Sotto accusa anche le strutture carenti: i camici bianchi minacciano scioperi se non avranno risposte dalle istituzioni
Ginecologi e ostetriche tornano sul piede di guerra dopo un anno esatto. Il 12 febbraio 2013, infatti, le due categorie si erano mobilitate in uno sciopero nazionale che paralizzò le sale parto di tutta Italia per chiedere un innalzamento della qualità delle strutture mediche e chiarezza sulla questione della responsabilità professionale dei medici.
Ora, però, c’è un altro elemento negativo da considerare: il silenzio istituzionale da cui si sentono circondati i professionisti sanitari: “Da un anno a questa parte nulla è cambiato – denunciano infatti le varie categorie di medici con una sola voce – ed è per questo che se le istituzioni continuano a non fare nulla torneremo a scioperare”.
I problemi da affrontare restano due. Il primo è che esistono ancora troppe strutture che, stando a quanto previsto dall’accordo Stato-Regioni datato 2010, andrebbero chiuse o ristrutturate perché considerate non adeguate. Sarebbero infatti centinaia le sale parto non a norma (sia perché effettuano meno di 500 parti l’anno, sia perché andrebbero messe in sicurezza) in cui si continuerebbe a lavorare nonostante tutto. Poi ci sono i contenziosi che si aprono nei casi di malpractice. Le associazioni di medici denunciano il sempre maggior numero di procedimenti promossi da parte di pazienti che si sentono danneggiati dall’operato dei camici bianchi e che si rivolgono alla giustizia italiana per ottenere un risarcimento. Il problema è che, di pari passo, anche il numero di aziende sanitarie che non rinnova la polizza assicurativa per la responsabilità civile sta crescendo.
Questa situazione ha, fondamentalmente, due conseguenze negative: prima di tutto, il professionista si sente sempre meno tutelato e, dunque, meno tranquillo nel momento in cui viene chiamato a fare il suo dovere. A questo punto quindi cerca di tutelarsi attraverso un maggior uso della medicina preventiva, che molto spesso è composta da esami e test superflui ma che il medico effettua comunque per tutelarsi. L’aumento del ricorso a questo tipo di pratica comporta ovviamente costi crescenti che vanno a pesare sulla spesa riservata al Servizio Sanitario Nazionale.
Il problema della mancanza di una legge organica e definitiva sulla responsabilità professionale dei medici è denunciato anche dagli ortopedici, che rappresentano la categoria più colpita da contenziosi medico-legali.