Continua la flessione dei numeri, che secondo gli esperti Gimbe procede molto lentamente. Ancora troppo alti i decessi. Gili: «Flessione un effetto delle misure di contenimento o dipende dall’elevato tasso di mortalità dei pazienti ospedalizzati?»
Nuova flessione dei casi positivi nella settimana 9-15 dicembre, secondo il monitoraggio indipendente della Fondazione Gimbe. Si arriva a 113.182 contro i 136.493 della scorsa settimana, a fronte di una riduzione di oltre 88 mila casi testati e di un rapporto positivi/casi testati stabile (24,5% vs 24,8%).
Calano del 9,5% i casi attualmente positivi, che arrivano a 667.303 e, sul fronte degli ospedali, diminuiscono i ricoveri con sintomi che arrivano a 27.342, mentre prima erano 30.081 e terapie intensive, a quota 3.003. In lieve riduzione anche i decessi (4.617 vs 4.879). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni:
Il bacino degli attualmente positivi si svuota molto lentamente e in sei regioni si registra addirittura un incremento rispetto alla settimana precedente. In particolare, dopo il picco del 22 novembre (n. 805.947), i casi attualmente positivi sono diminuiti in 24 giorni del 20,8%, con una riduzione media giornaliera dello 0,9%: tuttavia con oltre 667 mila casi attualmente positivi risulta al momento impossibile riprendere qualsiasi attività di tracciamento.
«Sicuramente le misure restrittive introdotte dal Dpcm 3 novembre 2020 hanno frenato la diffusione del contagio – afferma il presidente Gimbe, Nino Cartabellotta – ma la lenta e irregolare discesa della curva, unita ad un rapporto positivi/casi testati stabile da tre settimane, suggeriscono che le misure di mitigazione abbiano ormai dato il massimo risultato e ora, con le progressive riaperture, verosimilmente la curva prima rallenterà la sua discesa per poi tornare inesorabilmente a salire».
«Anche sul fronte ospedali – spiega Renata Gili, Responsabile Ricerca sui Servizi sanitari della Fondazione Gimbe – l’entità del rallentamento non lascia spazio a grandi entusiasmi». Il picco della seconda ondata per i ricoverati con sintomi è stato raggiunto il 23 novembre (n. 34.697) e in 22 giorni si è ridotto del 26,9%, quello delle terapie intensive il 25 novembre (3.848) e in 20 giorni si è ridotto del 28,1%. «Peraltro non è possibile definire – prosegue Gili – quanto la ridotta pressione su ricoveri e terapie intensive sia un effetto delle misure di contenimento e quanto dipenda invece dall’elevato tasso di mortalità dei pazienti ospedalizzati». In ogni caso, la soglia di occupazione da parte di pazienti Covid supera il 40% nei reparti di area medica in 10 Regioni e oltre il 30% nelle terapie intensive in 14 Regioni.
«In questo scenario – conclude Cartabellotta – la serrata di Natale è l’unica possibilità per non affacciarsi al nuovo anno con ospedali ancora saturi e servizi sanitari che rischiano di andare in tilt per la coincidenza tra riapertura delle scuole, picco dell’influenza e avvio della campagna di vaccinazione anti-Covid. Non è più il tempo di giocare con i colori disorientando la popolazione, ormai stremata psicologicamente ed economicamente dal continuo e imprevedibile tira e molla sino all’ultimo minuto: Governo e Regioni non possono limitarsi a temere la terza ondata, devono arginarla».
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