Salute 25 Gennaio 2021 08:50

Quando il lavoro diventa una malattia: cos’è il workaholism e perché è aumentato con lo smart working

Algeri (psicoterapeuta): «Perfezionisti, persone orientate al successo e soggetti con atteggiamenti compulsivi sono più a rischio di dipendenza da lavoro. Con le misure restrittive, imposte per contenere la pandemia, è più difficile spostare l’attenzione su altre attività e liberarsi dal workaholism»

di Isabella Faggiano

Mentre il sonno sta per sopraggiungere, ad occhi chiusi, nel proprio letto, si ripercorre la giornata appena finita. Improvvisamente, ci si ricorda di non aver inviato una mail urgente o il dubbio di aver commesso un errore nel completare un lavoro ci assale. Se fino ad un anno fa avremmo dovuto aspettare il mattino seguente e varcare la soglia del nostro ufficio per risolvere queste faccende, oggi, nell’era dello smart working, basta alzarsi dal letto per raggiungere la postazione pc a casa propria o, addirittura, allungare il braccio verso il comodino per prendere il proprio smartphone o tablet. «Lo smart working ha aumentato i disturbi da dipendenza da lavoro, il cosiddetto workaholic», spiega Davide Algeri, psicologo, psicoterapeuta, direttore scientifico del Servizio italiano di psicologia online.

Più smart working, più workaholism 

Il telelavoro ha fuso l’ambiente privato con quello professionale: «Prima della pandemia si usciva di casa, si faceva un tragitto per arrivare a lavoro e già questo creava un distacco tra l’ambiente domestico e quello professionale. Adesso – continua lo psicoterapeuta – la maggior parte delle persone ha adibito ad ufficio un luogo del proprio appartamento, raggiungibile, senza sforzo, a qualsiasi ora del giorno e della notte. In questo modo, non è solo lo spazio fisico tra vita privata e lavorativa a ridursi, ma anche quello psicologico. I limiti e i confini tra la sfera personale e professionale sono così abbattuti».

Cos’è la dipendenza da lavoro

Il workaholism è una dipendenza senza sostanze: «Il lavoro diventa una fissazione: la famiglia, le relazioni sociali e qualsiasi cosa non faccia parte dell’ambito professionale viene escluso dalla propria vita – dice Algeri -. Questa dipendenza genera piacere, poiché provoca il rilascio della dopamina, la stessa sostanza liberata dall’uso di stupefacenti». Quando il livello di questo ormone cala, il soggetto sentirà l’esigenza di ritornare a lavoro, proprio come il tossicodipendente ricorrerà ad una nuova dose di droga. «Il workaholism – sottolinea l’esperto – è, dunque, una dipendenza comportamentale che se non soddisfatta, può generare livelli variabili di ansia».

Identikit dei soggetti più a rischio

Perfezionisti, persone orientate al successo e soggetti con atteggiamenti compulsivi sono generalmente le persone che possono più facilmente sviluppare una dipendenza dal lavoro. «I perfezionisti – dice Algeri – perché non si fermano finché non arrivano alla loro rappresentazione mentale di perfezione, spesso tutt’altro che raggiungibile. Le persone orientate al successo, invece, sono tipicamente inarrestabili: arrivati ad un obiettivo, pensano subito al traguardo successivo. Infine, i soggetti compulsivi possono sviluppare dipendenza dal lavoro perché, anche di fronte al minimo errore, tendono a ripetere la stessa attività, rimanendo bloccati per lungo tempo su uno stesso lavoro».

Soluzioni

Il workaholism, a differenza di tutte le altre forme di dipendenza, è socialmente accettato e quindi più difficile da riconoscere. «Una volta individuato, dal soggetto che ne è affetto o da chi gli sta accanto, la psicoterapia è utile ad aiutare l’individuo a focalizzare l’attenzione anche su altre attività dalle quali potrebbe trarre lo stesso piacere che deriva dal lavoro. Alternative – dice lo psicoterapeuta – che con le misure restrittive per contenere la pandemia da Covid-19 sono senza dubbio più difficili da trovare, tra socialità negata e palestre, teatri e cinema chiusi. Una situazione che, senza dubbio, ha contribuito ad aumentare la diffusione del workaholism. Se l’emergenza coronavirus ci ha tagliato fuori dalla vita sociale e ci ha allontanato dalle nostre passioni, allora, molti, costretti in casa, hanno pensato che potesse valere la pena buttarsi a capofitto nel lavoro». Ma attenzione: potreste accorgervi di essere affetti da workaholism quando sarà troppo tardi, quando questa dipendenza avrà già avuto effetti negativi sulla vostra salute. «Malesseri più o meno gravi, da sintomi gastrointestinali e gastrici, a debolezza, fino a problemi cardiaci, che – conclude Algeri – non lasceranno altra scelta che il riposo».

Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato

Articoli correlati
Nasce il progetto PMLAb per i pazienti COVID-19 immunocompromessi
La gestione del paziente immunocompromesso con COVID-19 richiede una particolare attenzione, che si concretizza con le Profilassi Pre-Esposizione con anticorpi monoclonali. A questo scopo è nato il progetto Prevention Management LAboratory (PMLAb), presentato oggi a Roma
Grazie all’intelligenza artificiale 1 persona su 2 potrebbe lavorare solo 4 giorni a settimana
Secondo un nuovo studio incentrato sulla forza lavoro britannica e americana, l’intelligenza artificiale potrebbe consentire a milioni di lavoratori di passare alla settimana lavorativa di quattro giorni entro il 2033
Tumori: 1 paziente su 6 abbandona il lavoro. Dalla Rete ROPI 3 proposte «salva-posto»
La ROPI ha analizzato 4 proposte di legge su congedi e indennizzi sul lavoro per i pazienti oncologici,, facendo emergere per ognuna di esse «luci e ombre». Si è arrivati così a individuare alcune proposte chiave per migliorare le regole a tutela dei lavoratori con tumore che Stefania Gori, presidente ROPI, ha presentato oggi in audizione alla XI Commissione (Lavoro pubblico e privato) alla Camera dei Deputati
di Redazione
Covid: cambiano le regole dello smart working, cosa succederà dall’1 luglio?
Nonostante il miglioramento delle condizioni sanitarie legate alla pandemia di Covid-19, il Governo ha deciso di prorogare lo smart working fino al prossimo 31 dicembre ai lavoratori fragili e genitori con figli fino a 14 anni, ma solo nel settore privato
Covid, alcune persone potrebbero aver perso l’olfatto per sempre? L’ipotesi allarmante in uno studio
La perdita dell'olfatto a causa di Covid-19 potrebbe durare a lungo o addirittura per sempre. Uno studio rivela che una persona su 20 non l'ha recuperato dopo 18 mesi
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Salute

Sanità Informazione sospende gli aggiornamenti per la pausa natalizia. Grazie e auguri a tutti i lettori!

Sanità Informazione sospende gli aggiornamenti per la pausa natalizia e, ringraziando tutti i suoi lettori, augura a tutti feste serene dando appuntamento al 7 gennaio 2025
Advocacy e Associazioni

Disabilità: ecco tutte le novità in vigore dal 1° Gennaio 2025

L’avvocato Giovanni Paolo Sperti, in un’intervista a Sanità Informazione, spiega quali saranno le novità in tema di legge 104/1992, indennità di accompagnamento e revi...
Advocacy e Associazioni

Natale, successo virale per il video dei ragazzi dell’Istituto Tumori di Milano

Il video di ‘Palle di Natale’ (Smile, It’s Christmas Day), brano scritto e cantato dagli adolescenti del Progetto giovani della Pediatria dell’Int, in sole 24 ore è stat...
Advocacy e Associazioni

Amiloidoisi cardiaca: “L’ho scoperta così!”

Nella nuova puntata di The Patient’s Voice, Giovanni Capone, paziente affetto da amiloidosi cardiaca racconta la sua storia e le difficoltà affrontate per arrivare ad una diagnosi certa. ...
Prevenzione

Ecco il nuovo Calendario per la Vita: tutte le vaccinazioni secondo le ultime evidenze scientifiche

Il documento affronta tutti gli strumenti per la prevenzione, dai vaccini contro il COVID-19 agli strumenti per combattere l’RSV, passando per i vaccini coniugati contro lo Pneumococco e quello ...