Verso l’immunità naturale, il segretario della SIMIT: «Negli ultimi tre mesi Omicron ha infettato circa 10 milioni di italiani, cifra quasi sicuramente sottostimata. Per questo, è estremamente probabile che il prossimo autunno almeno il 20-30% della popolazione sarà naturalmente protetta dal virus»
A 24 ore dal sì di Ema ed Ecdc alla quarta dose per gli over 80 il dibattito tra gli esponenti del mondo scientifico e non, si fa sempre più acceso. Marco Falcone, segretario della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT), in un’intervista a Sanità Informazione, fa chiarezza su alcuni dei dubbi maggiormente diffusi tra la popolazione che, nel giro di pochi giorni, si è ritrovata a fare i conti con due importanti novità: prima la circolazione di una nuova variante di Covid-19, la Xe, poi il via libera alla quarta dose per gli ultraottantenni.
«Tra gli anziani, più frequentemente che nel resto della popolazione, si assiste ad una risposta immunitaria da vaccino ridotta. Per questo, inoculare la quarta dose a chi ha più di ottant’anni gli garantirebbe una maggiore protezione».
«La risposta immunitaria che scaturisce da un vaccino è solitamente inferiore nella terza età. Questa differenza, tuttavia, risulta ancora più marcata con la vaccinazione anti-Covid e, di conseguenza, con i vaccini a mRna».
«La decisione di riservare la quarta dose solo a chi ha più di 80 anni è del tutto arbitraria, non basata su evidenze scientifiche. La risposta immunitaria al vaccino anti-Covid può essere ugualmente ridotta in un soggetto che ha già compiuto ottant’anni, così come in un individuo che ne ha 78 o 79. Suddividere la popolazione in fasce di età è utile solo ai fini di una migliore organizzazione della campagna di richiamo vaccinale».
«È molto probabile che non sarà protetto. Ne è la dimostrazione l’elevato numero di persone che, pur avendo effettuato tre dosi di vaccino, ha contratto il Covid-19 in queste ultime settimane. I vaccini che abbiamo attualmente a disposizione, infatti, proteggono dalle forme gravi della malattia ma non dal contagio, poiché tarati sul virus originale e non sulle nuove varianti in circolo».
«Non è prevedibile. Ma di sicuro, il prossimo autunno la popolazione sarà protetta non solo dall’immunità vaccinale, ma anche da quella naturale. Negli ultimi tre mesi Omicron ha infettato circa 10 milioni di italiani, cifra quasi sicuramente sottostimata. Per questo, è estremamente probabile che ci troveremo ad affrontare il virus con una doppia arma: non solo i vaccini, ma anche l’immunità acquisita naturalmente dal 20-30% della popolazione. Percentuale che potrebbe ulteriore aumentare nelle prossime settimane con la diffusione dell’ultima variante, la Xe».
«Certo. Ed è verso questa prospettiva che bisogna puntare. C’è la necessita di inoculare vaccini “aggiornati”. E non si tratta di un’utopia. I vaccini a mRna possono essere realizzati e immessi sul mercato in tempi molto più rapidi rispetto ai vaccini utilizzati in passato».
«Sì, le terapie precoci con farmaci antivirali, in primis quelli a somministrazione orale».
«Credo che sia ragionevole ipotizzare una prospettiva a duplice binario. Da un lato, vaccinare con la quarta dose, o ancora meglio con un nuovo vaccino aggiornato, le persone più fragili e più esposte a rischio di contagio. Dall’altro, implementare l’utilizzo degli antivirali orali che, se somministrai entro i primi 4-5 giorni dal contagio, abbattono rapidamente la carica virale, riducendo i sintomi a quelli di un banale e comune raffreddore».
Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato