Cinque dei dieci addetti all’archivio del tribunale di Milano si sono ammalati di cancro negli ultimi anni, sotto accusa la concentrazione di gas radon. In commissione Sanità di Regione Lombardia in discussione un progetto di legge regionale per la prevenzione in tema di radioprotezione
Dei 10 addetti all’archivio che lavorano negli uffici “archivio generale” e “corpi di reato” nei locali sotterranei del tribunale di Milano, cinque si sono ammalati di cancro negli ultimi anni. Troppi per essere una casualità, e così – secondo quanto riportato da AGI – è stato affidato ad un’impresa esterna il compito di determinare la concentrazione di radon attraverso 200 rilevatori. In attesa di conoscere i risultati con due rapporti a scadenza semestrale, cerchiamo di capire come questo gas killer arriva nelle nostre case o nei luoghi di lavoro mettendo in pericolo la vita dei cittadini.
È incolore, inodore e assolutamente impercettibile, ma può essere molto pericoloso tanto da essere classificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità dal 1990 come altamente cancerogeno e responsabile della seconda causa di neoplasia polmonare dopo il fumo di sigaretta. L’EPA e l’ufficio del Surgeon General stimano che il radon sia responsabile di oltre 21.000 decessi per cancro ai polmoni ogni anno negli Stati Uniti. In Europa si stima che muoia una persona ogni 80 secondi per tumore al polmone, mentre in Italia si contano 40 mila decessi l’anno, che rappresenta la prima causa di morte per neoplasia. Se il primo fattore scatenante della neoplasia polmonare è il fumo di sigaretta, il secondo è l’ambiente in cui si vive. Tutti infatti siamo esposti al gas radon.
Fondamentale, dunque, è monitorare la concentrazione. Perché ciò avvenga è stata istituita dal 24 al 28 gennaio 2022 la settimana di sensibilizzazione del radon dai CDC (Centri di prevenzione e controllo delle malattie) per aumentare la consapevolezza sui rischi e incoraggiare la prevenzione. «Il gas radon viene liberato dalla crosta terrestre e viene assorbito dalle particelle di particolato di pulviscolo atmosferico. Quando si respira, in presenza di radon in aria, le particelle su cui si assorbe il gas radioattivo decadono, originando le cosiddette “figlie del radon” (“radon daughters”) che possono restare a lungo all’interno dei polmoni», spiega il professor Domenico Maria Cavallo, biologo e dottore di Ricerca in Medicina del Lavoro e Igiene Industriale, docente presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie dell’Università degli Studi dell’Insubria.
«Il parenchima polmonare interno viene quindi bombardato da queste particelle alfa in grado di indurre neoplasie polmonari anche dopo anni di esposizione ad elevate dosi (e quindi al superamento dei valori limite raccomandati). Risulta pertanto fondamentale adottare misure per ridurre l’esposizione al radon attuando prevenzione avverso il cancro», aggiunge.
Dalla fine degli anni ’90 esiste un Programma Nazionale Radon (PNR) che è coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e realizzato attraverso le agenzie regionali di protezione ambientali (ARPA) con la dotazione di dosimetri finalizzati a quantificare la presenza di gas radioattivi in seminterrati, piani rialzati di tipologie edilizie come scuole, ospedali, attività commerciali. «La misurazione determina la mappatura su base regionale e nazionale e periodicamente vengono aggiornate le aree oggetto della presenza di gas radon a diversi scaglioni di concentrazione – prosegue il professor Cavallo -. L’unità di misura è il becquerel per metro cubo. Il valore limite attualmente raccomandato è pari a 250 becquerel per metrocubo per le abitazioni nuove, 400 per edifici di vecchia realizzazione. L’OMS di recente ha proposto di uniformare il tutto a 100 becquerel, con lo scopo di abbassare in modo significativo la dose a cui le persone possano essere esposte per non aumentare il rischio di neoplasia ai polmoni».
