L’associazione Pre.sio.sa. ha presentato un position paper con le richieste dei pazienti che si impegnano a promuovere percorsi di qualità omogenei sul territorio. Sulle reti oncologiche al top Piemonte e Toscana, in coda Molise e Basilicata. E sull’Italia a macchia di leopardo in sanità, Mantoan (Agenas) spiega: «Serve una più forte attività di coordinamento da parte del Ministero della Salute»
Sull’avanzamento delle reti oncologiche le Regioni continuano a marciare a ritmi differenti, con l’inevitabile cartina dell’Italia a macchia di leopardo che questa volta però non sempre vede primeggiare le regioni del nord: Piemonte e Toscana sono ai vertici, seguono Valle d’Aosta, Veneto, Emilia-Romagna, Liguria, Campania, Calabria, Umbria, Sardegna, Bolzano, Marche, Lazio, Lombardia. Mentre in coda ci sono Puglia, Abruzzo, Trento, Sicilia, Friuli Venezia-Giulia, Basilicata e Molise.
I dati sono stati resi noti dal Direttore Generale di AGENAS Domenico Mantoan, nel corso dell’evento nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, in Senato, dal titolo “Formazione dei pazienti con i pazienti. Verso l’inclusione sanitaria”. nel corso del quale è stato presentato un position paper per l’inclusione dei pazienti esperti nella definizione dei PDTA e delle reti oncologiche regionali promosso dall’associazione Pre.zio.sa onlus.
«Il problema di salute non è solo della persona ma della rete assistenziale – ha spiegato il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro -. Oggi la prognosi è più positiva, si può convivere molti anni con il tumore. C’è dunque un tema non solo strettamente clinico. La partecipazione delle persone con la loro esperienza è essenziale, ma devono essere portatori di paradigmi e in grado di declinare le richieste come esigenze di categorie. Stiamo già lavorando sui pazienti esperti, siamo partiti dal diabete. Questi pazienti possono avere quelle competenze in grado di valorizzare al massimo i tavoli decisori».
«Siamo particolarmente orgogliose perché il progetto rientra pienamente nella mission di Pre.zio.sa, ovvero promuovere la cultura della formazione per creare quella giusta attenzione alla tutela della salute attraverso il coinvolgimento di tutti i portatori di interesse della sanità. Per parte nostra siamo grate a tutti coloro che hanno creduto fin dal principio, che lo hanno testimoniato con la loro presenza e coloro che hanno partecipato con il loro contributo nei sette tavoli regionali. Un ringraziamento particolare al dott. Amunni per il coordinamento e il prezioso lavoro di sintesi» sottolinea Maria Peano, presidente dell’associazione Pre.zio.sa.
«In Italia l’accesso all’innovazione è garantito e il livello dei professionisti è alto. La differenza la fa il modello organizzativo, come ha dimostrato il Covid». È come sempre schietto Domenico Mantoan, direttore di Agenas, che nel corso dell’evento ha anche annunciato a breve il varo della piattaforma di telemedicina che potrà contribuire a valutare i modelli oncologici nelle regioni.
Sulle differenze nell’assistenza sanitaria che si continuano a registrare tra Regioni, Mantoan chiede un coordinamento più forte da parte del Ministero della Salute: «Tornare indietro non è possibile, l’organizzazione della sanità deve rimanere alle regioni e il ministero della Salute con i suoi organi, con le sue agenzie deve monitorare, controllare e fare più provvedimenti normativi che sono necessari affinchè il sistema sanitario rimanga sempre più moderno. Ad esempio, il tetto di spesa al personale fermo al 2004, deciso in anni in cui si doveva contenere la spesa sanitaria, ha fatto danni. Il ministero e le sue agenzie devono monitorare i sistemi sanitari, i LEA, quali sono i sistemi sanitari che erogano i LEA e aiutare quelli che non lo fanno con interventi normativi».
Sulla carenza di professionisti, il Direttore generale di Agenas spiega a Sanità Informazione che se il problema dei medici, grazie all’aumento delle borse di formazione, sarà superato nei prossimi anni, diverso è il caso degli infermieri: «Gli italiani non vogliono fare gli infermieri, anche se portassimo la capacità formativa a 25mila posti non li troviamo e quindi bisogna pensare a qualcos’altro perché un Sistema sanitario senza infermieri non funziona. La vera emergenza non ancora risolta è quella degli infermieri».
Nel corso della manifestazione è intervenuto anche l’assessore regionale alla Sanità dell’Emilia Romagna Raffaele Donini, coordinatore della commissione Salute della conferenza delle Regioni. «Abbiamo appena realizzato in Emilia Romagna una rete oncologica regionale con importanti elementi di innovazione che si fonda sul contributo dei professionisti ma anche delle associazioni. L’innovazione più importante riguarda il territorio: renderemo possibile la chemioterapia nelle Case di Comunità attraverso una dotazione alle strutture territoriali. Stiamo lavorando anche per incrementare gli screening oncologici e tornare ai livelli pre-pandemici».
A tenere banco nel corso dell’incontro è stato il position paper redatto dall’associazione Pre.zio.sa. onlus in collaborazione con i responsabili delle reti oncologiche di sette regioni (Piemonte, Liguria, Toscana, Veneto, Campania, Puglia, Sicilia). Un vero e proprio manifesto nel quale i pazienti chiedono un ruolo attivo, di essere considerati “attori paritari nella trasformazione in atto dell’oncologia e centrali nella valorizzazione del vissuto di malattia come indicatore dell’efficienza e dell’efficacia dei percorsi di presa in carico”.
I pazienti si impegnano a promuovere e diffondere dei modelli a rete in oncologia e a supportare tutte quelle azioni che hanno come obiettivi la prossimità, l’equità, l’omogeneità dell’offerta, il governo del diritto all’innovazione, la sostenibilità di un SSN pubblico e universale.
«La presentazione di questo position paper avviene in pieno contesto istituzionale, all’insegna di una vera patient advocacy condivisa. Si tratta di un decalogo realizzato grazie ad un dialogo allargato con le reti oncologiche regionali, le istituzioni territoriali e le associazioni pazienti di 7 regioni (Piemonte, Liguria, Veneto, Toscana, Campania, Puglia, Sicilia). Un documento che ha trovato il pieno consenso di tutti i players sanitari, strumento prezioso per aiutare a definire un modello organizzativo integrato, sostenuto da una governance sempre più orientata alla partnership con i pazienti formati e consapevoli. Il nostro orgoglio è soprattutto quello di aver fornito un importante tassello di cambio di paradigma culturale, per realizzare insieme una sanità a fianco del paziente oncologico (e non solo). Il fare rete per promuovere la formazione dei pazienti con i pazienti, secondo una nuova vision sanitaria» spiega Laura Patrucco, Paziente Esperto EUPATI, Patient Advocate.
I pazienti e le associazioni si impegnano a promuovere percorsi di qualità omogenei sul territorio e ne favoriscono per quanto di loro competenza la diffusione e l’applicazione nelle strutture adeguate che rispondono a criteri di adeguatezza e competenza. Riconoscono, inoltre, il valore di una nuova organizzazione oncologica basata su una più forte integrazione tra ospedale e territorio e sulla opportunità di delocalizzare in maniera sicura e appropriata alcuni momenti della presa in carico e chiedono di strutturare all’interno delle reti oncologiche i Molecular Tumor Boards (MTB) per garantire un’appropriata e tempestiva trasferibilità nella pratica clinica delle potenzialità offerte dalle nuove tecnologie di profilazione genetica.
I pazienti rivendicano, in sostanza, un ruolo centrale nel cambiamento in essere nell’organizzazione oncologica e si rendono disponibili a percorsi di formazione finalizzati a migliorare il loro ruolo di interlocutori attivi nella programmazione di percorsi oncologici.
«Dobbiamo creare un’impalcatura solida che garantisca alla persona una presa in carico precoce e onnicomprensiva – spiega la senatrice Sandra Zampa, Pd, promotrice dell’evento -. Sono fondamentali le reti e la connessione tra PDTA. Le Reti oncologiche sono essenziali per una migliore programmazione e fare fronte alla complessità delle regioni. Per questo le associazioni dei malati devono essere incluse a pieno titolo nella definizione delle reti, non esiste percorso di cura senza partecipazione dei pazienti e dei loro familiari».
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