SANITA’ ECCELLENTE: Introdotto in Italia dal dottor Christian Cotsoglou, il rendering 3D permette di riprodurre l’organo malato, di farlo ruotare e di scoprire in fase pre e intra operatoria come intervenire al meglio
Una rivoluzione digitale con un rendering in 3D del tumore, partita dall’Ospedale di Vimercate, in provincia di Monza e Brianza, a due passi da Milano, potrebbe rivoluzionare il trattamento chirurgico dei tumori primitivi e delle metastasi nella fase pre e intra operatoria. Una novità che porta la firma di Christian Cotsoglou, medico chirurgo italiano, di origini greche, Direttore della Chirurgia di Vimercate della ASST Brianza che, senza clamore mediatico, da mesi sta mettendo alla prova questa tecnica con ottimi risultati per il trattamento pre e intra operatorio del tumore al fegato, del pancreas e delle vie biliari. «Si tratta di una nuova tecnologia – spiega a Sanità Informazione Christian Cotsoglou – un Modello Tridimensionale dello specifico tumore di quel determinato paziente, nel contesto del proprio organo bersaglio, che permette di cambiare totalmente la percezione della malattia da parte del chirurgo, ma anche dei pazienti e dei familiari».
Fino ad oggi la lesione presente negli organi pieni, chiamati anche “parenchimali” (fegato, polmone, milza, rene e pancreas) veniva analizzata in un confronto interdisciplinare tra radiologo e chirurgo. Al termine si informavano i pazienti ed i familiari, che il più delle volte (a causa della estrema complessità della procedura chirurgica) non comprendevano appieno la natura dell’intervento e la terminologia, e si procedeva con l’intervento. «Grazie a questa nuova tecnologia ampiamente utilizzata in Oriente da un paio di anni – puntualizza il chirurgo -, si utilizza un software che partendo dalle immagini bi-dimensionali della TAC o della Risonanza Magnetica, genera un rendering tridimensionale».
Grazie al supporto di un Team Multidisciplinare dedicato e messo a disposizione dalle differenti aziende produttrici del software, formato da un chirurgo, un radiologo e un ingegnere biomedico, si crea un modellino digitale ruotabile (od in alternativa un vero e proprio supporto di plastica) che può essere sezionato, analizzato ed esplorato. «In questo modo si avrà una visione del tumore corrispondente a quella reale, più simile a quella che è la visione del chirurgo – fa notare Cotsoglou -. Se con le metodiche tradizionali il chirurgo è in grado di elaborare ed interpretare il 95% della anatomia, con questa tecnologia anche il 5% che corrisponde alla zona “oscura” difficile da vedere, potrebbe essere “illuminata”».
Per dare il giusto valore ad una tecnologia rivoluzionaria che presenta molteplici vantaggi, è stato avviato uno studio multicentrico con diversi istituti di ricerca di Milano specializzati in Chirurgia HPB (San Raffaele, Niguarda), e poi di Monza, Modena, Firenze, Verona, Bari, Roma e di Napoli, oltre che 2 Centri di Riferimento esteri di Parigi e Tours. «A chirurghi esperti abbiamo mostrato dieci casi di Chirurgia Epatica di Alta Complessità basandoci sulla TAC tradizionale – racconta Cotsoglou – e chiesto loro di rispondere a domande specifiche su ogni singolo paziente. Quindi abbiamo proposto il rendering 3D dei medesimi casi clinici, con il quale hanno potuto vedere la differenza di azione rispetto a quanto ipotizzato senza il supporto della nuova tecnologia».
Oltre alla fase preoperatoria il rendering presenta un vantaggio anche durante l’intervento. «Non è un’alternativa a TAC e risonanza magnetica, bensì un elemento aggiuntivo che incrementa sensibilità e specificità della interpretazione chirurgica del problema, una sorta di visione “dinamica” della anatomia statica», tiene a precisare lo specialista. «Mentre si opera, infatti, è possibile ruotare il modello tridimensionale dell’organo e capire meglio dove intervenire. I primi a credere in questa tecnologia sono stati gli asiatici ed i Colleghi di Verona della scuola chirurgica del Prof. Guglielmi – aggiunge il chirurgo – che hanno dimostrato come il rendering fornisca al chirurgo una percezione delle variazioni anatomiche superiore del 30% rispetto ad una TAC o risonanza magnetica. Questo significa che in sala operatoria non ci sono più sorprese, ma si può preparare ogni intervento nel dettaglio per avere una situazione di massima sicurezza».
Anche il paziente ha un vantaggio dal rendering 3D. «Finalmente è possibile mostrare il modello in stampa tridimensionale dell’organo malato, indicare il punto preciso in cui si trova il tumore e la reale complessità dell’intervento – puntualizza Cotsoglou -. Questo permetterà ai pazienti di essere pienamente consapevoli di quanto dovranno affrontare e prepararsi al meglio alle cure».
Se l’intelligenza artificiale con il rendering 3D ha dato una spinta eccezionale per la preparazione e l’esecuzione di un intervento di chirurgia oncologica, è altrettanto vero che senza l’uomo, la tecnologia poco farebbe. Per questa ragione è essenziale la formazione dei medici chirurghi che a Vimercate hanno l’opportunità di sperimentare il rendering 3D. «Con una visione diretta tridimensionale, più simile alla realtà, si impara meglio – conclude il chirurgo -. E come centro di formazione abbiamo optato per un tirocinio innovativo in grado di far comprendere alle nuove generazioni e agli specialisti come intervenire su un tumore del tratto epatobiliopancreatico anche con l’ausilio del rendering 3D».
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