malattia della pelle ed in questo caso diventa più difficilmente diagnosticabile come patologia articolare. A parte l’artrite psoriasica, quello che si sa attualmente è che la psoriasi non è soltanto una malattia della pelle e soprattutto le forme più severe e che durano da più tempo si associano ad uno stato di infiammazione interna sistemica che può avere delle ripercussioni sullo stato di salute generale. Mi spiego meglio: può avere ripercussioni sull’apparato cardiocircolatorio, perché può favorire un’altra patologia – l’arteriosclerosi – e associarsi a coronaropatie, malattie ischemiche a livello del sistema nervoso centrale o vasculopatie periferiche».
Quanto è importante adottare uno stile di vita corretto e puntare su un’alimentazione sana ed equilibrata?
«Il paziente con psoriasi spesso adotta uno stile di vita non salutare: in più, c’è un rapporto bidirezionale tra obesità, sovrappeso e psoriasi. In che senso? Attualmente, sappiamo che l’obesità e il sovrappeso sono condizioni metaboliche che si associano ad uno stato di infiammazione cronica e rappresentano, quindi, fattori predisponenti alla psoriasi; dall’altro canto, dobbiamo anche considerare che il paziente con la psoriasi si auto limita nell’attività fisica ed ha un’alimentazione meno congrua: vita sedentaria, assunzione di alcol, fumo sono tutti fattori che possono influire negativamente sulla malattia e sulla patologia cardiovascolare a cui l’infiammazione della psoriasi può contribuire. È fondamentale osservare uno stile di vita alimentare corretto, evitare l’assunzione di alcol e fumo e mettere in atto un’attività fisica regolare, evitare la vita sedentaria».
Quali sport privilegiare?
«Solo per i pazienti con artrite psoriasica è opportuno tener presente il parere di un reumatologo, ma in generale non ci sono sport più o meno indicati per un paziente con la psoriasi. Il cloro della piscina può risultare irritante per alcuni pazienti e aumentare o provocare prurito».
Che cos’è l’indice PASI e come si calcola?
«È un indice che ci consente di valutare la severità della malattia dal punto di vista clinico analizzando le caratteristiche, la morfologia, l’estensione delle lesioni calcolando questi fattori: eritema, infiammazione, desquamazione ed estensione delle placche. Si ricava un indice numerico in base al quale è possibile distinguere se una psoriasi è lieve, moderata o severa. Qual è l’utilità di tutto ciò? Individuare l’opportunità di ricorrere ad una terapia interna per le forme moderate o severe e la terapia locale per le forme lievi. Non sempre, però, la severità della malattia si può calcolare in base all’indice PASI, perché la psoriasi ha un effetto estremamente importante sulla qualità di vita del paziente e va analizzata in relazione a quanto impatta sulla qualità di vita del paziente: una forma limitata dal punto di vista delle manifestazioni cutanee diventa severa se si sviluppa in zone delicate e compromette le relazioni sociali o l’attività lavorativa, magari in persone che lavorano per il pubblico. Questi sono i criteri che noi utilizziamo per calcolare la severità della malattia dal punto di vista clinico e psicologico ricercando il benessere del paziente a 360°».
Quando dobbiamo rivolgerci allo specialista?
«Nella maggior parte dei casi i sintomi sono visibili: parliamo di chiazze e placche infiammate che, normalmente, compaiono in sedi caratteristiche: gomiti, ginocchia, e cuoio capelluto, una sede tipica quest’ultima che spesso non viene diagnosticata correttamente. A volte le psoriasi minime nascondono un’artrite non ancora inquadrata; inoltre, in questo caso, è importante identificare la psoriasi anche quando non ha le caratteristiche tipiche perché consente un precoce e adeguato trattamento della malattia articolare. Al dermatologo è richiesto, oggi, di coordinare un approccio multispecialistico: ha il compito, quindi, non solo di diagnosticare la malattia, definirne la severità per prospettare l’adeguato trattamento ma, soprattutto, di condurre un esame obiettivo fisico generale e analizzare la storia clinica del paziente per capire se sono presenti eventuali comorbidità. La collaborazione con gli altri specialisti consentirà quindi di individuare la cura giusta della psoriasi senza aggravare altre patologie concomitanti».
È chiaro che la psoriasi è una malattia che ha ripercussioni sulla sfera psicologica e relazionale di chi ne soffre. Che consigli può dare ai pazienti per tenere sotto controllo tutti i disagi che provoca?
«Dal punto di vista clinico, la terapia deve essere personalizzata: i diversi gradi di severità della malattia e l’associazione con diverse comorbidità ci obbligano ad un trattamento che sia cucito addosso alle singole esigenze del paziente. Questo è valido anche per ciò che riguarda le implicazioni psicologiche: è difficile, ma fondamentale, far emergere questa necessità durante la visita specialistica, perché è chiaro che un paziente consapevole del disagio va seguito e supportato anche con un approccio di questo tipo».