A Sanità Informazione, la presidente AOGOI, Elsa Viora, e la presidente della FNOPO, Silvia Vaccari, commentano le parole del sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, sulla possibile rimodulazione dei punti nascita in Italia
«Presenza nelle 24 ore dell’organico completo delle figure professionali coinvolte (ostetriche, ginecologi, neonatologi, anestesisti), la possibilità di effettuare gli esami ematochimici e diagnostici e di utilizzare una sala operatoria adeguata h24, la disponibilità di sangue ed emoderivati». Sono questi i requisiti minimi standard da garantire affinché i punti nascita possano offrire sicurezza e qualità delle cure, per la mamma e il suo bambino.
Lo aveva detto nei giorni scorsi il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, rispondendo all’interrogazione sul tema presentata in Commissione Sanità al Senato da Isabella Rauti (FdI) e lo ribadiscono la presidente AOGOI (Associazione ostetrici ginecologi), Elsa Viora, e la presidente FNOPO (Federazione Nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica), Silvia Vaccari, in un’intervista a Sanità Informazione.
I punti nascita ospedalieri sono stati riorganizzati in seguito all’Accordo sancito il 16 dicembre 2010, in sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni-Enti Locali, attraverso il documento “Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo”. «È necessario che questi criteri organizzativi, molto chiari e ben definiti, vengano mantenuti – commenta la presidente dei ginecologi Viora -. Allo stesso tempo, sarebbe opportuno incrementare i servizi territoriali, soprattutto in quelle aree d’Italia geograficamente svantaggiate, lontane da ospedali e punti nascita».
Per migliorare l’assistenza offerta alle donne in gravidanza, e di conseguenza gli standard di sicurezza, sarebbe opportuno valutare i rischi a cui è potenzialmente esposta ogni singola donna. «Una previsione che, in condizioni di efficienza, andrebbe effettuata ancor prima del concepimento. Laddove questo non è realizzabile – aggiunge la presidente Viora -, allora bisognerà seguire la gravida fin dalle prime settimane di gestazione, rivalutando il rischio di mese in mese, poiché la gravidanza presenta e può presentare numerose variabili lungo tutto l’arco dei nove mesi».
Tenere chiusi i punti nascita con meno di 500 parti all’anno non è solo una questione economica. «Un professionista, al di là della preparazione universitaria, specialistica e di aggiornamento continuo, si forma anche e soprattutto attraverso l’esperienza sul campo – spiega la presidente dei ginecologi -. Di conseguenza, chi assiste a 200 parti ogni anno, statisticamente, si troverà ad affrontare una complicanza rara (una di quelle che, ad esempio, si verifica ogni mille nati) almeno ogni 5 anni. La scarsa esperienza diretta, che coinvolge l’intera equipe di un determinato punto nascita a bassa natalità, si ripercuote sulla sicurezza della struttura. Chi assiste ad un evento raro più volte in un solo anno sarà, ovviamente, più preparato ad affrontare una situazione di emergenza».
Anche i numeri raccolti in questi ultimi anni confermano che l’accordo del 2010 ha aumentato gli standard di sicurezza: «Da quando sono stati chiusi i punti nascita con meno di 500 parti all’anno – aggiunge la presidente della Fnopo Silvia Vaccari – non c’è stato alcun peggioramento nell’assistenza offerta alle madre ed ai neonati. Laddove necessario, a causa di condizioni geografiche avverse, sono stati attivati servizi di elisoccorso per il trasporto delle partorienti nel punto nascita più vicino, così come, in altri territori meno ostacolati dalla presenza di catene montuose, nelle auto mediche e nelle ambulanze predisposte al trasporto delle gravide è stata assicurata la presenza dell’ostetrica».
Ovviamente, in questi anni, che qualche donna non abbia raggiunto in tempo il punto nascita più vicino, nonostante l’organizzazione territoriale, è stato inevitabile. «Quando il parto è tempestivo può essere difficile anche arrivare ad un punto nascita piuttosto vicino, situato a poche decine di minuti di distanza. Fortunatamente, però – sottolinea Vaccari – anche in questo caso è stato assicurato il buon esito, soprattutto grazie all’utilizzo della telemedicina, che ci ha permesso di seguire e monitorare il parto a distanza».
Al di là delle singole peculiarità professionali, appare dunque chiaro che ginecologi e ostetriche hanno lo stesso obiettivo: tutelare la salute della donna e del neonato. «La gestione dei punti nascita può essere rivista, ma solo per essere migliorata, non di certo peggiorata – commentano le presidenti Viora e Vaccari -. Se un punto nascita non può garantire, per carenza di risorse e/o personale, gli standard minimi di sicurezza sanciti nel 2010 – concludono – è molto meglio che continui a restare chiuso».
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