Registrato un +115% sui nuovi casi e un’inversione di tendenza sul fronte ospedaliero, ma calano ancora i decessi
Il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe rileva nella settimana 14-20 luglio 2021, rispetto alla precedente, un incremento del 115,7% di nuovi casi (19.390 vs 8.989), mentre si confermano ancora in calo i decessi (76 vs 104). Dopo oltre tre mesi di decremento, si registra invece un’inversione di tendenza dei casi attualmente positivi (49.310 vs 40.649), delle persone in isolamento domiciliare (47.951 vs 39.364), dei ricoveri con sintomi (1.194 vs 1.128) e delle terapie intensive (165 vs 157).
In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
«Sul fronte dei nuovi casi – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe – si registra un netto incremento settimanale, verosimilmente sottostimato da un’attività di testing insufficiente e dalla mancata ripresa del tracciamento dei contatti, reso ora più difficile dall’aumento dei positivi». Nella settimana 14-20 luglio in tutte le Regioni si rileva un incremento percentuale dei nuovi casi rispetto alla precedente e sono ben 51 le Province in cui negli ultimi 14 giorni si rileva un incremento settimanale dei nuovi casi superiore al 20% e che negli ultimi sette giorni registrano un valore assoluto di almeno 50 nuovi casi. Continuano a scendere i decessi, 76 nell’ultima settimana, con una media di 11 al giorno rispetto ai 15 della settimana precedente.
«Dopo 14 settimane di riduzione degli indicatori ospedalieri – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione Gimbe – si registra un’inversione di tendenza con lieve incremento dei ricoveri in area medica e in terapia intensiva, dove l’occupazione di posti letto da parte dei pazienti Covid rimane per ora molto bassa, intorno al 2%». Tutte le Regioni registrano valori inferiori al 10% per l’area medica e al 5% per le terapie intensive: sette le Regioni che non contano pazienti Covid in area critica.
Al 21 luglio sono state consegnate 66.462.630 dosi: dopo il picco di consegne della settimana 28 giugno-4 luglio (5.669.727 dosi), nelle due settimane successive le forniture settimanali si sono attestate intorno a 2,6 milioni di dosi. Anche senza il mancato aggiornamento delle consegne previste è realistico prevedere che nel terzo trimestre arriveranno solo vaccini a mRNA, visto l’imminente tramonto di quelli a vettore adenovirale e il mancato superamento dei test clinici da parte di CureVac.
Al 21 luglio il 62,1% della popolazione (n. 36.767.656) ha ricevuto almeno una dose di vaccino (+724.981 rispetto alla settimana precedente) e il 47,4% (n. 28.072.581) ha completato il ciclo vaccinale (+3.270.882 rispetto alla settimana precedente). Stabile nell’ultima settimana anche il numero di somministrazioni (n. 3.857.622), con una media mobile a 7 giorni di 549.282 inoculazioni/die.
«Il numero di somministrazioni giornaliere – precisa Cartabellotta – stabile ormai da settimane non decolla nonostante il potenziale organizzativo, per il mancato utilizzo dei vaccini a vettore adenovirale e la limitata disponibilità di quelli a mRNA». In particolare, AstraZeneca non viene più somministrato per le prime dosi, come dimostra il fatto che nell’ultima settimana il 99,3% delle somministrazioni sono stati richiami; le somministrazioni di Johnson&Johnson sono ormai sporadiche (nell’ultima settimana in media 3 mila al giorno); infine, non disponiamo di un numero di dosi di vaccini a mRNA sufficiente ad ampliare la platea dei vaccinandi.
L’88% ha ricevuto almeno una dose di vaccino, con un incremento settimanale irrisorio a livello nazionale (+0,4%) e nette differenze regionali: mentre Puglia, Umbria, Lazio, Lombardia e Toscana hanno superato il 90%, la Sicilia rimane ferma al 79%. In dettaglio:
A fronte della diffusione di questa variante che si avvia a diventare prevalente, continuano a preoccupare i quasi 4 milioni di over 60 a rischio di malattia grave non coperti dalla doppia dose di vaccino. In dettaglio: 2,15 milioni (12%) non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose con rilevanti differenze regionali (dal 21% della Sicilia al 6,9% della Puglia) (figura 15) e 1,79 milioni (10%) sono in attesa di completare il ciclo con la seconda dose. «L’incremento delle coperture rispetto alla scorsa settimana – puntualizza Gili – è quasi esclusivamente legato al completamento di cicli vaccinali: in altri termini, continua a stagnare il numero di over 60 che ricevono la prima dose, segno di una persistente esitazione vaccinale in questa fascia di età». Peraltro, il trend di somministrazione delle prime dosi per fasce di età conferma l’appiattimento delle curve degli over 80 e delle fasce 70-79 e 60-69 e una flessione per tutte le altre classi d’età (figura 16), con notevoli differenze di copertura tra le varie classi anagrafiche.
Se da un lato è ragionevolmente certo che, rispetto alle ondate precedenti, l’aumentata circolazione del virus avrà un minore impatto sugli ospedali grazie alla copertura vaccinale di over 60 e fragili, dall’altro affidare un peso eccessivo (o addirittura esclusivo) agli indicatori ospedalieri per “colorare” le Regioni concretizza un “rischio non calcolato” per tre ragioni.
«Se Governo e Regioni intendono abbandonare il parametro dei contagi – conclude Cartabellotta – servono soglie molto basse per gli indicatori ospedalieri: non oltre il 5% di occupazione da parte di pazienti Covid-19 per le terapie intensive e il 10% per i ricoveri in area medica per rimanere in zona bianca. Se invece l’intenzione è quella di innalzare tali soglie, oltre ad accettare i rischi sopra descritti, bisogna mantenere tra i parametri di monitoraggio il numero dei casi per 100.000 abitanti, aumentando l’incidenza settimanale sopra i 50 casi per conservare la zona bianca e definendo un numero standard di tamponi per 100.000 abitanti per evitare comportamenti opportunistici».
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