Cappiello (Anaao Assomed): «Ridefinire i criteri di distribuzione dei fondi su base epidemiologica e non anagrafica»
Una perpetua carenza di fondi e risorse, nel campo della sanità ma non solo, che affligge il sud Italia e che getta le sue basi in una riforma stravolta nelle sue intenzioni. Un debito pubblico gigantesco che interessa tutto il Paese ma che in sostanza viene pagato dalle regioni meridionali. Una ripartizione dei finanziamenti che segue modelli distanti anni luce dalla realtà. Dalla lente del regionalismo differenziato viene fuori un’immagine, impietosa ma veritiera, di un’Italia sempre più divisa e sbilanciata. Il settore sanità è, ancora una volta, la cartina al tornasole di questa criticità. Sanità Informazione ne ha parlato con il dottor Maurizio Cappiello, direttivo nazionale Anaao Assomed.
Che ripercussioni ha avuto, ad oggi, il regionalismo differenziato, soprattutto in termini di definanziamento alle regioni del Sud?
Vorrei cominciare citando quanto recentemente dichiarato dal presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, qualche mese fa: un Paese che ha un debito pubblico troppo alto perde la propria sovranità. E dichiarava, tra le altre cose, che quando il debito pubblico è troppo alto le risorse vanno reperite nel welfare e nei tagli alla sanità. Noi sappiamo che il residuo fiscale serve anche per pagare il debito pubblico e nel momento in cui questo non viene versato nelle casse dello Stato viene ripartito sull’80% delle Regioni restanti, impoverendo quindi le regioni meridionali che già soffrono di un definanziamento. Questo ha un impatto anche sulla sanità. Noi soffriamo già di un meccanismo di riparto dei fondi sanitari che penalizza fortemente le regioni meridionali perchè viene utilizzato un criterio di tipo anagrafico. Per cui le regioni le cui popolazioni hanno un’età anagrafica media più alta ricevono più finanziamenti rispetto alle Regioni meridionali che hanno un’età anagrafica media più bassa. Se pure è vero che la media dei figli è leggermente più alta al Sud rispetto al Nord è vero anche che abbiamo un’altissima incidenza di patologie oncologiche e croniche che oltre ad avere un forte impatto economico abbassano notevolmente l’età media della popolazione. Bisogna quindi agire su questi meccanismi, modificando il criterio di riparto anagrafico e utilizzando dei criteri di tipo epidemiologico, basati ciè sull’effettivo bisogno di salute.
Sono meccanismi che comportano un fenomeno ben preciso: la cosiddetta migrazione sanitaria.
Nel momento in cui non si riesce a soddisfare un bisogno di salute succede che si vanno a cercare risposte in altre regioni. Solo nel 2017 la Regione Campania, al netto delle pochissime entrate, ha avuto un saldo negativo di ben 302 milioni di euro. E’ stato fatto un calcolo da parte di alcuni tecnici ed è emerso che l’impatto sulla fiscalità generale è di circa 20 miliardi di euro. Bisogna pensare che si tratta di 900 milioni di euro in meno solo per la regione Campania. Sono cifre che ci danno l’ordine di grandezza in cui ci stiamo muovendo.
Qual è la posizione di Anaao su questo tema? Cosa si potrebbe fare per ridurre i danni?
Si parla spesso di fondi di perequazione e di solidarietà, ma ci tengo a precisare che in commissione bicamerale sull’economia c’è qualcuno che con un artificio ha pensato bene di dimezzare questi fondi di perequazione che andrebbero a sanare il definanziamento, e li ha ridotti al 49% rispetto a un fabbisogno del 100%. Io credo che le Regioni si vogliano fare Stato, e questo ha poco a che fare con il vero federalismo, in quanto l’autonomia fiscale va di pari passo con l’autonomia di tipo amministrativo, svincolando quindi le Regioni da ogni forma di controllo da parte dello Stato centrale. Inoltre i valori dell’autonomia a mio avviso vanno ad inficiare o addirittura a distruggere i valori della universalità e della solidarietà, e questo sicuramente non è un bene per il nostro Paese.