Come si contiene il rischio contagio a scuola? Sanità Informazione lo ha chiesto al Sottosegretario all’Istruzione, Barbara Floridia: «Ritengo che i test salivari molecolari, essendo meno invasivi rispetto ai tamponi nasali, possano essere più adatti al mondo dei più piccoli, anche in vista di una somministrazione frequente».
Così per i bambini dai 3 ai 10 anni si eviterebbe un tampone invasivo ogni 5 giorni (o a campione). Non è da sottovalutare l’impatto psicologico di tamponi nasofaringei eseguiti da personale sanitario bardato in tuta “lunare”, cosa che potrebbe influenzare la percezione della gravità del prelievo: «Sono assolutamente d’accordo che l’invasività del tampone nel naso sia problematica per i bambini – ci spiega Stefania Salmaso, della Società Italiana di Epidemiologia e membro autonomo del CTS AIFA sulla sorveglianza vaccini post-marketing -. Tra l’altro, l’esecuzione del tampone richiede personale specializzato che invece è assolutamente evitabile con la saliva. Dopo un anno di pandemia è ora di sperimentare soluzioni alternative per tenere sotto controllo le infezioni in comunità come la scuola».
Ma nella pratica come funziona un tampone salivare? «La saliva si raccoglie da soli, a casa, tramite una provetta – ci racconta Mario Plebani, Direttore del laboratorio di analisi dell’Azienda Ospedale/Università di Padova – meglio se prima di far colazione, e poi si consegna in punti di raccolta: scuole, farmacia, ecc». Successivamente, i dipendenti dei laboratori o altri soggetti (come compagnie di trasporti), li prendono in loco e in 6-8 ore si hanno le risposte. In moltissimi laboratori è già presente la strumentazione idonea a queste analisi, sono macchinari estremamente comuni. A Padova, questa strategia è già stata usata su un campione di 7mila persone per 3 mesi, da ottobre a dicembre – ci conferma Plebani – i test salivari-molecolari hanno la stessa accuratezza diagnostica dei tamponi molecolari nasofaringei», con il vantaggio che «sono facili da fare, soprattutto ai bambini». Va anche detto che la strumentazione adatta a questo tipo di analisi «è già diffusa in molti laboratori». Questa soluzione permette un monitoraggio efficace: «L’abbiamo sperimentata a Padova sul personale circoscritto dell’università, dall’8 ottobre al 24 dicembre, abbiamo contenuto i possibili focolai e fatto partire immediatamente il contact tracing».
Non solo: «Ci sono diversi esempi in cui l’uso della saliva per monitorare le infezioni ha dato ottimi risultati – ci ricorda Stefania Salmaso -, uno di questi è il campus dell’Università dell’Illinois che ospita tra le 10mila e le 50mila persone. Fin dalla scorsa estate l’incidenza di infezioni è stata sorvegliata da test su saliva fatti due volte a settimana su ogni persona del campus. I risultati venivano inviati su una app, il cui uso è obbligatorio per accedere agli spazi comuni del campus, come la biblioteca e la caffetteria. Il livello delle infezioni è stato basso e circoscritto». Inoltre, «diverse simulazioni hanno dimostrato che non è necessario testare tutte le volte gli stessi alunni di una classe per avere dati attendibili, ma possono essere campionati a rotazione, anche metà o un quarto degli allievi. Vanno studiati diversi aspetti per valutare l’efficienza del sistema».
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