300 audizioni e 200 emendamenti proposti da sindaci, ordini dei medici e professioni sanitarie. Regione Lombardia ha disegnato la nuova sanità sul principio della cura della persona e di una organizzazione territoriale capillare. Critica l’opposizione che prepara per il 2022 una controriforma
La riforma della sanità lombarda è realtà. Le statistiche dicono che questa è la riforma dei record per il numero di ore di lavoro fatte dalla commissione sanità, per la partecipazione degli stakeholder con 300 audizioni, 4 convegni e migliaia di incontri e l’approvazione di oltre 200 tra emendamenti e ordini del giorno proposti dal territorio (sindaci, ordini dei medici e professioni sanitarie).
Sulla carta insomma questa riforma sembra soddisfare le necessità dei cittadini perché, come hanno dichiarato il presidente Attilio Fontana e la vice Letizia Moratti durante la conferenza stampa: «Parte dal principio di curare la persona e non la malattia, rafforza l’assistenza domiciliare e riconosce la casa come primo luogo di cura a cui si aggiunge una organizzazione territoriale capillare che prevede distretti, centrali operative, case di comunità e ambulatori per rispondere ai bisogni della gente nella fase della malattia, ma anche di decongestionare il Pronto Soccorso e di limitare le liste d’attesa». Eppure, sull’altro versante di piazza Lombardia, c’è chi sostiene che sia poco rispondente a quelle che sono le necessità dei cittadini. E l’opposizione sta già lavorando ad una controriforma pronta da sfoderare nel 2022.
«La Lombardia è la prima regione d’Italia a mettere in cantiere investimenti concreti sulla medicina territoriale e il PNRR è una grande occasione da non perdere – ha dichiarato il Presidente della Commissione Sanità Emanuele Monti, durante la conferenza stampa di presentazione -. Già la Riforma Maroni nel 2015 aveva avviato il sistema di cure al cittadino, ma non essendo arrivati i finanziamenti dal governo centrale non si era completato il percorso. Con l’arrivo dei fondi del Pnrr, invece, abbiamo lavorato incessantemente per dare ai lombardi l’occasione di essere i primi a beneficiarne».
Per Patrizia Baffi, consigliera regionale di Fratelli d’Italia con la nuova legge «verrà rafforzato il ruolo dei medici di medicina generale per sostenere l’integrazione tra medicina primaria e altri servizi con il finanziamento di infrastrutture e strumentazioni tecnologiche adeguate, mentre al medico di famiglia verrà riconosciuto un compenso ad esame, totalmente gratuito per il paziente».
Il potenziamento della Sanità territoriale e della medicina di base è anche il primo pensiero di Simona Tironi vicepresidente della Commissione Sanità e consigliera regionale in quota Forza Italia che al tempo stesso lancia un appello alla conferenza Stato Regioni affinché venga risolto il problema della carenza dei medici e degli infermieri. «Come Regione Lombardia abbiamo cercato di far fronte al problema autorizzando un incremento del massimale degli assistiti dei medici di base, abbiamo incrementato il numero delle borse di studio del prossimo triennio e chiesto che i medici di base, terminato il corso di specializzazione, possano accedere ai bandi per le zone disagiate e montane. Abbiamo fatto una richiesta al governo di incrementare gli accessi alla facoltà di medicina, per dare una continuità al territorio dal momento che molti medici di base devono andare in pensione. Con Aler abbiamo raggiunto un accordo affinché ai medici che scelgono di prestare servizio nelle zone disagiata, venga offerto uno spazio gratuito. Il governo ha garantito che il 30 percento del personale sarà di nuova assunzione ed entro il 31 marzo 2022 un numero importante di infermieri sarà messo a disposizione di tutte le regioni e quindi anche della Lombardia».
«Non sono definite le linee di comando che in Sanità sono invece fondamentali – lamenta Carmela Rozza consigliera regionale del Partito Democratico – tra ATS e ASST non sono chiare le competenze che risultano concorrenti e confuse in tema ad esempio di prevenzione. Non solo, non sappiamo quali saranno gli ospedali generalisti». Una idea di sanità che non piace anche quando il discorso scivola sulla questione pubblico privato. «La riforma non è chiara – prosegue Rozza -. Il privato serve, ma affinché il sistema funzioni deve esserci una forte componente pubblica. Elemento che manca in questa riforma dove per altro c’è concorrenza tra le diverse aziende sulle stesse competenze e questo la rende debole. Noi abbiamo fatto i nostri emendamenti in un documento di proposta che presenteremo ai cittadini come sanità alternativa nei primi mesi del 2022».
Anche il Movimento 5 stelle con il consigliere e segretario della commissione sanità Gregorio Mammì intende lavorare ad una controriforma: «Non possiamo arrenderci di fronte a chi sta mettendo a rischio il nostro sistema sanitario, quindi lavoriamo per correggere le storture previste dal centrodestra. L’obiettivo è tutelare il diritto alla salute attraverso la prevenzione, la programmazione sanitaria ed il controllo sulle prestazioni erogate. Un sistema sanitario che sappia garantire il diritto alle cure, che valorizzi le eccellenza e tuteli la sanità pubblica soprattutto nella sua componente territoriale. Con questa riforma salta anche l’idea di avere una sanità territoriale che si occupi senza interessi economici dei cittadini, infatti, nella nuova legge è previsto che il privato si possa occupare della medicina territoriale, che potrà gestire le case della comunità in raccordo con le farmacie. Domani una cooperativa di medici di base, che lavorerà per una casa di comunità gestita da privati erogatori e dalle farmacie, dovranno prescrivere esami e farmaci… Saranno spinti alla prevenzione? O saranno costretti a puntare sulla cura e sui farmaci?».
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