La presenza del gas radon è collegata a determinate formazioni geologiche come granito, tufo, porfido che contengono maggiori concentrazioni di uranio o radio, per questo conoscere la geologia di una zona può dare informazioni utili per individuare le zone più a rischio. L’Italia è il nono paese al mondo più radioattivo e quasi tutte le regioni hanno nel terreno concentrazioni di gas radon che diventa pericoloso se supera determinati limiti fissati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. «Il valore di radon in una casa dipende in modo decisivo anche da altri fattori quali la permeabilità del terreno, presenza di fessure nelle rocce, il modo in cui è costruita la casa ecc. – riprende il biologo -. In genere si può dire che basse concentrazioni di radio in un terreno molto permeabile, possono causare un inquinamento da radon maggiore che elevate concentrazioni di radio in un terreno poco permeabile».
Il gas radon è presente in particolare nei territori di origine vulcanica, quindi Sicilia e Campania con Etna e Vesuvio, così come nei territori carsici di Friuli-Venezia Giulia e Lombardia. «Va detto che la concentrazione di radon è variabile nel tempo – puntualizza Cavallo -, molto dipende dalle condizioni meteo e dai parametri metereologici, si diffonde dalla crosta terrestre in funzione delle variazioni di pressione atmosferiche. Il gas radon è un indicatore utilizzato per predire eventi sismici perché quando ci sono aperture della crosta terrestre, il gas viene più facilmente rilasciato dalle bolle presenti nelle faglie e si registrano variazioni significative di concentrazione nell’aria. Per questo l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) utilizza la misura della concentrazione di gas radon per studiare, anche preventivamente, eventi sismici».
Per contenere la diffusione sono necessari due tipi di intervento: strutturali ovvero con guaine impermeabilizzanti che vengono messe a livello delle fondamenta di un edificio per evitare che ci sia un contatto diretto tra terreno e costruzione, oppure si può intervenire con la ventilazione forzata che permette di immettere aria dall’esterno per impedire al gas di fuoriuscire dalla terra.
Per definire una neoplasia polmonare come da radon occorre che ci sia stata una esposizione protratta nel tempo da cui si è possibile dedurre la dose assorbita. «A differenza del mesotelioma causato dall’amianto, che ha un percorso preciso e un protocollo di diagnosi di terapia decodificato, il tumore polmonare da radon è difficile da definire, la prevenzione rappresenta la strada maestra da seguire – analizza il professor Cavallo -. I medici autorizzati per la protezione e gli esperti dell’IGRT (Istituzione Internazionale Di Protezione Radiologica): fisici, chimici e biologi danno le indicazioni della dose oltre la quale occorre fare una sorveglianza dedicata».
Secondo la mappa pubblicata dall’Istituto Superiore di Sanità la Lombardia risulta essere tra le più a rischio, per questo in Regione si sta pensando ad una nuova legge in grado di recepire le disposizioni introdotte dalla normativa nazionale ed europea in tema di radioprotezione, introducendo specifiche disposizioni volte alla maggiore tutela della salute di cittadini e lavoratori a rischio di esposizione al gas radon.
«Tra le iniziative sul tavolo della commissione Sanità la realizzazione di un apposito servizio telematico dedicato per gestire il flusso di dati sulla concentrazione media annua di radon nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro per favorire la vigilanza da parte di ATS e ARPA – spiega la consigliera regionale Patrizia Baffi (FDI) -, campagne di sensibilizzazione e informazione, promozione di corsi di formazione e aggiornamento per esperti per la bonifica da radon e di prevenzione nelle abitazioni, attuazione a cura di ARPA in riferimento all’edilizia residenziale pubblica; di specifici programmi di misurazione, oltre all’integrazione, a cura dei Comuni, dei regolamenti edilizi comunali con norme tecniche specifiche». Il testo sarà preso in esame e approfondito nelle prossime riunioni per arrivare al voto nella seduta del 9 febbraio.
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