Secondo il Cdc statunitense, dopo la seconda dose i vaccinati possono evitare la quarantena in caso di contatto con un positivo. In Italia si invita il Cts a intervenire per aiutare il ritorno alla normalità
Quarantena anche se vaccinati dopo un contatto con soggetto positivo a Covid: precauzione inutile o necessaria? Si dibatte da qualche giorno su questo argomento senza riuscire a trovare un accordo tra esperti e organizzazioni. Dagli Usa arrivano raccomandazioni più leggere: se rientranti in determinati “criteri di sicurezza”, la quarantena non sarà necessaria. In Europa invece ci si muove in maniera più cauta per paura delle varianti e del possibile difetto dei vaccini. Anche in Italia il dibattito è acceso.
Il Center for Disease Control (CDC) americano ha rilasciato mercoledì una dichiarazione. Se si è stati completamente vaccinati contro il coronavirus e sono trascorsi 15 giorni dall’inoculazione della seconda dose, dopo un contatto con un positivo si può evitare la quarantena. A patto che non siano trascorsi oltre tre mesi dalla seconda dose. Sapendo ancora poco dell’effettiva durata dell’immunità, infatti, la quarantena dopo questo intervallo di tempo potrebbe essere necessaria.
E non si dovrebbero ripensare solo le procedure per la quarantena: «Pensiamo ad esempio ai tamponi per l’ingresso nei reparti d’ospedale, obbligatori per tutti. Se però entra un vaccinato che ha già fatto la seconda dose da 2 settimane, non ha senso sottoporlo allo stesso iter».
Dello stesso parere è anche Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova e componente dell’Unità di crisi Covid-19 della Liguria. «Per quanto riguarda la quarantena per i vaccinati io non sono d’accordo. Se fosse così tutti i sanitari dovrebbero vivere in quarantena perché siamo sempre a contatto con Covid positivi. Un vaccinato che ha un contatto ravvicinato con un caso non dovrebbe fare quarantena. Dovrebbe essere controllato con un tampone».
Anche Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, crede che la quarantena «debba essere, almeno gradualmente, abbandonata. Nel momento in cui avremo una quantità ampia di vaccinati sarà necessario decidere. La valutazione di un tampone, in caso di esposizione diretta importante, resta un criterio prudenziale anche per il vaccinato. Ma essere messi in quarantena come prima della vaccinazione credo costituisca un ostacolo anche alla ripresa delle attività. Ma è una posizione sulla quale sono aperto al confronto».
La pensa diversamente l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione italiana di medicina personalizzata. La quarantena dovrebbe dipendere «dalla tipologia di vaccino somministrato, ma alle attuali conoscenze è meglio seguirla». Si riferisce ai dati che vengono da Israele, attualmente il paese con la campagna vaccinale più avanzata. «Il vaccino Pfizer – ha precisato Minelli – risulta essere efficacemente e completamente protettivo dopo circa un mese dalla somministrazione della prima dose, ovvero una settimana dopo la seconda».
«Di 7-10 giorni più lunghi risultano essere i tempi della piena efficacia del vaccino Moderna. Appare, dunque, evidente coma la quarantena possa ritenersi indispensabile per quei soggetti che fossero venuti in contatto con positivi nella finestra di tempo compresa nei 30 giorni successivi alla somministrazione della prima dose del vaccino Pfizer e nei 40 giorni successivi alla somministrazione della prima dose del vaccino Moderna», mentre sui vaccini AstraZeneca ancora si brancola nel buio.
Il virologo Fabrizio Pregliasco ha aggiunto che «Nessun vaccino è efficace al 100%». «Davvero non siamo certi della sterilizzazione del soggetto vaccinato, potrebbe prendere una forma di Covid irrilevante per lui, che rischia però di non esserlo – ha continuato – per le persone non ancora protette».
«Per i vaccinati restano le stesse regole di quarantena», ha concordato Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano. «Se si dovesse essere positivi al virus certamente il pericolo di poter contagiare gli altri rimane».
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