Ricerca elaborata da Crea: ancora non alternativo a ospedale e non abbastanza innovativo
Case della Salute, un modello incompiuto: non ancora alternativo all’ospedale e non abbastanza innovativo nell’offerta di servizi. Scarsa è, infatti, l’apertura dei servizi offerti durante i prefestivi, quasi assenza negli orari serali, così come sono rare le strutture che garantiscono un’apertura h24. Inoltre, pur registrandosi una diffusa presenza di ambulatori infermieristici e di medicina generale, in diverse strutture gli orari di apertura sono limitati e spesso lo è anche il personale presente. Mentre il principio basilare dell’integrazione tra sociale e sanitario, sembra ancora lungi dall’essere realizzato. È in estrema sintesi il quadro che emerge dalla ricerca “Case della Salute e Presidi territoriali di assistenza, lo stato dell’arte” condotta da Crea Sanità, il Centro per la ricerca economica applicata in Sanità, per conto della Funzione Pubblica Cgil, presentata oggi dal sindacato.
In un momento di discussione, dettata dall’emergenza Coronavirus, di riorganizzazione dei servizi socio-sanitari e di centralità del territorio, la Fp Cgil presenta un’indagine condotta su 121 Case della salute localizzate in 10 diverse regioni, che per ragioni di significatività dei dati sono state accorpate in 8 raggruppamenti, unendo Abruzzo e Molise e Basilicata e Calabria, raccogliendo informazioni su: professionalità, tipologia di servizi offerti, caratteristiche dell’utenza, costi e tempi di attesa, criticità, prospettive e aree di miglioramento dei servizi.
L’indagine approfondisce così diversi indicatori organizzativi delle “Case della Salute”, ovvero orari di apertura, presenza di discipline specialistiche, ambulatori infermieristici, presenza dei Medici di Medicina Generale, servizi diagnostici, presenza di cure intermedie, Rsa e Hospice e altri specifici indicatori. Emerge così che, rileva la ricerca, «se anche in alcune realtà regionali si assiste ad uno sviluppo sul lato dei servizi garantiti sul territorio, non sembra però si stia sviluppando un modello di offerta davvero innovativo e alternativo all’ospedale: le logiche prevalenti sembrano rimanere quelle classiche, orientate a logiche di programmazione dell’offerta, e meno attente all’individuazione dei bisogni emergenti sul lato della domanda».
OFFERTA E ORARI
Fatta eccezione per l’area Abruzzo/Molise, nella quale il bacino di utenza è mediamente inferiore alle 10 mila unità, e del Lazio, che presenta al contrario una quota del 64% di strutture con bacino di utenza che supera le 50 mila unità, in tutti gli altri contesti le Case della Salute si distribuiscono in maniera abbastanza equilibrata su bacini di utenza compresi tra le 10 e le 50 mila unità. Gli accessi degli utenti, relativi al 2018, alle strutture analizzate ricalcano effettivamente la distribuzione per bacino di utenza, con un valore più basso (sotto le 5 mila unità) in Abruzzo/Molise, e più alto (oltre le 50 mila) nel 42% delle strutture del Lazio. Anche il Veneto, nell’80% dei casi, vede una media di accessi annui sotto le 5 mila unità. Nelle altre Regioni gli accessi annui tendono a equi-ripartirsi nelle fasce intermedie, ovvero quelle tra le 5 mila e le 50 mila unità.
Un elemento chiave, data la finalità e il ruolo che le Case della Salute debbono svolgere sul territorio, è rappresentato dagli orari di apertura al pubblico. L’indagine ha permesso di apprezzare come risulti una prevalenza di strutture che hanno adottato la formula dell’orario continuato, con un numero di ore di apertura giornaliere più frequentemente comprese tra le 6 e le 14 ore. Solo nelle Marche prevale la formula dell’h24, che invece rimane residuale nelle altre Regioni considerate. Si segnala anche che in Puglia le strutture sono per lo più aperte con la formula dell’orario spezzato. La maggior parte delle strutture (il 41%) è aperta 6 giorni a settimana. Circa il 36% è aperta 5 giorni a settimana: solo il 22% delle strutture rimane aperta 7/7 giorni. Questa formula è percentualmente più adottata in Veneto e nell’area Basilicata/Calabria. Il 62,8% delle strutture è aperto di sabato: l’apertura pre-festiva è più presente nelle Marche (al 100%), nel Lazio (71,4%) e in Basilicata/Calabria (75%). Sono aperte anche la domenica il 40% delle Case della Salute in Veneto, l’83,3% nelle Marche, il 75% in Basilicata/Calabria; sono invece una minoranza in Emilia Romagna, Toscana e Lazio.
Nella maggioranza dei casi (86%) sono presenti all’interno della struttura gli studi dei Medici di Medicina Generale (Mmg), rimangono sotto o al livello del 50% le strutture del Veneto (40%) e della Basilicata/Calabria. Tipicamente risultano esserci tra 5 e 10 Mmg per struttura, solo nelle Marche è più frequente siano meno di 5 mentre nel Lazio sono quasi lo stesso numero quelle con 10 Mmg e oltre.
Per quanto riguarda gli ambulatori infermieristici, questi sono presenti nel 95% dei casi, con una incidenza leggermente inferiore in Veneto (80%) ed Abruzzo/Molise (86%). L’apertura degli ambulatori infermieristici è molto variabile regionalmente: nel complesso sono aperti per oltre 50 ore settimanali nel 16,5% dei casi, per 25-48 ore settimanali nel 32,1%, per 13-24 ore settimanali nel 29,4%, e fino a 12 ore settimanali nel 22,0% dei casi. Il 40% delle strutture ha un organico di infermieri superiore alle 15 unità, ma un terzo si ferma a 3-4.
In relazione ai servizi specialistici, dalla rilevazione risulta che la figura del cardiologo è presente nel 77% dei casi, il dermatologo è presente nel 66,1% dei casi, il diabetologo/endocrinologo nel 50,4%, l’oculista nel 69,4%, l’ostetrico nel 38,8%, lo pneumologo nel 43,8%. In generale si osserva un gradiente crescente (maggior presenza di servizi specialistici) scendendo verso meridione.
Poche sono le strutture che costituiscono una vera alternativa all’accesso in ospedale, peraltro con orari di apertura degli ambulatori e dei servizi specialistici durante la settimana appaiono in molti casi insufficienti. Allo stesso modo, la correlazione tra la presenza dei Medici di medicina generale e di Pediatria di libera scelta e i rispettivi orari di presenza in relazione ai bacini di utenza, lascia intendere una scarsa capacità di presa in carico dei bisogni di salute. Infine, è ancora molto poco presente all’interno delle Case della Salute una vera integrazione tra sociale e sanitario, affatto visibile nei servizi descritti.
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