Alla vigilia dell’appuntamento che porterà a Modena dall’11 al 13 novembre i più grandi professionisti dell’Urologia, il dottor Giovanni Ferrari, dell’Hesperia Hospital, spiega il primo intervento di prostatectomia radicale robot assistito in un paziente in anestesia spinale toracica e le nuove tecnologie che renderanno la sanità più sostenibile
Luce, vapore ed acqua, tre elementi che grazie alla tecnologia rendono possibili nuove frontiere nell’urologia. Sarà questo il tema cardine del 15° Congresso Nazionale UrOP (Urologi Ospedalità Privata) organizzato da Giovanni Ferrari, Direttore del reparto di Urologia di Hesperia Hospital che si terrà per la prima volta a Modena dall’11 al 13 novembre presso il Forum Guido Monzani.
Illustri professionisti provenienti da tutta Italia avranno modo di confrontarsi sulle nuove tecniche e conoscere i dettagli del primo intervento di prostatectomia radicale robotica mininvasiva su un paziente con cancro alla prostata realizzato in anestesia spinale dallo stesso dottor Ferrari presso Hesperia Hospital di Modena, struttura del Gruppo Garofalo Health Care.
«Partendo dalla tecnologia robotica, con cui oggi si trattano pazienti affetti da carcinoma prostatico e renale – racconta il dottor Ferrari a Sanità Informazione – che presenta però dei limiti per chi ha malattie vascolari, glaucoma, enfisema, ictus o aneurisma, per la forte pressione che si genera sul cranio a causa della posizione inclinata a trenta gradi, ho ideato una tecnica extraperitoneale con anestesia spinale leggera. Questo permette di ottenere un duplice obiettivo: tenere il paziente vigile e quindi raccogliere stimoli dallo stesso e di ridurre la somministrazione di oppioidi durante l’intervento che potrebbero essere responsabili di un peggioramento della prognosi nei pazienti oncologici e in chi ha patologie cardiovascolari e neurologiche. L’anestesia spinale leggera riduce poi il dolore post-operatorio, senza necessità di somministrazione di farmaci antidolorifici, e consente una precoce mobilizzazione del paziente già a distanza di poche ore».
L’idea di abbinare l’intervento extraperitoneale con l’anestesia spinale prolungata rappresenta solo una delle nuove tecnologie che verranno presentate durante il convegno. L’attenzione sarà rivolta infatti anche ad altre tecniche mininvasive per il trattamento dell’ipertrofia prostatica benigna. «Attraverso l’utilizzo del laser, dell’acqua ad alta pressione e della termoterapia si possono ridurre rischi operatori e post-operatori come: impotenza, incontinenza, sanguinamento – sottolinea Ferrari -. L’impiego del laser in urologia risale a circa 15 anni fa. Si tratta di un laser a luce verde indicato in particolare per pazienti a rischio sanguinamento perché i raggi laser interferiscono bene con l’emoglobina e generano una perfetta emostasi. Questo permette già a 24 ore dall’intervento di togliere il catetere e dimettere il paziente. Allo stesso modo può essere utilizzato su pazienti cardiovascolari che necessitano di antiaggreganti e anticoagulanti».
Di recente utilizzo è invece il Rezum, getto a vapore che permette di “cuocere” la prostata. «Si inocula un getto di vapore che genera un sussulto termico e porta ad una degradazione proteica con la conseguente morte delle cellule e la riduzione del volume della ghiandola prostatica – riprende il direttore del reparto di Urologia dell’Hesperia Hospital, la cui esperienza nella chirurgia prostatica risale al 1987 per proseguire con la laparoscopia nel 2001 e approdare alla chirurgia robotica nel 2015 -. Si tratta di una tecnica utilizzata per pazienti giovani per i quali è necessario conservare la eiaculazione, non sempre possibile nei trattamenti tradizionali della prostata. In questo caso, invece, si conserva la fertilità oltre a ridurre i tempi chirurgici e la permanenza in ospedale. Situazione che, a cascata, permette di recuperare posti letto, ridurre le liste di attesa ed evitare spreco di denaro pubblico. Unico inconveniente potrebbe essere necessario ripetere l’intervento dopo cinque anni».
Stesso risultato, ma con una tecnica diversa è garantito dall’acquabeam. Attraverso una sonda con un getto d’acqua molto forte viene distrutto il tessuto della prostata in pochi secondi e ridotto il volume della stessa. «Tutto è computerizzato – riprende Ferrari -, per la riuscita occorre una buona indagine prima dell’intervento e una pianificazione post-operatoria. Anche in questo caso si parla di un trattamento mininvasivo che non genera effetti collaterali e che permette un recupero veloce con dimissione dopo 24 ore».
Innovazione e tecnologia rappresentano il presente, ma ancor più il futuro come puntualizza Ferrari: «Con otto colleghi abbiamo creato un gruppo di tutoraggio con il quale mettiamo questa tecnologia a disposizione della sanità pubblica. Ad oggi sono circa quarantadue i centri che la attuano». Un segnale incoraggiante per la sostenibilità della sanità pubblica che per Ferrari non deve però far dimenticare il valore umano della medicina. «È importante che i giovani non si facciano troppo affascinare dalle nuove tecnologie – conclude – per questo nel congresso abbiamo previsto una sessione che riguarda l’umanizzazione delle stesse e tratteremo il tema con psicologi, esperti in bioetica e ingegneri affinché la tecnologia sia al servizio dell’uomo e non viceversa».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato