Test e tamponi costanti, vaccino per l’influenza obbligatorio, un professionista in loco e grembiuli. Il presidente Simpe Giuseppe Mele suggerisce come riaprire le scuole con meno rischi per i più giovani
Il 14 settembre si avvicina e le scuole italiane stanno iniziando a preparasi alla riapertura. La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha assicurato che ragazzi e bambini torneranno sui banchi – rigorosamente monoposto – per quella data. Ma sono ancora in corso gli incontri tra gli esperti sui dettagli dello standard di sicurezza.
Oggi dovrebbe essere reso noto il protocollo del Comitato tecnico-scientifico che dovrà essere seguito nel caso in cui uno studente risultasse positivo al Covid. E l’aumento del numero dei contagi, soprattutto tra giovani e giovanissimi partiti per le vacanze, fa ipotizzare una riapertura scaglionata delle scuole, in base alla situazione epidemiologica delle singole Regioni, che dovrebbe essere discussa dagli esperti a fine mese.
Anche il ministro della Salute Roberto Speranza ha chiesto a tutti rispetto delle norme e collaborazione, in quanto «la priorità è riaprire le scuole» e un aumento dei numeri potrebbe, appunto, metterla in pericolo. Al presidente di Simpe (Società italiana medici pediatri), Giuseppe Mele, abbiamo chiesto le prerogative per tenere i ragazzi al sicuro.
Per essere pronti a tornare sui banchi al momento si prefigura un’attività di screening sierologico sul personale scolastico e un controllo random sui ragazzi. Per il presidente Mele tamponi e test saranno centrali nella configurazione della scuola post-Covid. Il plesso scolastico andrà mantenuto «costantemente mappato». Un’attività di «screening continuo» che potrà essere permessa solo dalla presenza di un professionista sanitario in loco.
«La nostra proposta – spiega -, espressa anche in occasione di un incontro con il Ministro, è quella di prevedere il pediatra comunitario a scuola. Quindi non agire più in un’ottica di pediatria di famiglia in cui si mettono al centro il bambino e la famiglia con i suoi interessi, ma in un’ottica che mette al centro la comunità. Quindi la figura di un medico pediatra, specialista o specializzando ma anche un pediatra in pensione, che presta la propria opera per la collettività». Una proposta a cui il governo ha mostrato di essere sensibile e attento: «C’è grande apertura», racconta Mele.
Sui ragazzi l’attività di misurazione della febbre, già fatta in casa dai genitori, andrà ripetuta anche prima di entrare per mantenere sempre funzionante, grazie anche a un professionista, «l’azione di contenimento e profilassi». Attività che passa tramite i controlli costanti – «fare tamponi una volta ogni 15 giorni» – e la disponibilità abbondante di dispositivi di protezione.
Nelle strutture scolastiche, oltre ai banchi monoposto, si cercano ora spazi convenienti per permettere agli studenti di rispettare il distanziamento sociale. Ma anche così facendo «sarà molto difficile, perché il bimbo ha più facilità a socializzare e ad avvicinarsi – chiarifica Mele – e questo bisogna tenerlo in considerazione. Dunque sarà opportuno agire non solo sulla disposizione delle scuole stesse, ovvero sulle persone che devono essere in aula, ma adottare anche dei criteri di prevenzione nell’abbigliamento dei bambini. Il grembiule, per esempio, è un elemento molto importante, in quanto lavabile insieme alla mascherina e può bloccare la diffusione».
Per ridurre, poi, i falsi allarmi il presidente Simpe prefigura il vaccino anti-influenzale obbligatorio. «Sarebbe opportuno l’obbligo per tutto il corpo docente di fare la vaccinazione anti-influenzale, nonché obbligo per tutti i bambini a settembre, appena ci saranno le dosi disponibili», fa presente.
Quando dovesse verificarsi un caso sospetto di positività a Covid-19 in uno studente, per ora la direzione sembra quella della quarantena obbligatoria per i compagni di classe e per l’insegnante per almeno 15 giorni. Una misura efficace secondo Mele. «Nel momento in cui c’è un bambino positivo, necessariamente ci devono essere degli accorgimenti per 15 giorni, a volte anche 21 giorni – spiega -. La quarantena è indispensabile per capire quanto avrà contagiato il bimbo tra i compagni. L’indice Rt si vede a distanza e non subito. Tenere in quarantena gli altri bimbi permetterà di contenere eventualmente il virus. Se nei 21 giorni nessuno ha contratto il virus, si può tornare tranquillamente in classe».
Per farlo, però, è essenziale che i focolai in Italia siano sotto controllo. Anche per questo il governo ha adottato nuove misure immediate che reintroducono le mascherine obbligatorie all’aperto dopo le 18 e ordinano la chiusura delle discoteche. «La chiusura ha una sua logica – per Mele -, in una discoteca il contatto è continuo e il ritmo stesso respiratorio aumenta, quindi è più facile contrarre il virus». Ora però i controlli vanno rafforzati più che mai. In ballo – è proprio il caso di dirlo – potrebbe esserci la scuola.
Riaprire le scuole subito con qualche rischio? «La risposta – insiste il presidente Mele – deve essere legata a quanto il virus sta circolando e questo è il problema serio. Si sa che il virus circola sette volte di più tra i bambini piccoli, anche se con manifestazioni cliniche assenti o paucisintomatiche».
«Le priorità – conclude – devono essere siero-diagnosi e tamponi obbligatori, nonché vaccinazione anti-influenzale per tutti. Con queste l’apertura potrebbe avere meno rischi. Per noi di Simpe il pediatra di comunità è fondamentale, che fa lo screening del plesso scolastico e che adotta in maniera rigorosa le misure precauzionali. Questo darebbe molte più garanzie e questo dovrebbe pretendere la gente».